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L'intervista

Lo chef Massimo Bottura: "Niente più scuse, ci vuole una cucina di responsabilità"

Lo chef Massimo Bottura: "Niente più scuse, ci vuole una cucina di responsabilità"
"Ci sono 7 miliardi di persone sulla terra, 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecate ogni anno. Il 33% della produzione annua va in malora mentre 860 milioni di persone non hanno da mangiare". Lo chef racconta la sua ricetta sostenibile
4 minuti di lettura

“Volere bene al mondo. Volere bene al prossimo e tutelare i suoi diritti. Non chiudersi mai. Ricordare che i piccoli gesti, sommati a quelli degli altri, possono ottenere grandi risultati”. Ecco ciò di cui noi e il pianeta abbiamo bisogno. Parola di Massimo Bottura, chef del ristorante tre stelle Michelin la Francescana a Modena, che al successo nell’alta cucina abbina l’impegno sociale. Lo fa grazie alla onlus Food For Soul creata con la moglie Lara Gilmore e col sostegno ad associazioni come il Tortellante, laboratorio terapeutico dove ragazzi nello spettro autistico producono pasta fresca. Acclamato dalla critica gastronomica, più volte numero uno nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants, è anche ispirazione per quanti si dedicano a progetti di sostenibilità. Non a caso è arrivata la nomina come Goodwill Ambassador per il Programma per l’Ambiente dell’Onu, un riconoscimento per la sua battaglia contro lo spreco di cibo e il diritto di tutti a un’alimentazione sana. “Ci sono 7 miliardi di persone sulla terra. 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecate ogni anno. Il 33% della produzione annua va in malora mentre 860 milioni di persone non hanno da mangiare”. Lo chef snocciola questi numeri e declina la sua idea di responsabilità sociale e sostenibilità.  

Alimentazione, Massimo Bottura: il cambiamento inizia a tavola


Per questo il suo mantra, che si è anche tatuato sul braccio, è “No more excuses”?
“Sì. Niente più scuse. Il cambiamento parte dalle nostre azioni quotidiane in cucina, per poi allargarsi ai tavoli conviviali e sensibilizzare intere comunità, che a loro volta passeranno all’azione fino a trasformare il sistema alimentare in un modello più salutare e sostenibile. Niente scuse è una frase chiara, luminosa e leggibile come la scritta al neon che campeggia sul primo Refettorio aperto durante Expo Milano 2015. L’ha pensata Maurizio Nannucci, che con altri quattro artisti, Carlo Benvenuto, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Gaetano Pesce, ha contribuito a realizzare un sogno. Niente più scuse vuol dire che è il momento di intervenire, di sporcarsi le mani nella vita e nelle vite, anche in quelle complesse e fragili”.

Proprio le vite più fragili trovano accoglienza nei Refettori. Come li ha ideati?
“Come luoghi in cui ho condensato tutto me stesso, cucina, arte, impegno sociale, solidarietà, ecologia, zero sprechi: mille slanci per un solo salto, non nel vuoto, ma in avanti.

Recuperare il cibo destinato al macero, cucinando per le persone ai margini. È tutto collegato?
“Io collego tutto per natura, accendo tutto me stesso e alzo anche il volume. La dignità è una cosa che un uomo non deve mai essere messo in condizione di perdere. Food For Soul nasce anche per questo. Ed ecco perché i refettori non sono progetti di carità, ma progetti culturali”.

Per questo insiste spesso sul concetto di bellezza. Ma che cosa vuol dire concretamente?
“Concreto e bellezza non sono concetti che parlano lo stesso linguaggio. Anzi la bellezza è idealmente muta, sempre in ascolto e sempre in immobile trasformazione. Muta in un doppio significato: muta perché non parla e muta perché si reinventa. È come il nord magnetico, ti orienta, ti condiziona e non ti fa smarrire la rotta. Attraverso la bellezza e grazie agli artisti che hanno gratuitamente collaborato ai Refettori, abbiamo imparato che si ricostruisce la dignità delle persone. Gli individui non sono solo stomaco, accanto al problema della fame c’è anche quello dell’isolamento. Come insegna Camus, la bellezza non fa le rivoluzioni, ma verrà un giorno in cui le rivoluzioni avranno bisogno della bellezza”.

Come si concilia la contraddizione, tra l’offrire un’esperienza gourmet in un grande ristorante e la consapevolezza della fame nel mondo?
“La Fame (F maiuscola) non ha niente a che fare con l’idea del sedersi al tavolo di un ristorante fine dining. Questa Fame io non l’ho mai sperimentata. Posso solo, a fatica e con dolore, immaginare cosa significhi provarla sul proprio corpo. Ma ho troppo rispetto e sacro terrore di quella Fame per poterla affiancare al mio concetto di cucina. Il nostro mondo che, appunto, non conosce la Fame, dovrebbe concentrarsi a lungo, per provare a sentire i colpi che essa batte sulla porta di chi ne soffre, di figurarsi come si possa affrontare la quotidianità con questo spettro che condiziona e conquista ogni pensiero. Ecco, una volta raggiunta questa consapevolezza, agire per costruire qualcosa per chi ha Fame, verrà naturale. Cucinare per me è sempre un gesto d’amore, alla Francescana, a casa con la mia famiglia o nei Refettori”.

Come le sembra la situazione in Italia, gli chef sono su questa lunghezza d’onda?
“Non solo gli chef. Solo perché un cuoco si occupa di cibo non vuol dire che sia più titolato o responsabilizzato nell’impegno contro la Fame. Ho la sensazione che i giovani di oggi siamo molto più responsabili di quanto lo eravamo noi. Sono molto fiducioso per il futuro”.

Da neo Goodwill Ambassador Onu ha già nuovi progetti? E con Food for Soul?
“Sto vivendo la stessa vita che vivevo prima e sto facendo le stesse cose che facevo prima e che mi hanno portato a questa importantissima nomina e le sto facendo con ancora più amore. Stiamo per aprire il Refettorio a Lima e ristrutturando quello di New York. C’è una novità importantissima ovvero la partnership con Google Arts & Culture. Abbiamo creato una piattaforma interattiva attraverso la quale Food for Soul potrà condividere in modo ancora più coinvolgente una serie di contenuti che raccontano la filosofia e le iniziative dell'organizzazione. Questo rappresenta il primo passo di una collaborazione attraverso la quale Google Arts & Culture supporterà l’organizzazione nel suo impegno verso un sistema alimentare salutare ed equo. Attraverso questa piattaforma sarà possibile entrare virtualmente all’interno dei Refettori, per viverne l’atmosfera e ammirare la bellezza delle opere d’arte e delle installazioni. Questo strumento permette alla filosofia di Food for Soul di diventare tangibile e accessibile a tutti: si potranno vedere i piatti creati con le eccedenze alimentari e si potranno ascoltare le storie di ospiti e volontari. Saranno disponibili le ricette e i consigli di tutta la famiglia della Francescana e degli chef dei vari Refettori, che inviteranno tutti a scoprire come un sistema alimentare sano può giocare un ruolo primario nel trasformare la nostra società verso un modello più sostenibile. Attraverso questa piattaforma Food for Soul è in grado di lanciare una Call to Action rivolta a tutti.

Il cambiamento culturale deve passare anche dalla scelta di diversi ingredienti?
“Deve vincere l’idea, la poesia, la suggestione. Per un piatto posso avere bisogno del pane secco, per un altro del tartufo bianco d’Alba. Per un terzo possono convivere entrambi. Non è il costo della materia prima che salva il mondo o purga i peccati. Dietro un prodotto, da quello più umile a quello di lusso c’è sempre gente che lavora e ha uno stipendio. Occorre rispettare tutti i lavoratori. Occorre rispettare la terra e le stagioni”.