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L'intervista

Incendi, una battaglia anche con i droni. Clima, i Carabinieri arruolano le api

Il generale Antonio Pietro Marzo, Comandante delle Unità Forestali, Ambientali ed Agroalimentari dei Carabinieri
Il generale Antonio Pietro Marzo, Comandante delle Unità Forestali, Ambientali ed Agroalimentari dei Carabinieri 
Intervista al generale Antonio Pietro Marzo, comandante dell'unità dei Carabinieri forestali. "Tante le terre dei fuochi, l'arma usa la tecnologia nella nuova lotta all'emergenza climatica"
3 minuti di lettura

C’è l’emergenza per la criminalità organizzata e la delinquenza comune, e c’è anche l’emergenza per il clima. “I Carabinieri combattono l’una e l’altra. Sulla seconda - dice il generale Antonio Pietro Marzo - è quasi un ritorno all’origine, alla nascita dell’Arma. Perché i Carabinieri nascono come polizia rurale, di pattuglie che andavano in campagna, che controllavano il territorio. E ora che hanno incorporato il Corpo forestale il percorso torna a chiudersi anche sul fronte ambientale”. Il generale Marzo è alla guida delle unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri da poco più di 4 mesi. E in questa intervista a Green&Blue spiega la strategia e l’attività di quella che è diventata la più grande polizia ambientale d’Europa.

Generale, cos’è l’emergenza clima per i Carabinieri? La gente pensa che non siate voi a dovervene occupare...
“Invece è anche nostro compito. L’emergenza che stiamo vivendo è globale e richiede interventi rapidi, perché i danni fatti al Pianeta sono enormi e purtroppo duraturi. Pensiamo agli incendi, all’inquinamento dei fiumi, alla dispersione dei rifiuti, al dissesto idrogeologico. Bisogna fermarli. Spetta anche e soprattutto a noi evitarli, con la repressione e la prevenzione, nell’interesse di tutti. La grande unità costituita con la fusione con la Forestale ora dipende dai ministero della Transizione Ecologica. Clima, quindi e in sostanza, siamo coinvolti anche nel Pnrr”.


Cominciamo dagli incendi, che proprio in questi giorni stanno devastando l'area di Oristano. Distruggono le foreste e ci privano di strumenti per contenere il riscaldamento terrestre e l’assorbimento di CO2. Che fare?
"I boschi sono il più grande serbatoio di anidride carbonica del mondo. Noi li difendiamo in due modi. Da un lato tutelando lo sfruttamento incontrollato e illegale delle foreste, attraverso l’inventario delle foreste e dei serbatoi di carbonio. Dall’altro con l’uso della tecnologia, in particolare di satelliti. Grazie al programma Copernicus, a Sentinel 2, ai droni ora possiamo risalire al punti di innesco degli incendi, attivare interventi precisi e rapidissimi, indirizzare le indagini verso eventuali autori di atti dolosi. E li individuiamo quasi sempre".

 

Passando a un altro tema all'ordine del giorno, l’inquinamento, ci viene subito in mente la terra dei fuochi in Campania.
"Certo, è un fenomeno. Ma parlerei di terre dei fuochi al plurale. C'è una criminalità di colletti bianchi, di imprenditoria sleale, di società commerciali e professionisti compiacenti  basati spesso al Nord che utilizza lo smaltimento dei rifiuti per gravi illeciti e danni al territorio. Non è solo il Sud il problema, anche se nel Mezzogiorno pare più evidente. Lo combattiamo ovunque".


Anche il dissesto idrogeologico è un fenomeno diffuso a livello nazionale. Come lo si ferma?
“Sì, l’Italia spesso è un Paese che frana, con tanti fenomeni estremi. Lo si contiene con la cura del territorio e con i controlli che ciò avvenga, con la vigilanza capillare, e anche con la volontà di rivitalizzare i piccoli borghi di campagna e montagna che sono sempre stati il cuore del rispetto ambientale. Noi siamo sul territorio, le nostre caserme sono aperte per dare aiuto e consigli. Se avete dubbi, chiedete ai Carabinieri".


La repressione di reati ed illeciti è sufficiente?
"No, e infatti il nostro grande sforzo adesso è sulla prevenzione. I controlli complessivi sono passati da 613mila a 903mila, i cosiddetti controlli 'senza esito'. Che servono però proprio a prevenire i reati ambientali. La prevenzione è il rimedio più efficace. Le dò qualche esempio di quello che facciamo. La scuola, innanzitutto. Ogni anno incontriamo un milione di persone nel corso di eventi nelle scuole di ogni ordine e grado. Stiamo organizzando la formazione all’educazione ambientale dei docenti, dalle elementari fino al liceo. Apriamo le nostre 130 riserve alle visite di ragazzi, dove Carabinieri e operai forestali spiegano le attività. Doniamo e metteremo a dimora 50mila piantine nel triennio, con l’accordo già raggiunto di 700 istituti scolastici. Ma siccome l’emergenza è globale dobbiamo allagare il perimetro di azione anche all’estero. Facendo formazione ai colleghi stranieri".


Parliamo di deforestazione e bracconaggio, immagino.
"Sì, sono a rischio estinzione 7mila specie sul pianeta Terra. Ogni anno vengono uccisi 20mila elefanti e migliaia tra rinoceronti, tigri, trichechi, leoni. Ma con gli alberi non va meglio. Oggi, ad esempio, il commercio illegale del palissandro africano supera quello dell’avorio: il taglio illegale degli alberi mette a rischio interi habitat. In accordo con la Fao abbiamo iniziato ad istruire polizie locali e ranger sui rischi dei loro territori, che a volte sono sottovalutati. La nostra scuola di Sabaudia diventerà una sorta di università, soprattutto per le pollzie di Africa e America Latina".


Anche a casa nostra abbiamo problemi di distruzione della biodiversità. Cosa potete fare?
"Da noi è ancora molto diffusa l’uccisione illegale di passeriformi. Abbiamo individuato sette black spot, soprattutto nelle isole e sulle Alpi, dove vengono cacciati illegalmente berte, pettirossi, adorni. La fauna migratoria va protetta e ne continuiamo a potenziare i controlli, a protezione dell’equilibrio dell’intero sistema europeo e africano".


Una battaglia complicata da fare è quella contro l’uso illegale di pesticidi. Come li controlliamo?
"Facciamo continue verifiche sul territoio, ed il sistema italiano è tra i più severi ed efficaci. Ma stiamo innovando, arruolando le api".


Le api con la divisa?
"Più o meno. Nella nostra caserma di Via Carducci a Roma abbiamo delle arnie, e otteniamo del miele. Che poi analizziamo, per verificare se ci sono tracce di pesticidi. E sa cosa abbiamo scoperto? Che il nostro miele è ottimo, perché le api vanno sui fiori di Villa Borghese. Non ci sono pesticidi nei giardini di Roma. E’ un sistema che vogliamo estendere alle nostre 130 riserve e diffondere nelle aree urbane. Insomma sì, abbiamo arruolato le api….".