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Lo chef
Lo chef Andrea Mattei
Lo chef Andrea Mattei  

Andrea Mattei: "Mi ispiro guardando l’orto"

Lo chef del "Bistrot" di Forte dei Marmi spiega il legame tra un cuoco e la terra. "Non compri le verdure perché hai in mente un piatto ma crei un piatto perché sei ispirato da quello che raccogli"

2 minuti di lettura

"L’orto che detta il menu. E ribalta l’idea classica del ristorante: non compri delle verdure perché hai in mente un piatto, ma crei un piatto perché sei ispirato dagli ortaggi raccolti". Andrea Mattei, del ristorante stellato Bistrot di Forte dei Marmi, spiega il legame tra un cuoco e la terra da cui trae la materia prima perché "se hai un orto è normale seguire spontaneamente i ritmi della natura. Non pensi un piatto con i piselli perché sul calendario leggi che è arrivata la primavera. Al contrario, attendi che maturino nel tuo campo. E ogni orto è diverso, perché magari quello che al Sud Italia è già maturo, qui in Versilia si farà attendere qualche giorno in più".


Mattei, classe 1979, è nato proprio in Versilia e fin dalla scuola alberghiera di Massa ha respirato l’aria del Tirreno e della campagna toscana. Poi è cresciuto in cucine come quella dell’Enoteca Pinchiorri (Firenze) o del Plaza Athénée (Parigi) con Ducasse. Dopo uno sguardo alle verdure nel cesto appena raccolte – zucchine e asparagi, carciofi e cipollotti – gli brillano gli occhi. Chi pensa che la felicità per uno chef siano stelle e cappelli nelle guide, dovrebbe andare in campagna con uno di loro, seguirlo tra le file di bietola, vederlo chinato a scegliere i fiori di zucca, per vedere l’innamoramento e i pensieri che già sono corsi ai fornelli.


La campagna da cui Mattei attinge è il Podere di Pietro-Fattoria Vaiani, a San Quirico di Moriano (Lucca), quella cioè della famiglia del Bistrot, che in 60 anni di impresa familiare ha creato un piccolo impero di ben cinque locali di successo racchiusi in 300 metri di costa versiliese. "Cinque ettari di terreno, con una parte dedicata all’oliveto – spiega – e poi coltivazioni di verdure, erbe aromatiche e alberi da frutto che ci rendono autosufficienti per l’approvvigionamento di vegetali. Ci prendiamo cura delle piante con la lotta integrata, osserviamo le rose come piante sentinella, l’irrigazione a goccia permette di non sprecare acqua".


Alla Fattoria ha dedicato un menu vegetariano. La cucina vegetale è la sfida del futuro?


"Di sicuro c’è un’attenzione crescente, da parte dei clienti come dei cuochi. Il fatto di avere a disposizione un grande orto è una marcia in più, perché il lavoro nei campi, richiede un confronto costante con la natura. Per me lavorare le verdure richiede anche più impegno, più delle proteine animali. Un trancio di pesce anche solo scottato in padella o alla griglia ha una sua identità e funziona, per così dire, da solo. Il vegetale merita una maggiore valorizzazione, gli chef devono impegnarsi a trasformare le verdure in piatti soddisfacenti, completi".


Ha sempre avuto questa attenzione?


"Non è sempre stato così. La prima volta che ho visto davvero valorizzare la verdure è stato in Danimarca nel 2012, quando ho fatto un’esperienza nelle cucine del Noma di René Redzepi a Copenhagen. È stato una specie di choc, perché mi sono reso conto della ricerca sui prodotti vegetali. Ho visto che i danesi stavano facendo scuola e noi in Italia li davamo per scontati. Ed è un male, perché si rischia di banalizzare, di non vederne le potenzialità. Che nel mondo vegetale sono infinite. Mi sono sentito quasi colpevole come quando ti rendi conto di non aver mai visitato i musei della tua città, perché tanto sono lì, ci sono sempre stati, ma intanto te li sei persi. Per questo ho voluto recuperare il tempo perduto".


Quanto è importante la filiera corta?


"Dal punto di vista della qualità e freschezza degli ingredienti è un vero privilegio. Possiamo gustare e offrire agli ospiti prodotti colti da poche ore, di sapore genuino e intenso, certi che sono cresciuti in un ambiente sano. Non si inquina perché anche il trasporto impatta il minimo possibile e soprattutto ci permette pratiche virtuose. Noi non solo in cucina utilizziamo tutto il prodotto, per esempio le foglie per le insalate e i gambi per brodi e salse. Ma anche i pochi scarti che si creano ritornano alla terra sotto forma di compost. Per restituire il più possibile alla natura da cui prendiamo".