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La polemica

Il capo di una multinazionale del petrolio presiederà Cop28. La rabbia degli ambientalisti

Il capo di una multinazionale del petrolio presiederà Cop28. La rabbia degli ambientalisti
(afp)
Il sultano bin Ahmed Al Jaber, Ceo della Abu Dhabi National Oil Compan, dirigerà la prossima conferenza dell'Onu che si terrà negli Emirati Arabi Uniti. Il Climate Action Network International: "Non può esserci posto per gli inquinatori in una conferenza sul clima, men che meno presiedere una COP"
3 minuti di lettura

Tutto vero: a presiedere la prossima COP28, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che ospiterà i negoziati necessari per capire come salvarci dalla crisi climatica, sarà il Ceo di una delle più grandi multinazionali di petrolio al mondo. Una scelta che fa infuriare gli ambientalisti e lascia basiti gli stessi scienziati che da anni ricordano come per invertire la rotta del surriscaldamento sia necessario porre un freno alle emissioni derivate dai combustibili fossili come petrolio, carbone o gas.

 

 

Il sultano Al Jaber presidente della COP28

Il sultano bin Ahmed Al Jaber nelle ultime ore è stato infatti ufficialmente nominato come presidente della COP28 che si terrà a fine anno a Dubai: contemporaneamente - ruolo che non ha abbandonato - è anche Ceo della Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc), società degli Emirati che pompa circa 4 milioni di barili di greggio al giorno e che punta prossimamente ad arrivare a quota 5 milioni entro il 2027. Al Jaber, 49 anni, è anche ministro dell'Industria e della Tecnologia negli Emirati Arabi, oltre che manager di società legate al mondo delle energie rinnovabili e inviato speciale per il clima del suo Paese. Lo scorso anno la COP27 in Egitto era stata sommersa di critiche per diversi risultati inconcludenti e per incongruenze che hanno aperto nel tempo a più polemiche sull'utilità, la credibilità e il ruolo stesso della Conferenza delle parti sul clima.

 

 Fra queste veniva segnalata per esempio la presenza, tra i padiglioni di Sharm El-Sheikh, del 25% in più rispetto alla COP precedente di lobbisti dell'industria fossile. Non solo: forti critiche sono arrivate anche dal fatto che non si è riusciti a specificare o sottolineare, nei testi finali, i danni causati dalle emissioni dei combustibili fossili. Prima ancora, Greta Thunberg si era rifiutata di partecipare definendo la COP come ormai una "operazione di greenwashing". Polemiche che ora vengono ulteriormente alimentate dalla scelta di porre un Ceo di una multinazionale del greggio a presiedere i futuri negoziati. A giustificare la scelta di porre Al Jaber a capo della futura COP avrebbe prevalso però l'altro suo lato pubblico, quello dell'impegno verso le energie pulite. Il sultano è presidente di Masdar, società di energie rinnovabili che ora opera in più di 40 paesi e ha guidato diverse iniziative "verdi" tra cui la progettazione di una città "carbon neutral" da 22 miliardi di dollari alla periferia di Abu Dhabi, progetto poi interrotto.

 

 

La visione del sultano: "Mantenere un mix energetico, petrolio compreso"

Fra le prospettive indicate da Al Jaber nella lotta alle emissioni non c'è chiaramente l'abbandono immediato all'uso di combustibili fossili, come richiede la scienza, ma ha parlato più volte dell'impegno e l'importanza delle nuove tecnologie per catturare CO2 o stoccarla. Le agenzie stampa degli Emirati, nel dare la notizia della sua nomina, parlano dell'intenzione di "apportare un approccio pragmatico, realistico e orientato alle soluzioni che porti a progressi trasformativi per il clima e per una crescita economica a basse emissioni di carbonio" e hanno ricordato la volontà del Paese di investire "nelle energie rinnovabili". 

 

Ma è in un intervento di Al Jaber  pubblicato su Project Syndicate lo scorso agosto che si comprende meglio la visione della lotta alla crisi climatica del neo presidente COP. In quell'occasione ha ricordato ad esempio l'importanza delle rinnovabili sottolineando però la necessità di continuare con un "mix energetico" che comprende anche il petrolio o il carbone. "Eventi recenti hanno dimostrato che scollegare l'attuale sistema energetico prima di aver costruito un'alternativa sufficientemente solida mette a rischio il progresso sia economico che climatico e mette in discussione la possibilità di garantire una transizione giusta che sia equa per tutti" scrivevail sultano  sottolineando che "le politiche volte a disinvestire dagli idrocarburi troppo presto, senza adeguate alternative praticabili, sono controproducenti. Mineranno la sicurezza energetica, eroderanno la stabilità economica e lasceranno meno entrate disponibili da investire nella transizione energetica". Nella sua lettera si legge il riconoscimento dell'impatto che possono avere petrolio e gas sul clima, ma per ridurlo non viene specificato l'abbandono delle fonti fossili bensì l'incremento delle tecnologie per avere minori emissioni di carbonio. In tutto questo, gli Emirati Arabi Uniti si sono comunque impegnati a raggiungere zero emissioni nette entro il 2050.

 

 

La rabbia degli ambientalisti e le polemiche sulla sua nomina

Mentre il capo della politica climatica dell'Unione Europea Frans Timmermans ha spiegato che incontrerà presto Al Jaber, da parte degli ambientalisti è arrivata una raffica di critiche alla nuova nomina. Harjeet Singh per esempio, che è a capo della strategia politica globale presso il Climate Action Network International, sostiene che la posizione del sultano rappresenta "un conflitto di interessi senza precedenti e allarmante. Non può esserci posto per gli inquinatori in una conferenza sul clima, men che meno presiedere una COP". Stessa posizione per Alice Harrison di Global Witness: "Non inviteresti trafficanti d'armi a condurre colloqui di pace. Allora perché lasciare che i dirigenti petroliferi conducano i colloqui sul clima?" ha dichiarato. Anche Vanessa Nakate, giovane attivista di Fridays For Future e simbolo delle proteste verdi insieme a Greta, si è detta preoccupata: "La COP28 deve accelerare la graduale eliminazione globale dei combustibili fossili, non possiamo avere un'altra COP dove gli interessi sui combustibili fossili sacrificano il nostro futuro per guadagnare qualche altro anno di profitto".


 
Molto probabilmente la questione Al Jaber sarà ora oggetto di dibattito anche al World Economic Forum che inizia fra pochi giorni, il 16 gennaio a Davos. Quest'anno il tema  centrale sarà quello della crisi climatica: si discuterà per esempio se l'attuale economia permetterà, come chiedono gli scienziati, che l'emissioni di anidride carbonica vengano dimezzate entro i prossimi sette anni se vogliamo avere la possibilità di restare entro la soglia dei +1,5 gradi. Il punto è, si riuscirà a discuterne con coerenza?  Un rapporto appena uscito di Greenpeace, sottolinea infatti come questa coerenza anno dopo anno continui a mancare: nella scorsa edizione, per ritrovarsi in Svizzera, politici, leader ed economisti avrebbero usato talmente tanti  jet privati da quadruplicare le emissioni, in sostanza erano quattro volte superiori a quelle che in media sono attribuite a questo tipo di velivoli nelle altre settimane dell'anno.