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Il convegno

Tra antropologia, arte e letteratura: quando il cibo è alla base delle civiltà

ELENA COMMESSATTI
2 minuti di lettura

“Questo libro è nato da un convivio”, si legge nell’introduzione a “Pensare il cibo. L’alimentazione tra storia, scienza e cultura”, a cura di Lanfranco Conte e Nicola Gasbarro, (Forum), opera collettiva che verrà presentata sabato 25 alle 10 al Festival Geografie a Monfalcone.

In piazza della Repubblica, nello spazio Sud, i curatori presentati da Timothy Dissegna, racconteranno la genesi e gli sviluppi di un interessante lavoro interdisciplinare, nato da un convivio e da un convegno universitario tenutosi nel 2019. Molte le voci in questo progetto che racconta evoluzione scientifica e storia del gusto, tecnologie alimentari e incontri tra culture: la base delle diverse civiltà. Il volume porta un intreccio di saggi dove l’antropologia incontra l’arte, la letteratura e le scienze alimentari si innestano nella storia dell’alimentazione e delle religioni.

Un punto di vista sinestetico, “pensare il cibo”, che interpreta nel modo giusto, a parer nostro, lo storytelling accademico contemporaneo. “La ricerca multi-interdisciplinare”, scrivono Conte e Gasparro in prefazione, “non è più un’opzione metodologica, ma una necessità strategica in tutti i campi del sapere: ognuno di noi deve sforzarsi di essere uno scienziato che osserva le società umane ed un umanista che cerca di comprendere la natura e i suoi meccanismi più nascosti.”

E così in Pensare il cibo Maria Cristina Nicoli interviene sul “mangiare sicuro”, mentre Paolo Scarpi spiega la sua idea delle gastronomie simboliche per “una storia della cucina e contro-cucina” (con inserti sulla cucina futurista, le nozze di Cana, Platone, il dripping di pesce alla Marchesi).

Nicola Gasbarro si occupa di “pane e vino: cibo e sacrificio” nella storia delle religioni, Roberto Zironi di “Vino tra tradizione e innovazione tecnologica”. C’è una sezione a cura di Alessandra Conte sui manifesti pubblicitari; tra tutti il Baffone della Birra Moretti, con un piacevole intarsio narrativo sulla Moretti a firma Bepi Pucciarelli.

Presente anche Angelo Floramo con un saggio su alcune fonti medievali che hanno per oggetto il cibo. Patrizia Quattrocchi, nel suo intervento, cura la prospettiva antropologica nei “saperi enogastronomici friulani tra tradizione e modernità”.

A Nadia Innocente il compito di occuparsi di osterie, che in Friuli vantano una lunga storia e a partire dall’Ottocento entrano nel tessuto sociale delle relazioni. Il saggio di Paolo Parmegiani è dedicato agli olivi e all’olio della X Regio “Venetia et Histria”, che a partire dal 7 d.C. comprendeva il vasto territorio che va dal lago di Garda fino alla punta dell’Istria, e al centro Aquileia, porto commerciale.

E poi c’è Stefano Buiatti, nel suo intervento di “Udine capitale della birra in una terra di vino”, ricordando la lunga tradizione cittadina di fabbriche come la Moretti e la Dormisch e che “la birra è la bevanda alcolica più diffusa al mondo, con un consumo annuo stimato in quasi due miliardi di ettolitri, quasi dieci volte quello del vino.”

Chiude Giuseppe Comi, con “Il maiale, la carne e il prosciutto: mix di storia e scienza”, definendo il prosciutto crudo come il prodotto più salubre della salumeria italiana, con un corretto valore nutrizionale.

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