Un pianeta caldo, con condizioni climatiche simili a quelle che si registrano oggi nel deserto del Sahara, ovvero una temperatura media di 29 gradi. Un mondo invivibile che sarà realtà quotidiana per un terzo degli esseri umani. È questo lo scenario quanto mai avvilente presentato dall'ultimo studio ”Future of the human climate niche«, pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Science, e condotto da un gruppo di ricercatori in Cina, Europa ed America. La ricerca rivela che entro il 2070, senza una drastica riduzione delle emissioni a effetto serra, la temperatura media percepita dall'uomo si alzerà di 7,5°C. Una variazione che, a seconda degli scenari di crescita della popolazione, porterà da uno a tre miliardi il numero di persone che si troveranno a vivere al di fuori delle condizioni climatiche in cui la civiltà ha prosperato finora. Una nicchia di temperatura media annua che si aggira sui 13°C, e che ha dato il via alla società come la conosciamo oggi, dai primi insediamenti dell'Olocene fino alle megalopoli di oggi.
La nostra nicchia climatica a rischio
Per giungere a questi risultati ”abbiamo esaminato la distribuzione attuale della popolazione e i dati relativi alla distribuzione della popolazione passata, confrontandoli con i dati climatici nei periodi pertinenti e tracciando la densità della popolazione umana in funzione della temperatura media annuale e delle precipitazioni medie annuali«, spiega a La Stampa Tim Lenton, coautore dello studio, climatologo e direttore del Global Systems Institute dell'università di Exeter. A dimostrazione che la maggior parte della popolazione ha vissuto e vive ancora oggi in un'area di optimum climatico.
Per confermare la tesi i ricercatori hanno anche ”analizzato la produttività delle colture, degli allevamenti e diverse altre variabili per il clima attuale confrontandole con quello passato«. Dimostrando che per migliaia di anni, le popolazioni umane hanno risieduto nella stessa parte del globo e delle terre emerse che concedeva loro di prosperare: una nicchia ecologica ristretta che ora, in un arco di tempo relativamente breve, cambierà rapidamente e potrebbe diventare un sogno per un terzo della popolazione mondiale. ”Come tutti gli animali sembra che anche noi abbiamo una nicchia climatica, cioè una particolare gamma di temperature e livelli di pioggia che preferiamo«, continua Lenton. ”La temperatura è quindi il limite più importante, anche se agli umani non piace vivere in un clima nemmeno troppo secco«.
3,5 miliardi di migranti climatici
Ma se il genere umano si è sviluppato in una nicchia così ristretta per migliaia di anni, cosa accadrebbe se questa diventasse invivibile nel giro di una generazione? Gli esseri umani per continuare a sopravvivere sarebbero costretti a muoversi verso nuove nicchie ecologiche più ospitali. Così come già accaduto in passato, ma mai con questi numeri. Questo studio infatti rivede le stime al rialzo, perché ha confrontato i diversi fattori che permettono all'uomo di vivere e progredire. Se pensiamo che oggi solo il 3 per cento della popolazione mondiale vive al di fuori del proprio luogo di nascita, significa che avremo, potenzialmente, un numero di migranti climatici dieci volte più altro di quello attuale. Secondo i ricercatori resta comunque difficile prevedere la rilevanza di tali migrazioni, questo perché spesso le persone preferiscono non migrare. Lasciando gran parte della popolazione mondiale, che già si trova in aree in via di sviluppo, ad essere la più esposta agli effetti dei cambiamenti climatici.
Le analogie tra la crisi da coronavirus e quella climatica
L'emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha portato recentemente l'Agenzia internazionale dell'energia a stimare una riduzione di circa l'8 per cento delle emissioni di CO2, più o meno ciò che ci servirebbe per rimanere su trend accettabili di aumento delle temperature medie globali (+1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali). Ma cosa accadrà quando la crisi sanitaria sarà passata? ”Dobbiamo uscire dalla crisi attuale puntando verso una nuova direzione e verso le zero emissioni nette di gas serra entro la metà di questo secolo«, conclude Lenton. ”In questo modo potremo limitare un'enorme quantità di sofferenza e di migrazioni«. L'attuale pandemia ha mostrato come la società sia in grado di reagire di fronte a delle crisi globali. Non ci resta che applicare questa capacità di reazione alla crisi climatica, ripensando ai modelli economici e di sviluppo, e mettendo al centro un benessere diffuso, piuttosto che una crescita infinita e non più raggiungibile.