Pizzul: «Io e Gianni alle prime armi al concorso della Rai, lo esclusero per quella “s”...»
Il ricordo: io incredulo, ma ammesso Le visite in Friuli e l’apprezzamento per i nostri vini
Bruno Pizzul
Primavera del 1969, Roma, viale Mazzini, uffici della Rai, sessione di esami per l’ammissione a un corso di preparazione professionale per radio telecronisti.
Mi ci trovavo anch’io , assolutamente spaesato in quanto fin lì privo di qualsiasi esperienza giornalistica, circondato da tanti candidati, molti dei quali dipendenti Rai, alcuni già ben conosciuti.
Tra questi, accompagnato da un codazzo di colleghi con i quali aveva evidente familiarità, Gianni Minà del quale avevo già visto alcuni servizi e interviste con personaggi famosi.
Pensai che, vista la concorrenza e l’esiguo numero di posti a disposizione, sarebbe stato meglio battere subito in dignitosa ritirata, evitando inevitabili figuracce.
Di altri super candidati era pieno quell’affollato salone. Risultati? Gianni Minà giudicato inadeguato e con lui esclusi altri pronosticatissimi soggetti, Enzo Tortora tanto per dirne uno.
Io incredulo ma ammesso, Minà tutt’altro che afflitto con l’aria di esserselo aspettato. In realtà la sua esclusione era stata determinata solo da quel suo modo di parlare particolarissimo, con la esse sibilata. Poco apprezzato dagli esaminatori lo stile personale, efficace ma poco formale con cui riusciva ad avvicinare e intervistare i personaggi che si sceglieva.
Gianni infatti continuò a lavorare in Rai, diventando punto di riferimento per un certo tipo di giornalismo ad ampio riferimento politico, ambientale, musicale, artistico, sportivo, letterario con proiezione costante verso il mondo latino americano e frequentazione assidua di personaggi da lui raccontati, amati e gestiti in modo impeccabile.
In questi pochi giorni Gianni ha già ricevuto il meritato tributo di affetto e il riconoscimento per quanto ha fatto, detto e lasciato intendere.
Debbo dire di aver avuto con lui frequenti ma non profondi rapporti, specie nel periodo in cui condusse “La Domenica Sportiva” quando alla Rai si cominciava ad essere meno maniacalmente legati al linguaggio privo di difetti, per cui avrebbe potuto anche lui diventare radio telecronista.
Certo, quella lontana esclusione non ne ha bloccato gli entusiasmi e il profondo attaccamento al lavoro da lui plasmato direi quasi a sua immagine e somiglianza.
Crebbi nella sua considerazione personale quando venne a sapere che, da giovane, avevo tifato per il Torino, ritenendomi adatto a far di tanto in tanto quattro chiacchiere granata con i vari colleghi di analoga inclinazione calcistica.
L’incondizionato e sincero cordoglio per la sua scomparsa è testimonianza chiara di quanto egli abbia rappresentato per il mondo della comunicazione e che non gli abbiano dato la possibilità di fregiarsi della qualifica di radiotelecronista non ne ha minimamente intaccato prestigio e credibilità.
I personaggi famosi e di rilievo storico che ha raccontato e che ne hanno apprezzato spirito e passione comunicativa ce lo indicano come un grandissimo del giornalismo.
Buon conoscitore di vini piemontesi e siciliani, quando veniva in Friuli si diceva meravigliato della qualità, definendola gradita sorpresa, probabilmente dimenticando di averlo già detto in precedente visita alla Piccola Patria.
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