Allacciate le cinture, la stagione degli uragani nell'Atlantico potrebbe essere violenta almeno quanto quella del 2020. L'allarme arriva dall'Università del Colorado, che da 38 anni, ogni aprile elabora una previsione per i mesi a venire: quante tempeste e di che intensità si abbatteranno sui Caraibi e sulla costa atlantica degli Stati Uniti? Diciassette di cui otto uragani, quattro dei quali con venti che supereranno i 170 chilometri orari. L'anno scorso i ricercatori del Colorado avevano previsto la formazione di 16 tempeste anche se all'atto pratico se ne sono formate una ben trenta.
"In questi studi non sono fondamentali i numeri, quanto piuttosto la tendenza che essi descrivono", spiega Antonello Pasini, fisico dell'atmosfera presso il Consiglio nazionale delle ricerche. "E la tendenza è di fenomeni sempre atmosferici sempre più frequenti e violenti in quella zona di Atlantico". "Le informazioni raccolte fino a marzo indicano che la stagione degli uragani 2021 avrà una attività superiore alla media del periodo 1981-2010", scrivono infatti gli autori del rapporto. "Stimiamo che gli uragani saranno 8 (contro una media di 6,4), le tempeste 17 (12,1), 35 giorni di uragani (24,2) e 80 di tempesta (59,4)".
Le previsioni dell'Università del Colorado si basano su dati raccolti negli ultimi 38 anni e su un modello di previsione "stagionale dinamico. "Sappiamo che il sistema atmosfera-oceani è estremamente complesso da descrivere", spiega Pasini, "e per poter fare previsioni su cuna certa area bisogna ridurre la scala. I modelli matematici ci aiutano in questa operazione, naturalmente sono fondamentali alcuni parametri, per esempio la temperatura superficiale dell'oceano o l'intensità dei venti, che vanno pesati alla luce delle statistiche raccolte negli anni passati. Anche noi abbiamo fatto un lavoro analogo per le previsioni stagionali sull'Italia utilizzando l'intelligenza artificiale".
Prevedere in anticipo la stagione degli uragani può essere fondamentale per correre ai ripari, salvare vite e attività economiche: la Florida per esempio è il secondo produttore al mondo di succo d'arancia. Ma dal punto di vista squisitamente scientifico, studi come quello dell'Università del Colorado confermano il peggioramento della situazione dovuto al riscaldamento globale. La temperature superficiale degli oceani sale, aumenta cioè l'energia immagazzinata nel mare e pronta ad essere trasferita all'atmosfera con il conseguente innesco di eventi meteorologici estremi. Inoltre, stanno cambiando i venti, con ulteriori effetti su tempeste e uragani.
"I colleghi americani", conferma Pasini, "spiegano che anche la Niña e il Niño, fenomeni che si verificano nel Pacifico, possono influire sulla nascita di uragani nei Caraibi. Più in generale, assistiamo a diversi cambiamenti, tutti riconducibili all'innalzamento delle temperature. Gli uragani sono più violento che in passato, perché i mari immagazzinano più energia. Colpiscono a latitudini sempre più alte perché si sta spostando verso nord la circolazione tropicale: non è più solo la Florida a rischiare, ma persino l'Europa perché a latitudini maggiori i venti viaggiano da Ovest verso Est. Inoltre negli ultimi anni le tempeste sono più lente e rimangono più a lungo su uno stesso territorio, provocando più danni. Infine, una volta arrivate sulla terraferma non perdono potenza con la stessa velocità che in passato. E' ancora da chiarire per quale meccanismo, ma è indubbio che abbia a che fare con il riscaldamento globale".