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Bracconaggio, così in cinque anni gli elefanti rischiano di scomparire

A lanciare l'allarme Malcolm Ryen, biologo e ricercatore in Tanzania. Che aggiunge: "Per fermare il massacro non servono donazioni ma il bando del commercio dell'avorio e più impegno nella lotta contro i trafficanti"

2 minuti di lettura
È STATA approvata nel 2006 una legge internazionale che ha rimesso sul mercato l'avorio dopo otto anni di bando totale. Il testo comprendeva la regolamentazione sulle quantità da immettere nel mercato. Ma la domanda nell'arco di questi anni ha cominciato a eccedere l'offerta. E si è riaperta la porta drammatica del traffico illegale che sta decimando la popolazione degli elefanti.

A oggi, se questo è il ritmo, in cinque anni spariranno. A lanciare l'allarme è Malcolm Ryen, quarantenne biologo angloitaliano ricercatore in Tanzania, da vent'anni in Africa: "In otto anni abbiamo perso circa 70mila elefanti, quasi diecimila l'anno, il 65% della popolazione di questo paese. E il resto dell'Africa non è certo messo meglio. Non conosciamo il numero preciso di pachidermi esistenti, ma si teme che dai 500mila del 2006 si sia passati oggi a meno della metà. A questo ritmo entro cinque anni non ce ne saranno più".

La riesumazione della legge è opera del Cites (Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione), compresa nelle attività del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP) e di Traffic (Trade Records Analysis of Flora and Fauna in Commerce), agenzia del Wwf, network internazionale con il compito di effettuare il monitoraggio del commercio internazionale delle specie di flora e fauna. La pressione di Cina e Giappone, tra i paesi più attivi nella domanda di avorio, ha fatto sì che la legge che aveva fermato, non eliminato, il bracconaggio di elefanti (che negli anni '70 e '80 aveva raggiunto livelli disastrosi), riprendesse vita per ragioni politiche e commerciali.
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Dal 1989, anno del bando, l'epidemia del bracconaggio si era sensibilmente ridotta, il prezzo dell'avorio abbassato e la popolazione dei pachidermi aveva ricominciato a crescere. Poi cosa è successo? "Nel 1997 alcuni stati africani hanno chiesto di poter vendere l'avorio che avevano accumulato tramite le morti naturali nei dieci anni in cui il bracconaggio era fortemente diminuito", racconta Malcolm. "E il Cites, con il benestare del Traffic, ha acconsentito all'acquisto di 50 tonnellate da parte del Giappone, cancellando con una singola vendita speciale il bando mondiale del commercio. Non contento del primo danno, nel 2006 ha permesso alla Cina di diventare compratore di altre 60 tonnellate da immettere nel mercato a cinque all'anno per 12 anni". Queste quantità non bastano più. All'ultima conferenza Cites del 2013, la Cina ha pubblicamente dichiarato che il suo fabbisogno annuale è di 200 tonnellate, equivalente a 20mila elefanti l'anno.

L'avorio è diventato un super-investimento: i 150 dollari al chilo del 2006 sono diventati 2300. E il massacro degli elefanti sta dilagando in tutti i paesi africani. Non basta trovare e colpire i bracconieri. Nel 2013 su 1500 sospetti arrestati, il 70% è uscito dal carcere, del 30% rimanente il 25 ha pagato una multa di 500 dollari e il 5% se l'è cavata con qualche mese di reclusione. "Ora c'è la corsa per dare fondi all'Africa per l'antibracconaggio", continua Ryen. "Sì, è importante, ma i fondi già ce li abbiamo. Le aree protette in Tanzania incassano ogni anno 200 milioni di dollari. Non siamo poveri qui in Africa. Per vincere, gli imperativi sono due: 1) bando totale mondiale del commercio di avorio 2) colpire i trafficanti con intelligence e impegno. Non servono droni o elicotteri."
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Ovunque venga smerciato l'avorio provoca morte, conflitti e business. Si trasforma in soldi, oggetti vari come pettini, segnalibri, timbri, statue, e armi. L'"oro bianco" che arriva in Cina e in Giappone attraverso i paesi più poveri come il Sud Sudan, infatti, è utilizzato dai più famigerati gruppi armati africani per finanziare le proprie attività. Tra queste il Lord's Resistance Army, l'Esercito di resistenza del Signore, gruppo ribelle di guerriglia di matrice cristiana che opera principalmente nel nord dell'Uganda, in Sudan del Sud, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana.

La soluzione, secondo Ryen, può essere solo drastica: "Donors di tutto il mondo, dalla banca mondiale alla comunità europea, al USaid e varie organizzazioni di cooperazione internazionale, il mio messaggio è: non sprecate più soldi, esigete commitment e risultati. Non servono tanti soldi per perseguire i ben protetti trafficanti", così, con un appello alla comunità mondiale per mettere definitivamente al bando il commercio dell'avorio, Malcolm Ryen conclude la sua denuncia.