Gli 85 anni delle leggi razziali. Piantedosi: «L’antisemitismo esiste e va tenuto lontano»
Il ministro a Trieste per l’omaggio alle vittime della Shoah

Trieste, città da cui nel 1938 Benito Mussolini annunciò le leggi razziali, formalizzando di fatto l’inizio dell’orrore della Shoah in Italia, è stata scelta dal Governo come uno dei fulcri delle celebrazioni per il Giorno della Memoria, con cui ogni 27 gennaio si ricorda la Shoah.
Numerosi gli appuntamenti organizzati ieri dal Viminale e dalla Prefettura di Trieste, alla presenta del ministro degli Interni Matteo Piantedosi.
In mattinata la scaletta è iniziata alle 11, con un convegno al Palazzo del Governo, alla presenza del prefetto Pietro Signoriello e con una lunga lista di interventi. Il ministro Piantedosi ha consegnato le medaglie da parte a cinque familiari delle vittime dell’Olocausto.
Piantedosi ha anche parlato dell’antisemitismo al giorno d’oggi: «I casi registrati, anche di denuncia dell'attività delle forze di polizia» sono un segnale che l'antisemitismo in Italia «esiste, in maniera più o meno consapevole da chi lo pone in essere, comunque come fenomeno che alimenta in qualche modo l'odio, quasi una sorta di propensione naturale verso l'odio da parte di alcuni. Sicuramente l'antisemitismo esiste», anche se è «minoritario, ma anche un solo caso dovrà essere sempre tenuto lontano dalla nostra vita civile».
«Trieste – ha osservato a margine della cerimonia in Prefettura – è una città simbolo della memoria, è il luogo in cui fu annunciato l'orrore delle leggi razziali e dove fu fatta la prima deportazione di ebrei italiani ad Auschwitz. Il momento di ricordo deve essere un momento di rilancio di valori che sono sottesi a questo ricordo».
Secondo il ministro, «la memoria è una componente essenziale per mantenere alta l'attenzione. La memoria si deve trasformare in una diffusione di valori della collettività. Ci deve essere un tessuto culturale e istituzionale sempre a presidio del fatto che questo non succeda mai più, che la discriminazione abbia sempre meno terreno fertile. E lo si fa anche e soprattutto dal punto di vista culturale mantenendo viva la memoria e trasformandola in una insieme di valori su cui si fonda la civiltà democratica a cui apparteniamo».
«Il Giorno della Memoria non è un momento dedicato alla carezza compassionevole verso gli ebrei: è un giorno di assunzione di responsabilità per tutti, cittadini e istituzioni, centrali e locali». Lo ha detto la presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, intervenendo al convegno promosso in Prefettura. «Shoah non è solo Germania e nazisti, è anche Italia e fascismo», ha aggiunto.
«Le leggi antiebraiche – ancora Di Segni – furono annunciate qui a Trieste 85 anni fa. Un discorso folle dalla prima parola all'ultima. Ma la piazza gremita inneggiava e applaudiva. Oggi ci sembra una visione delirante che mai potrebbe avvenire su una piazza italiana, né di quelle virtuali. Perché allora quel che sembra impossibile è avvenuto? Perché è avvenuto! Come ci si relaziona con questo passato e cosa si è fatto negli 85 anni da allora per essere convinti che mai più possa succedere? Non solo mai più lo sterminio ma anche mai più una piazza che inneggia a parole di odio». «È importante capire - ha aggiunto - che la Shoah non è solo Germania, Auschwitz, nazisti. È anche Italia in ogni via e piazza. Italiani e soprattutto regime fascista. È anche capire - e agire di coerenza conseguente - che il fascismo e la Rsi dal '43 non erano solo un male per gli ebrei ma un male per l'Italia tutta».
Oggi, ha ribadito Di Segni, è «giorno di memoria e giorno di responsabilità e l'Ucei assieme a tutte le istituzioni proseguirà nell'impegno per ribadire ed esigere coerenza se avanti si vuol andare nella costruzione di un Paese che riabbraccia quel concetto di patria».
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