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LO CHEF
Lo chef Alfonso Iaccarino a Punta Campanella
Lo chef Alfonso Iaccarino a Punta Campanella 

Alfonso Iaccarino: "Via la chimica dai nostri orti"

Il patron del "Don Alfonso 1890" di Sant'Agata sui due Golfi spiega perché ha deciso di convertirsi al biologico. "Qui combattiamo l’inquinamento alimentare"

2 minuti di lettura

La situazione è difficile. Aspettiamo e confidiamo nelle vaccinazioni, sperando che per l’estate ci siano per tutti». È un Alfonso Iaccarino preoccupato, ma non afflitto, quello che da Sant’Agata sui due Golfi pensa al futuro senza rinunciare all’ottimismo. 74 anni, neo-patriarca di una famiglia con all’attivo un ristorante e un resort fiore all’occhiello dell’ospitalità in Penisola Sorrentina, aperture consolidate in Asia (e imminenti in Usa) e riconoscimenti internazionali su tutte le guide, non parla solo a nome della sua azienda, ma anche del suo territorio: è da poco diventato assessore a turismo e agricoltura del comune di Sorrento.



Perché ha dato una svolta biologica alla sua attività?

"A un certo punto, dagli anni 60 ci si era allontanati dai ritmi della natura, per la mania da iperproduzione, la terra non venina coltivata con amore, ma sfruttata, affogata di chimica. Che all’inizio sembra funzionare ma in poco tempo rende tutto arido e insalubre. C’era attenzione alla quantità e non alla qualità. Ma la furbizia dura poco e i terreni diventavano sterili, i frutti di scarsa qualità, se non nocivi. Mi innamorai di un terreno, Punta Campanella, nel 1990. Gli affari al ristorante andavano bene. Avrei potuto acquistare la barca o auto di lusso. Invece con mia moglie Livia abbiamo scommesso tutto qui, abbiamo venduto una villa di famiglia per farlo. Volevamo cambiare le cose".

Punta Campanella, dove sorge la sua azienda Le Peracciole, è una lingua di terra protesa verso Capri. Bellissima ma scoscesa. Non si è complicato la vita?

"Come alle Cinque Terre, la nostra è agricoltura eroica, facciamo quasi tutto a mano, perché per il tipo di terreno non si possono usare macchine agricole. Qui combattiamo l’inquinamento alimentare. Come fossero avvelenati i terreni mi fu subito chiaro. Ancora tre anni dopo la prima semina, alle Peracciole i risultati erano sconfortanti, gli ortaggi crescevano pieni di buchi, mollicci, malati, la terra era impoverita. Ma a poco a poco grazie alle nostre api, al letame naturale, alla cura, ecco i pomodori più succosi, le melanzane più aromatiche, le zucchine più dolci che si possano immaginare".

Quanto è importante la stagionalità?

"È tutto. Un conto è un’insalata di primavera, un altro d’inverno, cresciuta in serra. A Dubai un imprenditore mi invitò a visitare le sue coltivazioni, ma era una fabbrica di ortaggi dai sapori omologati. Vale anche per le carni. Il pollo deve andare a scavare per trovare i vermetti. Un uovo deve uscire in modo naturale. Molti non lo sanno, ma anche le uova hanno una stagionalità. Abbiamo cambiato i ritmi biologici".

La stella verde assegnata dalla guida Michelin premia la vostra famiglia per la produzione bio e per il programma “Zero Waste”. Che cosa comporta?

"È un programma che seguiamo e condividiamo con tutta la Penisola. Ricicliamo il 95% dei rifiuti. Dal giardino all’orto abbiamo bandito prodotti chimici. Facciamo un compost con le foglie cadute, la cenere dei camini, i resti del caffè, le bucce di agrumi, il letame del mio toro Sabatino. Dobbiamo salvaguardare le campagne, gli animali, le api. E dobbiamo lavorare tutti per un’energia pulita, in primis gli impianti fotovoltaici: qui al Sud abbiamo tanto sole e luce, come non capire che è meglio? Sto progettando tetti per la raccolta delle acque piovane, che convergono in un pozzo per irrigare".

L’acqua è un tema che le è molto caro.

Una delle prime cose a cui ho pensato. Abbiamo installato una centralina per l’acqua potabile. Per non comprarne più. Faccio solo un esempio. Abbiamo 50 dipendenti. Ciascuno di noi beve circa 2 bottiglie al giorno, quindi 100 bottiglie al giorno, vuol dire 36.500 bottiglie all’anno, che è una quantità incredibile di plastica. Dobbiamo prenderne coscienza, tanto quanto la valorizzazione della Dieta Mediterranea".