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La rivoluzione sostenibile del pallone

Un rendering dell'Eco Park, lo stadio che ospiterà le gare del Forest Green Rovers
Un rendering dell'Eco Park, lo stadio che ospiterà le gare del Forest Green Rovers 
Stadi a emissioni zero, magari costruiti in legno e con pannelli fotovoltaici, magliette con materiale riciclabile, catering plastic free, alberi piantati per compensare le emissioni prodotte. Il mondo del calcio cerca una strada verde che non sia solo quella del campo di gioco. Tra piccoli e grandi club alcune storie virtuose da raccontare
2 minuti di lettura
Squadre a emissioni zero, la rivoluzione verde del pallone. Il messaggio è partito qualche tempo fa dalla periferia inglese, nel Gloucestershire, dove gioca il Forest Green Rovers, The World's Greenest Football Club, come riporta con orgoglio il suo sito, il club di calcio più verde al mondo, primo a ricevere il certificato di carbon neutral, due anni fa. E con il nuovo stadio (che sarà costruito...), l'Eco Park Stadium, con certificazione Onu, interamente in legno, a impatto zero, con il 10% dell'energia elettrica proveniente da pannelli fotovoltaici installati in una delle tribune dell'impianto e una parte dell'acqua impiegata per irrigare il campo che sarà recuperata con sistemi di accumulo della pioggia. Insomma, l'evoluzione dell'impianto attuale del Forest, il New Lawn, che pure è impianto green, con l'energia al 100% tratta da fonti rinnovabili e quasi 200 pannelli solari piazzati sui tetti, le colonnine per la ricarica delle auto elettriche nel parcheggio e il robot tosaerba elettrico, Etesia, a guida autonoma che tiene in ordine il terreno di gioco. Sempre al Forest c'è il menù vegano per i tifosi, la maglia dei calciatori al 50% in bambù. Una storia ecocompatibile partita nove anni fa grazie al progetto del proprietario del Forest, Dale Vince, che è pure il capo di Ecotricity, una delle compagnie nel campo dell'energia green nel Regno Unito.
 

Ma il piccolo club inglese non è un caso isolato: i pericoli per il clima, dal surriscaldamento globale alla qualità dell'aria, sembrano essere recepiti dal football britannico. Sono stati i tifosi (l'84% degli interpellati in un sondaggio di YouGov) a spingere per esempio per l'utilizzo di materiale riciclabile negli stadi. Dunque, inquinare meno, corsa alla riconversione. In Premier League, prima del via alla pandemia molti club di Premier avevano aderito a Sky Ocean Rescue, programma globale promosso dalla tv (Sky Sports) che detiene i diritti del torneo. Obiettivo: far sparire la plastica monouso dagli stadi entro quest'anno, finanziare con 25 milioni di sterline progetti eco-innovativi. E poi, allenatori e atleti testimonial tra scuole e associazioni per accelerare sull'educazione green. Ma i club hanno sviluppato anche programmi individuali: il Manchester City di Pep Guardiola appoggia la campagna Show the Love, completando il suo centro sportivo con un impianto di riciclo che risparmia l'83% dell'acqua e impiantando duemila alberi. Al Manchester United, dove il manto del leggendario Old Trafford, è irrigato con acqua piovana senza pesticidi, la raccolta differenziata dei rifiuti è minuziosa e persino gli avanzi di cibo dei tifosi vengono raccolti e portati in un impianto di eco-compostaggio, si è aderito ad un'altra iniziativa insieme alla ONG americana Parley for the Oceans, nata per ripulire gli oceani: un kit della terza maglia del 2019 in plastica riciclata. Il messaggio ambientalista è particolarmente diffuso nello sport americano (Nfl e Mls), meno nel calcio europeo.
 
In Italia, la Juventus è stata la prima società a sottoscrivere l'UNFCCC Sports per Climate Action Framework, che vede la sigla anche di Fifa, Uefa e CIO, che riunisce la comunità sportiva mondiale nella lotta contro i cambiamenti climatici, in linea con l'Accordo di Parigi. L'Allianz Stadium, la casa dei bianconeri, è il primo impianto ecocompatibile al mondo, per costruirlo sono stati riciclati i materiali del precedente stadio, il Delle Alpi (costruito per i Mondiali di Italia '90), mentre il calore è fornito da un impianto di teleriscaldamento. E poi, pochi club, Genoa, Sampdoria e Cagliari, hanno imposto, sempre prima della chiusura degli stadi a causa del Covid-19, ai sostenitori di non utilizzare prodotti di plastica, fazzoletti, bicchieri, posate. Ma la strada verso politiche free plastic e carbon neutral è ancora lunga, così come in Spagna: solo il Betis Siviglia, nella scorsa stagione ha abbracciato la politica verde con il suo centro di allenamento da 50 ettari a emissioni zero ed energia in arrivo da pannelli solari, acqua riciclata, mezzi di trasporto elettrici. Va meglio invece in Bundesliga. Le politiche anti inquinamento delle società hanno prodotto il matrimonio tra il Werder Brema e il fotovoltaico, con 200 mila celle solari allo stadio, con energia sufficiente per 300 appartamenti. L'impianto dell'Augsburg è invece la prima arena carbon neutral, sulla scia del Mainz, il primo club di Jurgen Klopp, impegnato nella riduzione delle emissioni da dieci anni. E se nello stadio del Borussia Moenchengladbach c'è il pozzo in loco che supporta l'approvvigionamento idrico, l'Hoffenheim dal 2019 pianta alberi in un foresta ugandese (a Kikonda) per compensare le emissioni di carbone prodotte, circa tremila tonnellate di CO2, durante le partite casalinghe in Bundesliga.