Un viaggio nell’Italia dove governano le donne
Paola Dalle Molle
Un viaggio attraverso le regioni d’Italia, fra le donne che ricoprono ruoli istituzionali e amministrativi per capire dove nella politica nasce il gap – molto poco descritto – che ci vede in netta minoranza rispetto alla parte maschile. È uscito nelle scorse settimane, il libro-inchiesta firmato dalla giornalista Fabiana Martini, Il governo delle donne. Viaggio tra le amministratrici locali italiane edito da Vita Activa Nuova con la prefazione di Daniela Brogi e la postfazione di Marco Damilano.
L’autrice presenterà il volume oggi, giovedì primo dicembre alle 20.30, in Sala Petris al Centro Balducci di Zugliano, dialogando con Barbara Zilli, assessora regionale, Ilaria Dal Zovo, consigliera regionale e Manuela Celotti, sindaca di Treppo Grande con la moderazione di Anna Piuzzi. Fabiana Martini dal 2011 al 2016 è stata vicesindaca del Comune di Trieste. Portavoce regionale per Articolo 21, si batte per i diritti civili, la libertà di stampa e la parità di genere.
Da quale riflessione nasce il libro? Tra l’altro pensato nel 2016 e avviato nel 2018.
«A oltre 70 anni dal primo voto delle italiane e dal decreto che ne ha sancito l’eleggibilità, in Italia solo il 15% delle città sono guidate da donne: molti soffitti di cristallo sono stati rotti, una donna nel frattempo, è andata nello spazio, ma il potere resta saldamente in mano agli uomini, che fanno incetta di spazi e non hanno alcuna intenzione di lasciarli, quelli più importanti in particolare: non è un caso che in nessun Comune superiore ai 200 mila abitanti ci sia in questo momento una sindaca».
Cosa ostacola la partecipazione femminile al governo dei territori?
«In un viaggio che ha toccato tutte le regioni italiane ho interpellato 21 amministratrici locali, tante quante le Costituenti, con la speranza che la politica si renda conto di quante Ferrari sta lasciando in garage, di quanto più veloce potrebbe correre il nostro Paese se utilizzasse tutte le risorse a disposizione e non solo la metà. Non solo le donne che ricoprono questi ruoli sono ancora poche. Ma incontrano svariate difficoltà: la faticosa quando non impossibile conciliazione, la mancanza di visibilità, molti pregiudizi culturali, fatica. E dove le donne ci sono invece, si tende a pensare a una felice eccezione. Mentre sarebbe ora di pensarla come la normalità, ovvero una possibilità a portata di tutte e non solo destinata a delle wonder woman».
Cosa ha imparato scrivendo questo libro?
«Ho imparato che la passione può smuovere le montagne, ma raramente e comunque, sempre lentamente, la burocrazia. E che per fare politica serve coraggio, innanzitutto il coraggio di esporsi allo sguardo altrui, come direbbe Hannah Arendt. Il coraggio necessario per affermare che la politica nonè una cosa da maschi, anche se al momento è forse la cosa più maschilista. Spero che questo piccolo viaggio, che di certo è solo un inizio, possa contribuire a togliere almeno in minima parte le donne, in particolare le amministratrici locali, dall’invisibilità, che è a tutti gli effetti una forma di violenza, e a offrire quello sguardo sul mondo che manca, a trasformare l’immaginario. Perché – come dice Rebecca Solnit – la rivoluzione comincia da lì».
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