
Eppure, da allora ad oggi, la nostra capacità di prevedere e gestire le turbolenze della società e dell'economia non è certo aumentata. Molti ricorderanno che nel novembre del 2008, in visita alla London School of Economics, la Regina Elisabetta attaccò duramente gli economisti, colpevoli di non aver saputo prevedere l'ultima crisi. In seguito, qualche economista si risentì. Roncaglia, ad esempio, puntualizzò che l'accusa della sovrana inglese poteva essere riferita solo agli economisti mainstream, mentre gli altri qualche segnale che le cose non andassero proprio per il verso giusto l'avevano colto... (Economisti che sbagliano. Le radici culturali della crisi, Laterza 2010). E meno male, verrebbe da dire. Il punto è: perché l'economia mainstream è incapace di cogliere quei segnali? E, soprattutto, cosa fare per dare fiato alle voci deboli ed isolate degli economisti eterodossi? Perché si sente parlare di economisti eterodossi solo proposito della decrescita felice?
Il 18 novembre del 2010, nel suo discorso d'insediamento alla Presidenza della BCE, Jean-Claude Trichet - che, a differenza di Simon, proveniva dalla politica e non dal mondo accademico - offrì un'alternativa interessante all'economia mainstream. Trichet spiegò che la razionalità olimpica per definizione non serve a capire quel che succede nei periodi di crisi. Occorre, insisteva il neo Presidente della BCE, modellare gli individui come entità eterogenee e non necessariamente ottimizzanti. Ma per far questo, raccomandava, bisogna ricorrere al contributo di altre discipline, come la psicologia, e di strumenti metodologici innovativi, come gli Agent Based Models (ABM), che permettono di riprodurre individui eterogenei, non necessariamente ottimizzanti, sul computer, e di osservare l'effetto macroscopico delle loro interazioni.
L'economia nordamericana se n'era già accorta. In un articolo apparso nel 2009 su Nature, si afferma senza mezzi termini la necessità di ABM in economia. L'equipe di Obama, si legge su Nature, diffidando dell'efficacia dei modelli quantitativi tradizionali per uscire dalla crisi, si guardava attorno in cerca di nuovi strumenti.
L'anno successivo, l'Economist fa eco a Nature con un pezzo dal titolo Agents of Change nel quale si mette in discussione l'approccio quantitativo tradizionale, ribattezzato come DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium ). In uso presso la Federal Reserve ed altre banche centrali, l'approccio DSGE si basa ancora una volta sulla razionalità olimpica e sull'idea che gli individui raggiungano un equilibrio ideale interagendo attraverso il sistema dei prezzi. L'interazione diretta fra gli individui è invece ignorata dall'approccio DSGE. Ma in tempi di crisi, come suggeriva Trichet, l'approccio DSGE offre prestazioni insufficienti, perché, nonostante il titolo, è un modello essenzialmente statico, in cui gli individui tendono a prendere decisioni ottimizzanti in base a regole statiche, e dà conto di minori fluttuazioni intorno all'equilibrio. Gli ABM invece non raggiungono necessariamente un equilibrio e il comportamento di ciascun individuo è influenzato in molti modi, diretti e indiretti, dal comportamento degli altri. Una vera rivoluzione per l'economia tradizionale, decisiva per l'economia della crisi o fuori dall'equilibrio (out-of-equilibrium; si veda NESS, Non-Equilibrium Social Science, la rete di scienziati ABM, di cui fanno parte economisti come Joseph Stiglitz e Alan Kirman, che studiano le società e le economie reali).
La domanda è se a fronte di nuove turbolenze (come la vicenda greca), i governi europei abbiano appreso la lezione e si guardino attorno, come accade in Nord America. Se a cinque anni dal discorso di Trichet, qualcun altro in Europa, al di fuori del mondo accademico, si è accorto che l'economia e la società sono sistemi intrinsecamente fuori equilibrio.
* Direttrice del laboratorio di Agent Based Social Simulation, ISTC-CNR