«Piano infrastrutture e dialogo con Roma»
Regione, Serracchiani dice no a opere come Cimpello-Sequals e Palmanova-Manzano. Tondo ascolta ma non commenta. Tra una settimana la discussione e il voto

TRIESTE. Le infrastrutture da rivedere. Il dialogo con Roma da ricostruire. Le riforme non fatte e quelle sbagliate. Debora Serracchiani non cita mai l’ex governatore Renzo Tondo nè la sua amministrazione ma le bocciature sono chiare e arrivano dalle linee programmatiche della presidente.
Fracassato il programma di opere pubbliche prima cruciali. Censurate le troppe e improduttive liti con il governo. Demolite la mancate eliminazione delle Province e dell’incandidabilità dei sindaci alle regionali, così come l’approvazione del terzo mandato per i sindaci. Serracchiani ricomincerà da capo.
Alla fine del suo intervento – 45 minuti interrotti solo da un cellulare che squilla in Aula e viene spento dopo lo sguardo glaciale della presidente – Tondo applaude, ma sceglie anche di non replicare. Lo farà tra una settimana durante la prossima riunione del Consiglio convocata per la discussione e il voto sul programma presidenziale. Applaudono anche i consiglieri pentastellati, non la Lega.
Opere su cui è inutile insistere
Dice proprio così Serracchiani. «È privo di significato insistere acriticamente su alcune opere pensate e previste 20 o 30 anni fa. Vanno ripensati e rimodulati progetti riguardanti, ad esempio, la viabilità ad est del torrente Torre, il raccordo autostradale Gemona-Cimpello-Sequals, la bretella di scorrimento veloce Palmanova-Manzano, la variante di Dignano. Ne consegue – aggiunge Serracchiani – che va ricalibrato il corposo programma di investimenti di Fvg Strade, andando verso una governance unica per il settore della viabilità, che si avrà con il superamento delle Province».
Dev’essere un colpo al cuore per l’ex assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi. Che ascolta, prende appunti, non fa una piega.
Scivola via sulla terza corsia
Non ha ancora certezze nè sulla realizzazione dell’opera nè sul ruolo da commissario che la presidente Fvg vorrebbe assegnare ad Autovie Venete. E allora, nel suo discorso d’insediamento, Serracchiani fa sapere che terrà aggiornato il Consiglio sullo stato di avanzamento della realizzazione della terza corsia dell’A4. Poi, incalzata dai cronisti, aggiunge solo: «Tutto quello che riguarda la terza corsia verrà detto a tempo debito».
Un errore litigare con Roma
È dura Serracchiani che prende a esempio le molte leggi regionali impugnate dal Consiglio dei ministri. «Uno dei nodi politico-istituzionali più critici per il Fvg è il rapporto con il governo e l’azione che ho intrapreso fin dall’inizio tiene conto della complessa urgenza di riattivare con Roma un’interlocuzione ad alto livello. E sarà mio compito – spiega Serracchiani – cercare una collaborazione con qualsiasi esecutivo perché questa è l'unica possibilità che abbiamo per veder riconosciuto il nostro ruolo. Dichiarare guerra a Roma non serve a nulla, come dimostrato in passato – è la stoccata della presidente –, anzi probabilmente a Roma non se ne accorgono nemmeno».
Donne e sindaci
Non sono tra le priorità dei classici 100 giorni, ma certo Serracchiani cita una modifica necessaria alla legge elettorale per garantire la rappresentanza di genere, delle minoranze e per i sindaci. Quello che nella scorsa legislatura non è stato fatto, anche con la complicità celata del Pd.
«In un quadro articolato di riforma della Regione non può rimanere escluso il sistema di elezione del Consiglio regionale. Discutere assieme delle regole – spiega Serracchiani – significa anche aprire un confronto su un sistema diverso di rappresentanza territoriale che sappia coniugare anche le esigenze della rappresentanza di genere e delle minoranze. È una strada complessa ma percorribile anche partendo dal sistema dei collegi uninominali. In questo campo andrà certamente modificata la norma che attualmente regola l’incandidabilità dei sindaci e il terzo mandato».
Sì all’identità, no al Friuli isolato
Non dice nulla sul friulano Serracchiani, ma il suo pensiero sull’identità è chiaro. «Non ci salveremo isolandoci. E nemmeno riusciremo a difendere le nostre identità limitandoci a fare e applicare le più raffinate leggi di tutela. Occorre un salto culturale che faccia vivere le nostre tradizioni nel mondo, confrontandole con la sfida della globalizzazione. Non una chiusura in ipotetici recinti – esplicita la presidente Fvg –, affamate dalla carenza di finanziamenti e schiacciate dall’omologazione, ma la creazione di un rapporto aperto e orgoglioso, che passa anche attraverso la valorizzazione delle nostre comunità nel mondo».
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