C’è un manager originario di Udine, Gian Giuseppe Carpenedo, 47 anni, tra le 57 persone arrestate ieri su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Napoli nell’ambito di una maxi-operazione anticamorra contro numerosi esponenti e fiancheggiatori del clan “dei Casalesi”, gruppo Bidognetti e gruppo Schiavone. Al friulano la magistratura campana contesta ipotesi di falso, truffa e violazioni del testo unico bancario che sarebbero state commesse tra il 2006 e il 2008.
Una 58esima ordinanza è stata consegnata al deputato di Casal di Principe Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia e coordinatore campano del Pdl. Sul suo arresto dovrà decidere la Camera dei deputati. Il parlamentare, stando ai dettagli illustrati ieri in cofnerenza stampa e subito rimbalzati on-line, sarebbe accusato di aver fatto pressioni su funzionari di un’agenzia Unicredit di Roma affinché concedessero un imponente finanziamento a esponenti del clan dei Casalesi per la realizzazione di un centro commerciale denominato “Il Principe” in zona Madonna di Briano. E gli investigatori lo indicano anche come «sostenitore, attraverso attività illecite» del progetto da parte della società Vian srl, subentratata alla società Sirio, della quale avrebbero fatto parte alcuni presunti componenti del clan camorristico finiri in carcere ieri.
Gli inquirenti avrebbero accertato che il finanziamento venne concesso, ma poi in parte bloccato perché la documentazione presentata - in primis una fideiussione - era falsa. Il parlamentare del Pdl avrebbe, inoltre, anche imposto al dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di concedere la costruzione del centro in violazione di tutte le norme urbanistiche. Inoltre sarebbero accertati episodi di voto di scambio relativi alle elezioni amministrative 2007 e 2010.
«Si tratta di un’osmosi - scrive il Gip Egle Pilla nell’ordinanza di custodia cautelare - che genera effetti patologici nei settori più rilevanti della vita sociale e politica della provincia casertana: quello elettorale, quello economico e quello istituzionale». Intorno a questo intreccio - prosegue il giudice - si muovono enormi interessi economici del clan dei Casalesi e i politici coinvolti sono «asserviti al sodalizio camorristico. E ciò che avviene in snodi fondamentali e sensibili dell'attività economica: nell’apertura di centri commerciali, nelle attività edilizie e nella fornitura del calcestruzzo».Fin qui il “quadro”, delineato in modo sintetico (l’ordinanza è di 1.164 pagine), dell’operazione. Ma vediamo quale ruolo avrebbero ritagliato gli inquirenti per il manager udinese che da qualche tempo vive in Veneto. In concorso con altre persone - si legge nell’ordinanza - avrebbe lavorato per «ottenere un finanziamento bancario per un importo di 5,5 milioni di euro garantito da una falsa fideiussione richiesta per la realizzazione del centro commerciale “Il Principe” della vian srl». In questo contesto il friulano è indicato come «commercializzatore del centro», ossia come colui che avrebbe dovuto “vendere” o “riempire” gli spazi commerciali.
La truffa si sarebbe concretizzata in sede di perizia sui terreni su cui costruire il centro, terreni del valore di circa 3,6 milioni di euro. Mentre il finanziamento richiesto (che avrebbe dovuto essere utilizzato solo per l’acquisto dei terreni e non per scopi diversi) è di 5,5milioni. Di conseguenza, tutto ciò si è tradotto in un danno per Unicredit di circa 2 milioni di euro, visto che anche l’ipoteca poi iscritta dalla banca sui terreni non vale certo i 5,5 erogati. Carpenedo viene definito dal Gip come «uno dei sostenitori dell’iniziativa economica, sia in relazione alla questione del finanziamento, sia in prospettiva come commercializzatore del centro. Pacifica la sua consapevolezza di agire per il clan casalese. E ciò (...) anche perchè un tecnico del settore dei centri commerciali come il Carpenedo, evidentemente abituato a trattare con operatori importanti e qualifcati, ben poteva comprendere già a prima a vista l’anomalia di una operazione di colossali investimenti il cui motore doveva essere una società come Vian srl titolare di mezzi assai esigui, ma anche per specifiche evidenze probatorie, posto che il titolare della Vian, telefonicamente spesso discuteva con il Carpenedo delle pressioni del sodalizio tese a fargli “passare la mano”.
Il titolare della Vian ha anche rivelato a Carpenedo che proprio lui, fino a prova contraria proprietario dei terreni e della società titolare dei permessi a costruire, poteva essere costretto a “passare la mano”, quindi lo stesso Carpenedo era a conoscenza del fatto che i reali promotori dell’iniziativa non erano i responsabili della Vian srl - apparenti titolari di terreni e licenze - ma, piuttosto, un’ organizzazione superiore che governava l’iniziativa anche avvalendosi della propria forza d’intimidazione, dunque il clan dei Casalesi».
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