
CIVIDALE. La reazione è immediata, inevitabile (amando il cinema, ma anche se gli vuoi soltanto bene): vedi quell’uomo, mister John Malkovich from Illinois, e ti si stampa in testa il Visconte Sébastien di Valmont de Le relazioni pericolose.
Donnaiolo seriale, un Casanova per capirci, di fascino irriverente. Che film, ragazzi. Anche a lui, John medesimo, andò di lusso, al tempo (fine degli Ottanta). Ne fece crollare una importante, di femmina, e pure lontano dal set: Michelle Pfeiffer.
Ma questo è gossip ormai rattrappito. Quello che invece ora ci importa è la versione contemporanea dell’attore che debuttò in teatro al fianco di Dustin Hoffman: il Malkovich versione live, che seicento spettatori vedranno dritto negli occhi dalle loro poltroncine di piazza Duomo, nell’evento degli eventi Mittelfest: Report on The Blind, venerdì 21, alle 22.
E subito, sempre quell’uomo, ci spiazza. «La nostra vita? È l’incubo di Dio, quando si addormenta, come spesso gli succede. Ma questa è solo un’ipotesi. La prima è che Dio non esista, la seconda che sia un vero bastardo».
Dress code piuttosto casual, con dominazione jeansereccia, uno degli dei pagani della piattaforma hollywoodiana, è atterrato ieri a Bologna e in una saletta dell’aeroporto si è fatto subito ascoltare.
Non casuale la scelta dell’atterraggio: due serate italiane lo vedranno microfonato in scena prima della nostra: una in zona, all’Emilia Romagna Festival, l’altra a Lubiana.
Ovvio che la decisione di scendere tra gli umani e calpestare ruvide tavole è curiosa. La performance è teatral-musicale, maneggia un testo dello scrittore argentino Ernesto Sabato e s’intuisce l’impasto: dittatura, desaparecidos, brutte storie.
«Io non sono un musicista - spiega - e questo lavoro me lo sono curato quasi nota per nota. Il problema è il tempo delle parole, farlo combaciare con l’armonia.
In realtà, già acquistai i diritti del testo per farne un film, poi l’affare non si concluse ed è sempre stata forte la tentazione di aprire il cassetto con questo progetto dentro.
L’attimo fuggente si presentò e, stavolta, non mi sfuggì. Aggiungo: ciò che ascolterete è il risultato di una difficoltosa distillazione: da duecento pagine a quattro».
Report on the Blind è il terzo capitolo del capolavoro di Sabato Sopra eroi e tombe, il cuore oscuro, la discesa nell’abisso.
Con compattezza agghiacciante, il Rapporto sui ciechi racconta l’ossessione di Fernando Vidal Olmos, uomo complesso e allucinato, il quale ritiene che i ciechi si stiano impadronendo del mondo attraverso una serie di complotti mediante gli incubi e le allucinazioni, le pesti e le streghe, gli indovini e gli uccelli, le serpi e, in generale, tutti i mostri delle tenebre e delle caverne.
I ciechi addirittura avrebbero una loro gerarchia, delle proprie leggi e una loro specifica condizione biologica. Report on the Blind è la mappa dettagliata di questa strada per l’inferno.
Be’, siamo in Italia e John la conosce attraverso i lunghi piani sequenza di certi registi coi quali si unì. «Ho avuto esperienze memorabili con artisti del vostro Paese, come Bernardo Bertolucci per la lavorazione de Il tè nel deserto, e come Michelangelo Antonioni durante le riprese di Al di là delle nuvole, nelle nebbie ferraresi.
E con Liliana Cavani, con cui ho girato Il gioco di Ripley. Ma è soprattutto con Marcello Mastroianni che ho imparato cosa significhi amare questo lavoro: l’ho conosciuto sul set del film di Antonioni, era già sulla settantina, e malgrado la sua fama lo precedesse non era affatto viziato.
Ogni giorno dimostrava la sua passione per questo mestiere arrivando sul set con semplicità. Io allora ero piuttosto cinico, col tempo e con l’esperienza ho capito quanto è raro e importante fare il lavoro che ci piace».
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