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Lo chef
Stefano Sforza (foto: Giulia Nutricati)
Stefano Sforza (foto: Giulia Nutricati) 

Stefano Sforza: "Tutto un altro menu per il Pianeta"

Lo chef del ristorante Opera di Torino ha risposto all'appello del Wwf #iocambiomenu. E non solo nel piatto, ma rivoluzionando l'intera filiera produttiva. "Fare a meno di alcuni prodotti dà il via a una stimolante ricerca per sostituirli”

3 minuti di lettura

Il Wwf ha chiamato e Stefano Sforza ha risposto. All’appello #iocambiomenu per una cucina più sostenibile, lo chef del ristorante Opera a Torino ha risposto senza esitare, prendendo due decisioni apparentemente piccole ma a loro modo rivoluzionarie, nel mondo dell’alta cucina: ha eliminato dalla carta i piatti con l’anguilla e la rana pescatrice, due specie che insieme a cernia bruna, pesce spada, verdesca si sono di recente affacciate nell’elenco aggiornato degli animali in via d’estinzione, e ha bandito l’ingrediente più richiesto da molto dei suoi clienti, il foie gras, tanto goloso quanto tradizionalmente risultato di un metodo crudele per alimentare anatre e oche. Una svolta etica che riguarda sia la protezione dei mari dall’esaurimento degli stock ittici, sia la sensibilità verso il benessere animale.

“Certo – ammette Sforza – si va incontro alle critiche dei colleghi che non la pensano come te e soprattutto si rischia di togliere dal menu proprio quei piatti che vendono di più, come il mio gettonatissimo spaghettone aringa e fegato grasso. Ma non sono preoccupato per l’assenza di certi prodotti. Al contrario, ho scoperto che proprio la loro eliminazione ha dato il via a una stimolante ricerca per sostituirli”. La serie dei cambiamenti nella sua cucina non riguarda solo il pesce, ma è una rilettura di tutto l’approvvigionamento della dispensa e di tutta la filiera produttiva.

E i giorni di chiusura forzati, per quanto lunghi e dolorosi, hanno permesso di riflettere ancora di più sui nuovi percorsi da seguire. Questi mesi sono serviti “a un piccolo restyling del magazzino e ai mattoni dell’antica cantina che vanno curati per restare sani e belli, ma soprattutto – dice lo chef piemontese – a stare molto nell’orto, respirarne i ritmi, cogliere ispirazione dai prodotti che cambiano secondo natura di mese in mese”.

Dopo le prime due settimane del primo lockdown che descrive come “un momento di choc in cui mi sentivo paralizzato”, c’è stata la scossa di reagire e pensare nuovi menu. Forte appunto di nuovi stimoli dati dalle istanze di sostenibilità, supportati dalla tecnica che nonostante la giovane età lo chef si porta dietro: classe 1986, originario di San Francesco al Campo, in provincia di Torino, può vantare due maestri d’eccezione, uno italiano Pier Bussetti e uno francese, Alain Ducasse, poi esperienze che lo hanno formato anche dal punto di vista dell’organizzazione, il Bellevue di Cogne, il Del Cambio di Torino, il Trussardi alla Scala di Milano con Luigi Taglienti, fino al Turin Palace. Da qui ha sposato il progetto della famiglia Cometto, approdando appunto a Opera in qualità di Executive Chef. Già il nome del ristorante è un manifesto: Opera è infatti una rappresentazione teatrale, un’espressione artistica su cui aprire un sipario, ma anche un manufatto, un oggetto di artigianato da cesellare. Nella sua Opera, Sforza vuol coniugare rigore tecnico, creatività e attenzione alla sostenibilità. 

“Noi cuochi dobbiamo essere i primi a comunicare la necessità di un’inversione di rotta, anche negli acquisti. Si parla sempre di cambiamento climatico, ma non devono restare solo parole. Noi possiamo fare qualcosa concretamente: se continueremo a mangiare certi animali rischiamo di non averne più tra 10 anni. No al sovrasfruttamento degli stock ittici, no ad allevamenti intensivi e a coltivazioni industriali”.

La sua scelta è di curare un proprio orto e di acquistare tutte le verdure dai contadini del mercato di Porta Palazzo – il mercato coperto più grande d’Europa – cioè che arrivano dalle campagne del territorio. Le verdure inoltre sono in assoluto le protagoniste dei suoi menu, di cui uno del tutto vegetariano.



“L’attenzione verso il vegetale nel nostro ristorante è evidente già leggendo i menu – prosegue lo chef - Mi piace lavorare con le verdure, lo trovo stimolante sia per le tipologie di preparazione che per le consistenze che si possono raggiungere. Oltre alla proposta vegetariana del menu dedicato, punteremo ad implementare i piatti vegetali anche nel menu Opera, andando a limare la parte di proteine animali dei piatti”.

 

L’ambiente in cui lavora, in Via Sant’Antonio da Padova, proprio accanto al Santuario che dà il nome alla strada, sembra quasi favorire questa intenzione: “Mi sono innamorato del posto appena sono entrato – racconta – col fascino dei mattoni antichi. Era il refettorio e la foresteria del convento che abbiamo di fianco”. La continuità con la missione dei frati di un tempo è viva anche oggi. Proprio in collaborazione i frati minori, fa parte di una squadra di cuochi di Torino che preparano pasti che vengono distribuiti in diverse mense per bisognosi della città: “È stato Andrea Chiuni, delle Tre Galline, a creare questa squadra in cui si vede quanta unione e c’è tra i colleghi torinesi”.

 

Sensibilità per il Pianeta quindi, per il cibo e per le persone. Alla cui salute bisogna sempre pensare. Per esempio, tutta la linea dei dolci è pensata facendo sempre meno uso dello zucchero raffinato. “È solo un punto di partenza, ne siamo consapevoli, ma è appunto un inizio e ci auguriamo che tanti altri ristoratori, chef, e soprattutto i clienti, abbracceranno la causa e opteranno per un consumo più attento”.

 

Una curiosità: l’attenzione va anche oltre il pasto. "Per le stoviglie usiamo una linea di detersivi che non danneggiano l’ambiente. È tutto un pensiero, non solo nel piatto ma anche dietro il piatto".