LONDRA. Ora è ufficiale: il 2020 è stato un annus horribilis per i colossi del petrolio. A causa della pandemia, certo, ma anche la crisi petrolifera russo-saudita lo scorso marzo che fece affondare il prezzo del greggio addirittura sotto lo zero e, infine, per l’inevitabile rivoluzione verde e a zero emissioni dei prossimi anni. Che, se da un lato impone a queste multinazionali di rigenerarsi e reinventarsi (e lo stanno facendo), dall’altro è ovviamente un grosso problema e al momento limita ancora di più gli affari.

Prendiamo BP, ossia British Petroleum, la più grande azienda petrolifera britannica. L’anno scorso ha registrato perdite per 4,75 miliardi di euro, dopo che nel 2019 gli utili erano stati pari a 8,3 miliardi. Dati così negativi non si vedevano dal disastro ambientale “Deepwater Horizon” nel Golfo del Messico di undici anni fa. Addirittura, se si calcolano gli asset che BP ha praticamente azzerato viste le previsioni sul mercato e sui prezzi di petrolio e gas a breve e medio termine, il buco arriva a 15 miliardi di euro, e solo nel 2020. Che, secondo l’amministratore delegato della compagnia britannica Bernard Looney, “sarà sempre ricordato come un anno che ha inflitto dolore e perdite. Ma contiamo di riscattarci tutti nel 2021”. BP ha tagliato nel corso degli ultimi 12 mesi circa 10 mila posti di lavoro in tutto il mondo e nell’ultimo trimestre 2020 è andata sotto del 96%.

BP ovviamente non è la sola multinazionale ad aver subito pesanti perdite in un 2020 in cui il prezzo medio di un barile di greggio Brent è crollato a 42 dollari, contro i 64 dell’anno precedente. Come ricorda il Financial Times, ExxonMobil, il colosso petrolifero più grande degli Stati Uniti, ha registrato perdite per la prima volta nella sua storia: nello specifico quasi 17 miliardi di dollari l’anno passato, perdendo non solo il 40% del suo valore complessivo di mercato ma pure un posto nel Dow Jones Industrial Average. Il suo ceo Darren Woods non ha usato mezzi termini: “L’anno più difficile di sempre”.
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Certo, si spera che l’emergenza pandemica presto finirà, ma non svaniranno i problemi a lungo termine, ossia una dipendenza sempre più evanescente, a livello mondiale, verso i combustibili fossili. Shell e Total, che pubblicheranno i loro bilanci (anch’essi negativi) la settimana prossima, hanno già espresso il loro deciso impegno a favore dell’energia pulita. Exxon si è ripromessa di tagliare decisamente le emissioni.

BP invece ha pubblicato un piano “verde” l’anno scorso per reinventarsi in vista delle nuove sfide. In particolare, la multinazionale britannica si è impegnata a diventare a zero emissioni entro il 2050, il primo annuncio del genere nel settore petrolifero, e a ridurre entro trent’anni del 50% le emissioni di CO2 dei prodotti che vende.