
Sul nostro pianeta tre piante su quattro che danno frutti commestibili dipendono completamente, o in parte, dall’impollinazione. Secondo i dati della Fao il 35% delle superfici agricole del mondo deve la propria fertilità agli impollinatori: api, uccelli, farfalle, pipistrelli, oltre al vento e all’acqua. Mettere al sicuro la loro vita significa garantire la biodiversità delle piante. In Italia, per temperatura e vegetazione, l’ape è molto diffusa: ci sono 1,2 milioni di arnie, ognuna con una media di 50mila api, tutte agli ordini della Regina. Sessanta miliardi di insetti gialli e neri in cui le 24mila sottospecie presenti in natura sono quasi tutte rappresentate. Ma rischiano, a causa della siccità e del clima impazzito, di diminuire e perdere efficacia nel loro prezioso lavoro, come denunciato anche dalla Coldiretti che, per quest’anno, parla di un raccolto del miele praticamente azzerato.
I pericoli della siccità e degli sbalzi di temperatura
Il riscaldamento globale e il clima impazzito mettono a rischio l’impollinazione delle api, con
conseguenze disastrose per la produzione del miele. Il problema non è soltanto il decesso di alcuni esemplari: molti vengono disorientati dai cambiamenti esterni ed è come se si perdessero per strada. "In Italia nessuna zona è esclusa – spiega Claudio Cauda, presidente degli Apicoltori professionisti italiani (Aapi) -. Al Sud e in Sardegna la siccità minaccia i prati, limitando così le aree su cui volano le api. Al Nord, soprattutto in Piemonte e Lombardia, tra i maggiori produttori di miele d’acacia per la massiccia presenza di questi alberi, la produzione di miele viene invece messa in discussione da fenomeni atmosferici repentini e dannosi".
Agricoltura, i danni delle monocolture
Le modifiche che subisce il suolo dipendono in parte anche dall’uomo. Per l’agricoltura intensiva e per le monocolture le api sono vitali, ma allo stesso tempo ne mettono a rischio l’esistenza. "Questi insetti impollinatori – spiega Floris – permettono a susine, albicocche, ciliegie, mandorle e molti altri frutti di arrivare nelle nostre tavole. Ma per farlo nelle grandi coltivazioni ci si serve di apicoltori e arnie perché nei terreni a monocoltura intensiva le api selvatiche non vanno spontaneamente a proliferare". E l’avanzamento dei campi provoca lo spopolamento degli alveari anche in Italia: "Un nuovo pericolo nel nostro Paese – precisa Cauda – è dato dalla crescita delle piantagioni di nocciolo, un albero che non dà nettare e che viene protetto facendo uso di diserbanti".
I pesticidi e le regole dell’Unione europea
A mettere a repentaglio il lavoro e la vita delle api, però, sono anche i pesticidi e gli antiparassitari che vengono utilizzati in agricoltura. Sia gli studiosi che gli addetti ai lavori sono concordi sul fatto che, rispetto al passato, sia cresciuta nelle grandi aziende la sensibilità verso l’utilizzo di prodotti meno nocivi, ma si è ancora lontani dalla diffusione capillare di sostanze che rispettino a pieno gli ecosistemi. "Con i prodotti utilizzati in passato si assisteva a veri e propri stermini di api che, dopo il trattamento dato alle piante, morivano sul colpo. I pesticidi usati in gran parte oggi non sono letali, ma hanno un effetto subletale. Gli insetti – chiarisce Floris - entrano in contatto con le sostanze rilasciate dalle piante o che trovano nell’acqua e vengono disorientati, perdendo di vista il rapporto con il fiore".Dallo scorso anno la Commissione europea ha vietato l’utilizzo di tre neonicotinoidi, l'Imidacloprid e il Clothianidin della Bayer e il Tiamethoxam della Syngenta, che l’Italia aveva messo al bando già nel 2008. Un provvedimento arrivato dopo un altolà parziale nel 2013 e gli studi dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). “È stata una grande vittoria ma non basta – ammonisce Francesco Panella, presidente di Bee Life, associazione europea apistica e agricola che ne raccoglie 17 nazionali –. Bisogna cambiare le modalità di autorizzazione delle molecole. Noi facciamo sempre pressione sulla Commissione europea, ma stavolta l’Ue non c’entra. Sono i singoli Paesi membri ad aver impedito, fino ad ora, l’attuazione di regole che tutelino gli impollinatori e di misure precauzionali". Un altro fronte, poi, è quello del glifosato, al centro del dibattito per i suoi effetti cancerogeni. Lo scorso anno uno studio dell’Università del Texas ha dimostrato il suo impatto nocivo sulle api. "Questi insetti – conclude Panella – sono la punta dell’iceberg del declino delle fondamenta della vita. La loro diminuzione emoziona meno di quella di orsi polari e koala, ma senza di loro il ciclo vitale di piante e fiori salta".