Il dramma dell’esodo e la forza caparbia di Marta che diventa maestra
Silvia Zetto Cassano descrive un percorso esistenziale. È una storia di chi non si è rassegnato e ha combattuto
LUCIANO SANTIN
“Diventerai”, un titolo che indica una direzione incerta, segnata da ansie, timori e tremori. E afferma la caparbia forza della vita nel farsi strada, senza rassegnarsi alla quotidianità svantaggiata, alle aspirazioni frustrate, alle capacità inespresse.
Nell’abbondante epopea dell’esodo istriano, produzione di sfogo e di immaginaria catarsi (fatta spesso a ricalco o su un copione preordinato), spicca come una pietra preziosa tra i ciottoli questo romanzo di formazione di Silvia Zetto Cassano, non nuova a ottime prove letterarie, tra cui quel “Foresti” che si è aggiudicato il premio “Giacomo Matteotti” della Presidenza del Consiglio.
Pubblicato dalle edizioni Battello, il libro racconta il percorso esistenziale di Marta, che cresce fino a essere maestrina e «quasi adulta», negli anni in cui le ragazze nutrono «desideri alti, sogni di felicità assolute e perenni», ma anche desideri bassi, provenienti da corpi in bilico «tuffi al cuore, formicolii nel ventre, sensazioni che non sapevano nominare». Anni in cui esaminano, ogni giorno, il mondo, e si fanno esaminare.
Una piccola storia, di quelle che materiano la grande storia, restituita nella misura calibratissima di un linguaggio dalla semplice e spietata precisione, costruito con estrema cura, forse per aderire a una concezione e a uno stile di vita.
Nella narrazione spicca l’abilità nel cogliere i tratti essenziali dei compagni di percorso, resi con efficace bozzettismo, da Angiola, l’abile zia “trapolera”, a Nelia, la collega che “galleggia”, senza tuffarsi a cercare il fondo (una qualità a volte forse invidiata), e che insegna a Marta-Silvia come “dare il lasco” alle persone. Ma rimangono centrali, nell’analisi autobiografica, due qualità in genere rare: la quasi totale assenza di compiacimento e la serena capacità di giudizio.
Molto, nel racconto è determinato dalla cesura dell’esodo, che, pur offrendosi come chiave interpretativa, è uno sfondo importante ma non essenziale. Un libro che rimarrà, tra i tanti destinati a confondersi nel tappeto di tristezze, rimpianti e rancori steso sulla diaspora istriana.
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