Dai sampietrini all’arte del Bernini, D’Orazio svela piazza San Pietro
Lo storico al Giovanni da Udine ha ripercorso le vicende di uno dei luoghi più famosi e visitati al mondo
Martina Delpiccolo
Imperdibile. Il secondo appuntamento con “Lezioni di Storia 2023”, ideate da Laterza in collaborazione con Teatro Giovanni da Udine e Messaggero Veneto in qualità di media partner, è stato seguito da un pubblico attento e curioso che ha gremito il Teatrone.
Mattinata in piazza San Pietro con un relatore d’eccezione, Costantino D’Orazio, storico dell’arte presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, conduttore di AR-Frammenti d’Arte su RaiNews24 e autore di numerosi volumi, tra cui “L’arte in sei emozioni” e “Vite di artiste eccellenti” per Laterza.
Successo di numeri e qualità per la seconda tappa del ciclo “Le opere dell’uomo”. Luogo calamita, quello raccontato domenica 5 febbraio, meta di milioni di viaggiatori ogni anno: piazza San Pietro, che accoglie e abbraccia l’umanità.
Opera dell’uomo, ma anche opera che guarda in alto, a Dio, unendo cielo e terra. Piazza che ci interroga e si lascia interrogare sul suo mistero, sulla durata delle opere dell’uomo, sul tempo che in questo caso è nel rapporto tra uomo e Dio, tra finito e infinito. Piazza che condensa storia della cristianità, ma anche arte, progettazione, spiritualità.
Luogo che può svelare inedite curiosità. Lo dimostra la lezione appassionata e briosa di Costantino D’Orazio. Un’immersione nella storia con sorprendenti incontri.
In piazza San Pietro ci si poteva imbattere in “Er Tinéa” (Romeo Ottaviani 1877-1910), il più rispettato bullo di Roma, difensore dei deboli. Scontri e risse tra borgate avvenivano spesso nel centro storico, teatro di sassaiole. Armi potevano essere anche i “sampietrini”, allora facilmente estraibili da terra.
D’Orazio ripercorre la loro storia e forma, dal nome che risale al Settecento, quando, in seguito al rovesciamento della carrozza del Papa, si decise di rifare la pavimentazione della piazza con elementi lapidei a tronco di piramide, forma data dai selciaroli abruzzesi.
«Pensare a San Pietro senza i sampietrini sarebbe blasfemo» commenta il relatore, mostrando al pubblico quello a forma di cuore, a sinistra dell’obelisco, detto “er core di Nerone”. La storia ci porta al circo costruito da Caligola che, passato a Nerone, ospitò in aggiunta alle corse di bighe anche il martirio dei cristiani, torturati e giustiziati.
D’Orazio ha mostrato l’immagine della necropoli a raggiera, espressione del desiderio di riposare per sempre accanto al punto in cui si diceva fosse stato sepolto Pietro e che divenne fulcro della nuova religione e del suo rapporto con l’Impero, calamita per tutti i cristiani.
Nel ricostruire le fasi della piazza, D’Orazio ha analizzato i motivi dei continui interventi su essa: «Con il primo Giubileo del 1300, tornò ad essere meta. I Papi capirono che i Giubilei erano occasioni di controllo sulle anime, di rinvigorimento dell’economia romana e investimento architettonico-urbanistico. Interventi che partirono dall’abside, sorta sulla tomba di Pietro.
Ultima, per ordine di modifiche, la facciata». Grande innovatore autocelebrativo fu Papa Giulio II che tentò di trasformare il luogo in un suo mausoleo.
Poi arrivò Sisto V che intese spostare l’obelisco per ampliare la basilica. Pena di morte durante l’innalzamento per chi avesse proferito parola. Il silenzio fu rotto da un sanremese, Benedetto Bresca, che nel suo dialetto gridò “Acqua alle funi!”. Era l’unico modo per evitare il peggio.
Una corda si stava infatti spezzando e solo l’acqua avrebbe potuto porvi rimedio. Bresca ebbe salva la vita. Da quell’anno la sua famiglia offrì a Roma le piante per la domenica delle palme.
Pubblico del Teatrone divertito quando D’Orazio ha mostrato il trofeo del festival di Sanremo che appunto è a forma di palma. La storia si può anche raccontare con momenti esilaranti e curiosi e può anche divertire.
Il viaggio prosegue nel ’600 con Bernini e con Alessandro VII che si impegna a conciliare in un abbraccio ecumenico Chiesa di Roma ed eretici. Continua l’excursus con via della Conciliazione e le demolizioni di Mussolini. Infine tutti idealmente nella lastra al centro del colonnato, che mostra solo una fila di colonne celando le altre.
«La pavimentazione è il risultato di due cerchi sovrapposti. La piazza svela un’idea cosmologica. È teatro del mondo, centro in cui il cosmo si specchia e, oggi, rifugio dei senzatetto». Così chiude l’intervento Costantino D’Orazio.
Prossima lezione domenica 26 con Alessandro Marzo Magno per un viaggio in piazza San Marco.
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