Il presidente dell’Aned: «Europa unita con l’Ucraina. Ha imparato dal passato»
L’udinese Marco Balestra ribadisce l’impegno dell’Associazione ex deportati a difesa della Costituzione. E risponde alle preoccupazioni di Liliana Segre: i viaggi con gli studenti nei lager scongiurano l’oblio
ALBERTO LAUBER
L’INTERVISTA
Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di concentramento di Auschwitz e proprio quella data venne presa come riferimento per celebrare il Giorno della Memoria. A 78 anni di distanza, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, la giornata dedicata alla commemorazione della Shoah deve fare i conti con un’Europa in cui la Russia questa volta veste drammaticamente i panni dell’invasore ai danni dell’Ucraina. Una guerra che fa ripiombare il continente indietro nel tempo. A riflettere su questo scenario è Marco Balestra, udinese, presidente provinciale dell’Aned, l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti.
Presidente Balestra, quest’anno la Giornata della Memoria sarà celebrata mentre in Europa si combatte una guerra. Quali riflessioni può suscitare questa tragedia in una associazione come la vostra?
«Tutti ovviamente auspicavamo che non dovesse più accadere nulla di simile. Già negli anni 90 avevamo dovuto assistere a un conflitto nel nostro continente, quello nei Balcani. In quella occasione la guerra era arrivata a causa dell’instabilità dei paesi coinvolti. Il conflitto fra Russia e Ucraina ha origini del tutto diverse e questa volta abbiamo la fortuna di avere un’Europa unita. Altrimenti mi chiedo cosa sarebbe successo. Come si sarebbero orientati gli schieramenti politici del continente? Forse ci sarebbe stata una guerra con più paesi coinvolti».
L’Europa dilaniata dalla Seconda guerra mondiale ha dunque imparato dai suoi errori?
«Sì, l’Europa ha imparato. Ha dimostrato unità e si è pronunciata con chiarezza nei confronti dell’aggressione della Russia all’Ucraina. Certo, su alcuni temi ci sono posizioni diverse, ma ormai per gli stati europei è netto il rifiuto della guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali».
È uno dei principi fondamentali della vostra associazione.
«Certo, basti pensare che il 16 maggio 1945, pochi giorni dopo la liberazione del campo di Mauthausen, i deportati superstiti di tutte le nazionalità hanno espresso nel piazzale dell’appello del lager il cosiddetto “Giuramento di Mauthausen”, a cui si è ispirato anche lo Statuto dell’Aned».
Vuole ricordare almeno una parte del Giuramento?
«L’intero testo è significativo, ma se vogliamo concentrarci su un passo, direi che il concetto chiave è quello espresso dalle parole “La pace e la libertà sono la garanzia della felicità dei popoli, così come l’edificazione del mondo su nuove basi di giustizia sociale e nazionale è la sola strada per la collaborazione pacifica degli Stati e dei Popoli”».
Da anni l’Associazione dei deportati organizza con le scuole i viaggi della memoria, accompagnando i ragazzi delle superiori a visitare i campi di sterminio e i luoghi delle stragi nazifasciste. I giovani possono ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti e dei loro parenti. Già lo scorso anno durante il viaggio avete affrontato il tema della guerra in Ucraina. Ora che sono passati altri dodici mesi come affronterete il tema con gli studenti?
«Il racconto della storia della deportazione non è rancoroso, deve aiutarci a capire il futuro e ad affrontarlo ispirandoci sempre a quei valori. Ci auguriamo che tutto ciò alla fine possa anche risolvere i rapporti tra Russia e Ucraina. Si deve lottare per l’obiettivo della fraternità. Quando parlo agli studenti faccio sempre riferimento all’articolo 2 della Costituzione che richiama alla solidarietà. Lottando contro l’individualismo e l’indifferenza si costruisce un mondo migliore».
Il Giorno della Memoria vorrebbe ricordare e sottolineare tutti questi principi. Ma negli ultimi anni qualcuno ha messo in dubbio l’efficacia della celebrazione. La stessa senatrice Liliana Segre ha detto l’altro giorno: «So cosa dice la gente del Giorno della Memoria. La gente già da anni dice, “basta con questi ebrei, che cosa noiosa”». «Il pericolo delloblio c’è sempre – ha aggiunto – . Una come me ritiene che tra qualche anno sulla Shoah ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella». Che cosa ne pensa?
«Credo che l’eredità che ci hanno lasciato la storia di quegli anni e gli stessi deportati non possa essere confinata in una settimana di celebrazioni. Non ti lavi la coscienza parlando di queste cose per pochi giorni. Deve essere un impegno che si protrae al di là del 27 gennaio, deve essere l’impegno di una vita. Altrimenti questa giornata diventa un rituale. Credo che anche l’impegno dell’Aned con le scuole e i viaggi della memoria con i ragazzi possano essere la migliore risposta al pericolo dell’oblio».
Rispetto agli scorsi anni, questo 27 gennaio in Italia arriva in un momento storico che vede al governo il centrodestra. Un centrodestra che ha ottenuto la maggioranza anche in luoghi simbolo come Sant’Anna di Stazzema, dove nel 1944 furono sterminate dai nazisti 560 persone. Che effetto le fa?
«Penso che dal dopoguerra a oggi la pratica democratica abbia influito anche su chi è politicamente a destra. Sono persone che sono state scelte e dunque dobbiamo essere rispettosi delle istituzioni. I valori della Costituzione sono una conquista dell’antifascismo e devono essere rispettati da tutti».
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