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Biodiversità

L'agricoltura intensiva ha trasformato una pianta selvatica in erba infestante

Amaranto tuberculato nel suo habitat naturale, la riva sabbiosa di un lago nel sud dell'Illinois, oggi (Julia Kreiner, University of British Columbia)
Amaranto tuberculato nel suo habitat naturale, la riva sabbiosa di un lago nel sud dell'Illinois, oggi (Julia Kreiner, University of British Columbia) 
Duecento anni fa, la canapa dalle acque grezze era una specie selvatica comune in nord America. Poi l’agricoltura intensiva l’ha “potenziata” e resa molto infestante
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Il suo nome scientifico è Amaranthus tuberculatus, o amaranto tuberculato, ma è comunemente noto come amaranto di frutti di bosco, canapa dalle acque grezze o acqua alta, ed è una specie di pianta fiorita molto comune nel nord America e (più di recente) in alcune regioni dell'Italia centro-settentrionale. Una pianta selvatica che oggi sta dando molti problemi all'agricoltura, proprio per colpa dell'agricoltura: uno studio appena pubblicato sulla rivista Science, condotto da un'équipe di ricercatori della University of British Columbia (Ubc), ha infatti mostrato che l'agricoltura intensiva ha reso A. tuberculatus una specie estremamente invasiva, che sta mettendo in serio pericolo le colture.

Duecento anni di evoluzione

Per scoprirlo, gli autori dello studio hanno comparato 187 campioni di amaranto tuberculato raccolti in campi agricoli moderni e nei loro dintorni con un centinaio di campioni della stessa pianta raccolti circa duecento anni fa e conservati in diversi musei botanici del nord America. L'idea era quella di studiare l'evoluzione del genoma della pianta negli ultimi due secoli per comprendere se ci fosse stata un'azione dell'ambiente, e di quale tipo: "Le varianti genetiche che aiutano la pianta a crescere negli ambienti agricoli moderni", ha spiegato Julia Kreiner, prima autrice dello studio e ricercatrice al dipartimento di botanica della Ubc, "sono aumentate con frequenze molto elevate in modo rapidissimo a partire dall'intensificazione dell'agricoltura negli anni sessanta".


I ricercatori, in particolare, hanno scoperto centinaia di geni che "potenziano" la riproduzione della pianta nelle fattorie, rendendola più resistente alla siccità e ai pesticidi. "I cambiamenti apportati agli ecosistemi da parte dell'agricoltura intensiva", continua Kreiner, "sono così forti che hanno conseguenze anche negli habitat vicini, e ne stravolgono le caratteristiche".

Un campione di amaranto tubercolato di 155 anni fa conservato al Missouri Botanical Garden Herbarium (Julia Kreiner, University of British Columbia)
Un campione di amaranto tubercolato di 155 anni fa conservato al Missouri Botanical Garden Herbarium (Julia Kreiner, University of British Columbia) 

Da pianta selvatica a erbaccia infestante

Come anticipavamo, l'amaranto tubercolato non è sempre stato una pianta "problematica". È solo negli anni più recenti che è diventato praticamente impossibile eradicarlo dalle piantagioni, proprio a causa del suo adattamento genetico che l'ha reso resistente ai pesticidi: "L'amaranto tuberculato", ha spiegato Sarah Otto, un'altra degli autori del lavoro, sempre della Ubc, "cresce tipicamente vicino ai laghi e ai corsi d'acqua. Le modifiche genetiche che abbiamo osservato gli permettono oggi di sopravvivere oggi anche su suoli più aridi e di crescere velocemente fino a infestare completamente i raccolti. Sostanzialmente, la pianta si è evoluta per diventare una specie di 'erbaccià da quando ha cominciato a vivere vicino alle attività agricole umane".


Cinque delle sette mutazioni osservate, in particolare, erano assenti dai campioni del passato: "L'agricoltura moderna", continua Kreiner, "impone una sorta di 'filtro', determinando quale specie di piante e quali mutazioni possono sopravvivere nel tempo. Il nostro studio ha mostrato che uno dei filtri più significativi è rappresentato dall'uso dei pesticidi". Sostanze usate per eliminare le erbe infestanti che, in definitiva, hanno portato a un effetto diametralmente opposto, trasformando in infestanti le specie che non lo erano. Gli autori del lavoro hanno ora intenzione di condurre altri studi su specie diverse per capire se il fenomeno non riguarda solo l'amaranto tubercolato.