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il libro

Il ritratto di San Paolo dell’ateo Corrado Augias: «Un grande protagonista che i cristiani ignorano»

A Pordenone il giornalista e divulgatore con il libro su Saulo di Tarso. «La religione diventata uno Stato? Avrebbe detto: anatema!»

GIAN PAOLO POLESINI
2 minuti di lettura

Corrado Augias è un imperdibile divulgatore: i dialoghi sul Cristianesimo — stavolta questo è stato il tema portante — hanno onorato il rush finale del pordenonelegge ventiquattro, proprio sul quel San Paolo, nato Saulo di Tarso, decapitato da Nerone nel 65 d.C., uno dei massimi militanti del tempo. E l’ateo Augias, lo ricorda sempre di esserlo, l’ha addirittura reso star di un libro (Rai libri).

«Un protagonista inusuale e inedito — spiega lo scrittore — un gigante, Paolo, che i cattolici ignorano. Se l’avessero conosciuto Victor Hugo o Dumas ci avrebbero scritto un romanzo. Un uomo di una forza intellettuale incredibile.

Viene poco citato, quasi mai ricordato perché Paolo non fu un Santo buono: non ammansiva i lupi, non dava il becchime agli uccellini, non si vestiva di stracci, era un intellettuale divorato da un pensiero soltanto: di dover prendere la parola del profeta Gesù, giustiziato dai romani, e portarla nel mondo.

Arrivò a Roma, e qui vi morì, caduto nella repressione neroniana, sebbene lui avrebbe proseguito volentieri verso la Spagna».

Augias, mi perdoni l’azzardo: Paolo lo si potrebbe definire uno dei primi influencer della storia?

«Più che influencer — lo trovo un termine antipatico — direi un propagandista. Nella mia storia oso un paragone, preso per i capelli, ma alla fine regge: fra Paolo e Trotsky e fra Giacomo, fratello di Gesù, e Stalin.

Lei mi dirà: e che sta a dire questo? Trotsky avrebbe preferito che la rivoluzione comunista fosse stata diffusa nel mondo, Stalin no: tu sei pazzo, la rivoluzione dobbiamo farla in casa e poi si vedrà.

Giacomo spiegava: il messaggio di Gesù va diramato tra i giudei, esattamente il pensiero contrario di Paolo, il quale auspicava una circolazione ben più ampia».

Perché questa figura imponente non ha mai avuto la stessa alta l’attenzione di altri?

«Paolo viene trascurato dalla liturgia e dalla popolarità. Vuoi mettere i santi Francesco, Gennaro, Antonio? Chi lo conosce ‘sto Saulo di Tarso?

Nessuno sa che vita ha condotto, chissà che cosa rappresenta l’apostolo delle genti! Non lo sa nessuno. Questo libro è stato creato, o meglio scritto, per il fascino che quest’uomo mi ha trasmesso».

Non era bello, fra l’altro, secondo certi ritratti…

«Per niente. Paolo era basso, calvo, con un naso molto ebraico e gambe arcuate, ma con una forza taurina incontenibile.

Una sola volta subì uno smacco in tutta la sua vita: accadde quando il missionario andò a predicare all’Areopago di Atene e cominciò a parlare di un profeta e tutti parevano incuriositi, ma quando lui disse: “E dopo tre giorni Gesù resuscitò” si levò un urlo dalla platea: “Torna quando non hai bevuto”.

Non lo dico io, bensì Luca negli atti degli Apostoli. Semplice: i greci non credevano nella resurrezione».

Senza Paolo che fine avrebbe fatto il Cristianesimo?

«Le fonti su Gesù sono robetta. Come ben sapete io non sono cattolico e vedo le cose dall’esterno. Parliamo di Maria. Nei Vangeli canonici, quelli ufficiali, per usare un termine cinematografico, lei ha due scene: alle nozze di Cana e ai piedi della Croce.

Poi ancora nella Pentecoste, fine. Quindi Maria scompare dalla narrazione, non la vediamo mai più, non sappiamo nemmeno dove è morta. Eppure pensate oggi nei Paesi cattolici cosa è diventato il culto di Maria, un’esagerazione rispetto al tempo.

Gesù lo stesso: due righe qui, due righe là. Ecco, forse solamente grazie a Paolo Gesù è diventato uno dei maggiori protagonisti della storia dell’umanità».

Come l’avrebbe presa il Saulo di Tarso nel vedere la Chiesa sempre più lontana dalla spiritualità delle origini?

«Gesù, malissimo. Paolo un po’ meno male, credo. Perché lui aveva anche un’idea politica della religiosità: parla dello Stato, dell’obbedienza alle autorità, quindi sfiora la politica, al contrario di Gesù.

Se poi qualcuno gli avesse detto che la religione cristiana sarebbe diventata uno Stato, appunto, con un esercito, un pontefice, un inno, una bandiera, avrebbe detto: anatema!».

È vero che Paolo non era tenero con le donne?

«L’argomento è contraddittorio: da una parte diceva che le donne non devono sedere in assemblea. Poi quando a Corinto Paolo incontrerà una donna, e se ne innamorerà, ne avrebbe voluto fare una diacona, ammessa al culto.

E col sesso? Lui raccomandava la castità. “Io non ho problemi a esserlo, diceva, ma chi proprio non ce la fa, si sposi”».

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