Pensare prima di comprare, pesare prima di cucinare”. È condensata in questa frase la filosofia di cucina di Davide Oldani sulla qualità, l’accessibilità e la sostenibilità del cibo. Pensare: perché ci sia consapevolezza di mirare solo alla freschezza, alla stagionalità, alla salubrità degli ingredienti. Pesare: perché evitare gli sprechi non vuol dire usare anche i cosiddetti avanzi, bensì non produrne. Idee chiare che Oldani applica nel suo D’O di Cornaredo, suo paese natale in provincia di Milano, che ha aperto nel 2003 diventando uno dei locali culto d’Italia (ormai storiche le liste d’attesa per sedersi a un suo tavolo), dove ha sviluppato la sua idea di cucina pop. Pop perché democratica, accessibile, intelligibile.
La ricetta di Davide Oldani: granita al caffè

Che cosa vuol dire promuovere una ristorazione sostenibile?
"Vuol dire sensibilizzare tutti sul valore del cibo e quindi, di riflesso, fare una cucina pop. Dove ci siano il rispetto della filiera, dal produttore al consumatore, dal contadino all’ospite del ristorante, fondamentale per offrire buon cibo, e soprattutto il rispetto per la natura e i suoi ritmi stagionali".
Si calcola che entro il 2050 saremo nove miliardi di persone sulla Terra. Come assicurare cibo per tutti? Produrre di più?
"No, anzi, produrre assolutamente meno. Valorizzare quello che il buon Dio ci dà, questo comporta seguire la stagione, non stressare i terreni. Faccio un esempio. Si è parlato di crisi della produzione del cacao, paventando che in futuro dovremo fare a meno del cioccolato. In realtà è che molti terreni vengono stressati per ottenere una produzione forzata, per avere raccolti tutto l’anno e alla fine la terra si impoverisce. Ma se rispettiamo la natura e i suoi ritmi non c’è bisogno di rinunciare al cioccolato".
Dunque, nel quotidiano cosa può fare ognuno di noi? E cosa può fare un cuoco?
"Sono convinto che alimentazione sana, cibo sostenibile, azione anti-spreco e grandissima cucina siano le facce dello stesso dado. La cucina sostenibile è tale se evita gli eccessi: in un pasto una sola volta i carboidrati e le proteine animali, per esempio. Tutto all’insegna dell’armonia: leggerezza, non ripetitività, prodotti di qualità. Certo io sono un cuoco quindi gioco con abbinamenti e cotture per soddisfare un lato edonistico. Ma il risultato sulla salute è lo stesso. Ma attenzione: quando parlo di sostenibilità, di azione anti-spreco non mi limito all’idea di valorizzare gli scarti. Non sprecare va oltre il ri-utilizzare. È che gli scarti non vanno proprio creati. Quando siamo al mercato dobbiamo acquistare solo ciò che serve in base a un menu prestabilito. Quando cuciniamo dobbiamo cuocere solo le quantità necessarie".
Nella motivazione per la stella verde si cita l’impegno nella formazione delle giovani generazioni. Lei ha investito molto sui ragazzi, in primis con la collaborazione per l’apertura e l’organizzazione dei corsi all’Istituto alberghiero di Cornaredo.
"Per me la prima sostenibilità è quella umana. A scuola e soprattutto nella gestione del lavoro al ristorante con turni sostenibili. Perché, oltre la sostenibilità del cibo, la protezione degli agricoltori, allevatori, cacciatori e pescatori, oltre alla tracciabilità, a monte c’è il fattore umano, l’investimento sui ragazzi che sono i futuri cuochi. I ragazzi devono essere innamorati della cucina, ma devono poter avere una vita privata senza rinunce. Non si può patire per il lavoro del cuore".
Come si diffonde la cultura della qualità della vita e del cibo?
"Inculcare il concetto che il cibo debba essere fresco per tutti. I maggiori scarti sono prodotti nelle case. Molto spesso si devono buttare prodotti scaduti perché se ne sono comprati troppi, perché non si è programmato bene la spesa, mettendo nel carrello cose che non servivano. Si è poco attenti. Basterebbe semplicemente prendere esempio da quello che facevano le nostre nonne e madri. Loro facevano cucina sostenibile non perché fosse di moda, ma perché non potevano fare altrimenti".
Per un futuro migliore prendere esempio dal passato.
"Io ho imparato l’economia della famiglia da mia madre, che seguiva le stagioni, aveva rispetto dei ritmi della natura e spendeva meno nutrendoci bene. La stagionalità comprende tutto".