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IL LIBRO

L'intelligenza delle api, passione di Sherlock Holmes

L'intelligenza delle api, passione di Sherlock Holmes
Leggendo "In cerca delle api" di Francesco Nazzi si può imparare molto sulle api, ma anche sulla biologia, sui meccanismi della ricerca scientifica e sulle sue applicazioni pratiche, e su noi stessi, su quanto bene o male possiamo fare al pianeta e al nostro futuro
2 minuti di lettura

Sherlock Holmes era un appassionato studioso delle api e infine apicoltore. C’è una ragione per la quale Sir Arthur Conan Doyle scelse di attribuire questa passione allo straordinario personaggio da lui creato. L’intramontabile Sherlock analizzava con il suo metodo deduttivo la complessità della natura umana e della società degli uomini per individuare i colpevoli dei misfatti e non poteva non essere un grande rilassante piacere per lui utilizzare lo stesso metodo per analizzare i fatti, non i misfatti, di una società assai complessa ma ‘buona’ come l’alveare. Sherlock aveva ragione, quello delle api è un mondo fascinoso, l’alveare è una società complessa e organizzata e un esempio straordinario di come funziona la natura e di come noi uomini possiamo interagire con essa essendone amici e ricavandone dei frutti senza danneggiarla oppure esserle nemici estraendo risorse e danneggiandola. In cerca delle api di Francesco Nazzi è una sorpresa. Leggendolo si può imparare molto sulle api, ma anche sulla biologia, sui meccanismi della ricerca scientifica e sulle sue applicazioni pratiche, e su noi stessi, su quanto bene o male possiamo fare al pianeta e al nostro futuro.

 

Le api sono degli insetti, esseri quindi di una complessità immensamente inferiore per esempio rispetto ai mammiferi, ma poiché vivono insieme in comunità che arrivano fino a 50 mila esemplari, è la loro complessità collettiva, che è quella di una società organizzata, a diventare rilevante. Perché l’alveare è una società organizzata davvero, con i suoi ruoli e con un suo articolato linguaggio.

 

Le api, scopriamo leggendo il libro di Nazzi, hanno un sofisticato sistema di comunicazione in parte chimico, attraverso l’emissione di feromoni che spingono o inibiscono certe funzioni, ma in parte attraverso comportamenti. Sono in grado di comunicare la presenza di un pericolo, di fare la scelta di un luogo dove insediarsi, di indicare la direzione e la distanza di un luogo favorevole per la raccolta di nettare. Non solo costruiscono con perfezione ingegneristica le cellette esagonali del favo ma disinfettano quelle nelle quali si dischiuderanno le larve, imbalsamano i cadaveri dei piccoli predatori che riescono a neutralizzare ma non a portare fuori dall’arnia, sanno mantenere la temperatura e l’umidità necessaria per la riproduzione e per la conservazione del miele. Insomma sono straordinarie. E sono enormemente utili. Non solo per il miele che producono ma per il loro ruolo di impollinatori, fondamentale per mantenere la varietà della flora ma anche, e forse soprattutto, perché contribuiscono sostanzialmente all’impollinazione di circa i tre quarti delle colture importanti per l’alimentazione umana.

 

Il problema è che la loro sopravvivenza è a rischio. La prima moria di massa è del 2006 e da allora la tendenza alla riduzione della loro presenza non è stata invertita. Le cause sono tante e non ancora del tutto chiare. Sappiamo con certezza che una è il cambiamento del paesaggio rurale, l’agricoltura intensiva con l’utilizzo smodato di agrofarmaci letali e di antiparassitari è un fattore cruciale, l’invasione di parassiti e virus patogeni ne è un altro e l’inquinamento, i cambiamenti climatici e la cementificazione fanno la loro parte. Le api sono un termometro che ci segnala che la febbre è alta e che è ora di cominciare la cura.

 

In cerca delle api
di Francesco Nazzi (Hoepli)
(Pagine 141, euro 12,90)

 

Il libro