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Siccità

La scarsità di acqua aumenta il livello di inquinamento di fiumi e laghi

L'esperto dell'Ispra: "C'è meno diluizione, niente allarmi ma nel lungo periodo potrebbero esserci accumuli di sostanze tossiche nelle specie ittiche e vegetali". Il gruppo del Mite al lavoro sulle regole per il riuso delle acque
2 minuti di lettura

La scarsità di acqua mette a dura prova anche l'efficienza degli impianti di depurazione. "Il monitoraggio è continuo e non ci sono pericoli per la salute pubblica - chiarisce Giordano Giorgi, ricercatore Qualità delle acque interne dell'Ispra - ma è un dato di fatto che la scarsità di acqua aumenta la concentrazione di inquinanti anche nelle acque reflue e sottopone gli impianti a un sovraccarico".

Giorgi è nel gruppo dell'Ispra che si occupa di depurazione delle acque per la reimmissione in natura e di depurazione connessa al loro riutilizzo; fa parte inoltre del gruppo di lavoro del ministero per la Transizione ecologica incaricato di mettere a punto una legge che definisca i criteri di attuazione del regolamento Ue 2020/741, per definire i criteri per il riuso delle acque reflue. 
 

In che modo la siccità incide sulla qualità delle acque reimmesse in natura?
"Ci sono due aspetti da tenere in considerazione. La scarsità di acqua comporta una maggiore concentrazione di inquinanti sia nelle acque reflue, sia nei sistemi in cui vengono poi reimmesse le acque trattate. Uno dei principi base della depurazione è la diluizione, per cui va da sé che se l'acqua scarseggia c'è meno diluizione e quindi meno possibilità di abbassare la percentuale di sostanze nocive. Inoltre la siccità sta colpendo soprattutto l'agricoltura, un ambito nel quale la depurazione è fondamentale per eliminare i nitrati dalle acque di falda, soprattutto dove si coltiva a livello intensivo".

Cosa succede in questo caso?
"Ci sono due aspetti: detto che il nodo è sempre quello della diluizione, con la siccità le acque in uscita dal depuratore avendo meno apporto idrico possono avere una concentrazione di inquinanti più alta. Queste acque meno diluite si versano poi in un corpo ricevente che ha a sua volta meno capacità idrica e quindi una concentrazione di inquinanti superiore. È risaputo che nel Po in fase di magra la poca acqua che scorre è anche più inquinata. Vale per i grandi fiumi ma anche per i laghi, la diminuzione del livello idrico impone un attento controllo soprattutto delle zone adibite alla balneazione".
 

Data la siccità i controlli aumentano?
"Il monitoraggio costante, non ci sono allarmi perché si tratta di fenomeni che potrebbero avere un impatto sul lungo periodo, ma la carenza di risorse idriche costante nel tempo può determinare un accumulo di inquinanti nelle specie ittiche o vegetali che mangiamo. C'è però un elemento che in qualche modo offre una leggera compebnsazione, perché con minori precipitazioni c'è un minore dilavamento dei suoli e quindi una riduzione di inquinanti che finiscono nelle falde e nei corsi d'acqua". vengono avvantaggiati, meno dilavamento dei suoli, ma gli scarichi da depurazione risentono della scarsa ricettività dei corpi recettori".

La depurazione è connessa anche al riuso delle acque, a che punto siamo in Italia, con la siccità verrà accelerato il processo di adeguamento al regolamento europeo?
"È auspicabile e imperativo, se non vogliamo finire in una procedura di infrazione per l'Ue. Il primo settore in cui si dovrebbe espandere il riuso è quello domestico, visto che il 90% dell'acqua che transita per uso domestico finisce in impianti di depurazione e il 10% nei terreni o fosse Imhoff (vasche biologiche per il trattamento primario n.d.r.). Se pensiamo che ogni volta che attiviamo la cassetta in bagno 15 litri d'acqua finiscono nel depuratore lo spreco è evidente. Spesso si dice che non è tanto l'acqua che manca ma i soldi per trasportarla bene: abbiamo un problema economico, un problema di infrastutture e poi un problema di tipo sanitario, perché bisognerà stabilire con precisione quali caratteristiche chimiche l'acqua riciclata deve avere per essere sistematicamente usata".

È un problema soprattutto sanitario?
"No, al momento c'è un vuoto normativo da colmare, proprio perché si è puntato soprattutto a risolvere i problemi sanitari, che non sono gli unici. Occorre definire infatti di chi sono gli oneri del processo di riutilizzo. Ora i gestori del servizio idrico integrato caricano gli oneri della depurazione e del trattamento in tariffa a chi consuma l’acqua, se però questa dovrà essere ulteriormente trattata per fini agricoli tali oneri vanno ulteriormente valutati".