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Biodiversità

Il cambiamento climatico fa fiorire i castagni due volte

Il cambiamento climatico fa fiorire i castagni due volte
Un comportamento anomalo dovuto alla siccità e alle alte temprature dei mesi scorsi e che mette a rischio il raccolto del prossimo anno. Claudio Cantini (CNR): "E' un'alterazione diretta del ciclo di vita della pianta"
2 minuti di lettura

Torna l'estate, si ferma l'autunno. Spuntano i fiori invece dei frutti. In Valchiavenna e sul lago di Como l'orologio biologico di diversi alberi di castagno si è smarrito in un tunnel temporale seguendo una stagionalità invertita. Un comportamento anomalo, provocato dalla siccità e della canicola prolungata dei mesi passati. Il clima torrido ha ingannato la bussola di queste piante dove, al primo freddo, le gemme presenti sui rami si sono risvegliate d'improvviso come se fosse arrivata la bella stagione. In teoria sarebbero dovute rimanere in sonno fino alla primavera dell'anno prossimo. Gli anziani agricoltori della zona, dove la coltura del castagno è molto diffusa, non ricordano di aver mai visto una cosa del genere.

 

Ma il balzo in avanti costerà caro perché nel 2023 questi alberi, con ogni probabilità non fioriranno di nuovo producendo poi i frutti che accompagnano l'inizio dell'autunno. Questo fenomeno non riguarda solo il castagno: anche il pesco e il susino, quando sono sotto pressione, hanno doppie fioriture. Di fronte agli stress ambientali invertono la rotta della crescita. A settembre di quest'anno anche specie non agrarie come il maggiociondolo sono fiorite per la seconda volta nei boschi del centro Italia. Sono i sintomi che qualcosa, nella fisiologia profonda di alcune piante, sta cambiando.

Le prime segnalazioni di questi castagni fuori controllo sono arrivate dalla Valchiavenna nell'ambito di un progetto di valorizzazione della biodiversità del castagno lombardo (Avabicarel) coordinato dall'Istituto per la BioEconomia del Cnr e dal Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita di Uninsubria. Altre indagini sul campo hanno poi rivelato che il contagio, se così possiamo chiamarlo, è molto più diffuso ma interessa solo gli alberi della varietà Grussulée mentre il marrone ne è rimasto immune. "È un'alterazione diretta del ciclo di vita delle pianta, - spiega Claudio Cantini dell'Ibe-Cnr - perché questa fioritura pre-autunnale avviene su gemme che si sono formate nella primavera di quest'anno e che oggi dovrebbero essere in stato di quiescenza".

La fioritura del castagno, di norma, avviene nel mese di giugno e a settembre, in alcune varietà precoci, i frutti cadono già a terra. Ma qualcosa, quest'anno, è andato storto. "Il forte stress idrico unito alle alte temperature hanno fatto saltare i meccanismi fisiologici di regolazione dei cicli naturali delle piante. - prosegue il ricercatore dell'Ibe-Cnr - Gli andamenti termici di questi ultimi anni hanno provocato alterazioni nel differenziamento a fiore delle gemme e nella successiva produzione di frutti, mentre altri danni sono stati causati dalla forte insolazione, dall'ozono e dalla aumentata evapotraspirazione. È un fenomeno che bisognerà approfondire per ridefinire il ciclo biologico di queste specie". La doppia fioritura del castagno non comporta maggiore raccolto, al contrario. È una sorta di sparo a vuoto. Le piante, per portare a termine questa fioritura fuori stagione, hanno prosciugato tutte le sostanze di riserva che avevano riducendo così al minimo le possibilità concrete di produrre frutti il prossimo anno.

 

I ricercatori del progetto Avabicarel studiano oggi il patrimonio genetico di una decina di popolazioni di castagno lombarde, rilevanti sia per il loro pregio, sia per la loro diffusione. "La risposta a questi stress ambientali non è omogenea. - conclude Giorgio Binelli, biologo dell'Uninsubria e partner del progetto - è indispensabile studiare le differenze genetiche presenti a livello varietale in modo da individuare le piante capaci di meglio reagire a questi andamenti stagionali". Saranno proprio le piante che meglio si adattano a queste anomalie climatiche a garantire la sopravvivenza delle produzioni agricole e la redditività delle imprese, altrimenti messe in ginocchio dai mancati raccolti.