La dolcezza della memoria in un racconto, Corona custode dei segreti della natura
Nel suo nuovo libro “Le cinque porte”, edito da Mondadori, scrive di un anziano che spiega ai nipoti i tesori della valle
Mary B. Tolusso
La natura è la fonte di ispirazione per Mauro Corona, lo è sempre stata. Lui che dalla natura giunge e che nella natura rimane, a stretto contatto con i suoi boschi, i torrenti, gli animali delle sue valli.
Certo, Corona ha già insegnato molto, il suo mondo è sempre stato il motore primo dei suoi libri, la perfetta metafora che ci corrisponde, in fondo siamo animali, anche se l’evoluzione ci ha fatto credere di essere qualcosa di diverso.
Figuriamoci ora, quando la tecnologia è ai suoi livelli apicali e tutto ciò che è “naturale” ci appare quasi una fiaba del passato, qualcosa di arcaico insomma, un optional di benessere, ma solo un optional.
Insomma, degli insegnamenti che la natura può fornirci se ne ricordano solo i vecchi o qualche tenace umano in grado di apprezzare ciò che è più selvaggio. Le cinque porte (Mondadori, pag. 160, euro 17), l’ultimo libro di Mauro Corona, rientra in quella che chiamiamo letteratura per ragazzi.
Lo è da un certo punto di vista ovvero quello di una trama semplice, lineare, dove la storia raccontata si rivolge apertamente ai ragazzi.
E infatti il protagonista è un nonno, un anziano montanaro in procinto di accompagnare i due nipoti, Igor e Neve, attraverso le cinque porte. Il cammino del “nonu” , come lo chiamano i nipoti, sarà quello di far conoscere la natura nelle diverse zone della sua valle e nelle diverse stagioni.
Quindi se la porta verde è quella della primavera, la gialla, la rossa e la bianca corrisponderanno all’estate, autunno e inverno. L’ultima rimane un mistero dedicato al lettore.
Un viaggio in cui ogni particolare assume un significato preciso, un’allegoria lampante, una scuola di vita in cui ogni albero, ogni uccello o altro animale è chiara metafora dell’umano.
Come il cuculo, che sfrutta il nido degli altri per la sua prole. O come la neve che è l’immagine per eccellenza del candore, anche se spesso pure nei boschi possiamo trovarla meno candida perché sporcata dagli animali.
Ecco però che nel primo caso come nell’ultimo tutto assume (anche) una valenza etica.
Perché se il cuculo ci insegna che «c’è posto per tutti in casa d’altri, basta farsi un po’ più in là», la neve meno bianca ci porta a un altro messaggio: «È meglio farci sporcare e vivere che morire candidi senza aver vissuto».
Così come le grandi trasformazioni naturali ci insegnano che tutto scorre e se c’è qualcosa di innaturale è proprio la rigidità, compreso il restare fisso sulle proprie idee. Di tali esempi è costellato il libro.
Com’è nello stile Corona, la didattica non si esaurisce sul fronte etico. Eccellente conoscitore di ogni foglia, tronco o fiore alpino, l’autore ci istruisce su molte cose: quali alberi scegliere per ripararsi da un temporale in montagna, quali sono i legni più adatti al fuoco, i pericoli che si possono nascondere anche sotto un semplice tappeto di foglie, come possono essere sfruttati gli aghi di larice o le pietre scure di torrente.
Perle di saggezza convalidate da secoli di esperienza. E in mezzo, miti, leggende e buona letteratura, da London a Heine.
Insomma, il bosco è un mondo che va rispettato e che ci insegna a rispettare e in tal senso è un libro per tutti. Ma non è solo questo.
Oltre a evidenziare ciò che in natura non esiste (dallo spreco al razzismo), Corona punta a un altro tema, quello della memoria. Ce lo dice già la dedica: «Ai nonni e ai nipoti del mondo».
Lì si aprono due dimensioni. È lì che l’autore riflette su passato e futuro, sui ricordi personali e su quelli che può lasciare a chi è più giovane.
«Bisogna lasciare buoni esempi – dice la voce narrante – e dolcezze di memorie». E questa è una cosa che la tecnologia non può fare. —
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