Il ritorno di Carrozzeria Orfeo a Udine: «Una famiglia disfunzionale va a pezzi»
A 10 anni dal debutto torna in scena “Thanks for vaselina”. Gabriele Di Luca: «Esploriamo i temi del contemporaneo»
Mario Brandolin
È sicuramente un “caso” nel panorama del giovane teatro italiano quello rappresentato dallo spettacolo “Thanks for vaselina” della Compagnia Carrozzeria Orfeo: dieci anni di tenuta, oltre 180 repliche e 30 mila spettatori per quello che rappresenta al meglio la poetica e la pratica teatrale di questo gruppo, fermatosi alla Nico Pepe di Udine e più volte applaudito sui palcoscenici della nostra regione.
«Quando abbiamo cominciato nel 2007 – racconta Gabriele Di Luca, uno dei fondatori con Massimiliano Setti e Luisa Supino: non erano molti quelli che pensavano che saremo durati, e invece eccoci ancora qui».
E con un paniere ricco di oltre una decina tra spettacoli e progetti speciali, di tanti premi, di molti riconoscimenti, di un libro loro dedicato, e di un film, “Thanks” con Luca Zingaretti e Antonio Folletto.
Ora l’occasione di rivedere o vedere per la prima volta questo “classico del contemporaneo” è offerta dal Css che lo presenta per la stagione di Contatto sabato 4 febbraio al Palamostre di Udine.
Come nasce “Thanks for vaselina”?
«Nasce con la volontà, che è poi la cifra del nostro lavoro, di esplorare il contemporaneo e i temi più urgenti del presente. Come quello inerente la famiglia, la sua trasformazione e anche disgregazione, oggi così pressantemente presente nel dibattito culturale e sociale. E il sottotitolo “dedicato ai famigliari delle vittime e alle vittime dei famigliari”, è abbastanza indicativo di quello che abbiamo voluto raccontare e cioè la storia di una famiglia disfunzionale alle prese con la sopravvivenza».
E infatti i due protagonisti Charlie (Massimiliano Setti) e Fil (Gabriele Di Luca) sono alle prese con un improbabile commercio di marjuana che coltivano per esportarla in Messico. Con loro Lucia, la madre di Fil (Sonia Barbadoro), Wanda una ragazza grassa (Carlotta Crolle) e il padre ed ex marito di Lucia (Pier Luigi Pasino)....
«E la storia di esseri umani sconfitti, di “ultimi” messi all’angolo da un mondo che prima ti illude col miraggio del successo e del benessere e poi, dopo averti sfruttato, ti abbandona. Che se vogliamo è un po’ anche il nostro mondo. Che noi mettiamo in scena per paradossi, esagerando nei toni ed esasperandone alcuni aspetti significativi. Anche se la domanda che ne emerge è: sarà ancora possibile l’amore anche in questa situazione così disperata e fallimentare? E la nostra risposta è sì, comunque si. Quanto alla droga, devo sottolineare che non è uno spettacolo sulla legalizzazione o meno della stessa, è solo la cornice attorno alla quale allestire la storia di emarginati, di persone che si barcamenano come possono nella grande difficoltà del vivere».
Come definiresti la vostra poetica, che comunque attraversa come un filo rosso tutti i vostri spettacoli, tra impegno civile e narrazione popolare?
«Sicuramente un teatro popolare, ma che parte sempre da un realismo che spesso trasformiamo in qualcosa di grottesco quando non di surreale. Una definizione che a mio avviso calza benissimo me l’hai dato proprio tu, tanti anni fa, parlando di “cinismo romantico” a proposito del mio teatro e del mio modo di scrivere».
Spieghiamoci meglio... «Normalmente la scrittura teatrale lavora per accumulazione, si parte da una struttura ordinaria e man mano i personaggi crescono e si sviluppano, il mio teatro invece lavora per sottrazione, nel senso che i personaggi partono sempre in modo esasperato ma nel prosieguo della vicenda perdono esasperazioni e orpelli che li hanno resi magari simpatici e alla fine rimangono nella loro cruda verità, madri infelici, figli disastrati, persone in cerca d’amore».
Perché Carrozzeria Orfeo, quai un ossimoro tra un luogo molto concreto di lavoro, carrozzeria e un personaggio mitico come Orfeo che intrattiene gli dei con la sua musica?
«Ma il teatro è così, un luogo molto concreto, artigianale, che da buio si anima di luce, di vita, di poesia come Orfeo che porta luce nelle tenebre. La nostra è sostanzialmente la volontà di fare un teatro che racconti con le sue armi il presente, ma in modo che tutti capiscano. Il teatro in fondo è sempre stato così e i grandi autori hanno sempre raccontato il loro tempo e per questo sono diventati classici».
I commenti dei lettori