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La protesta

Quasi 700mila firme all'appello di Greta Thunberg contro i combustibili fossili

Greta Thunberg durante la protesta a Lutzerath
Greta Thunberg durante la protesta a Lutzerath (ansa)
Alla vigilia del World Economic Forum di Davos oltre alla svedese Vanessa Nakate, Luisa Neubauer e Helena Gualinda invitano i Ceo delle multinazionali di oil and gas a smettere fin da subito di investire nelle fonti fossili. "Un ambiente sano e sostenibile è un diritto umano"
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"Cessare e desistere: basta con i combustibili fossili". Con queste parole - e una lettera appello che in poche ore è già stata firmata da quasi 700mila persone - le quattro giovani attiviste Greta Thunberg (Svezia), Vanessa Nakate (Uganda), Luisa Neubauer (Germania) e Helena Gualinda (Ecuador) invitano i Ceo delle multinazionali di oil and gas a smettere fin da subito di investire nelle fonti fossili. La petizione arriva alla vigilia del World Economic Forum (WEF) di Davos. Nel primo meeting nuovamente in presenza dopo la pandemia al centro del dibattito saranno ancora una volta le questioni economiche legate alla crisi energetica e alla guerra, ma ampio spazio - promettono gli oltre 2500 partecipanti - sarà dato anche alle discussioni sull'emergenza climatica.


 


Il Forum si apre dopo un inizio anno complesso per gli attivisti impegnati nella battaglia climatica: prima la nomina a presidente della futura COP28 di Dubai del sultano Al-Jaber, che è anche Ceo di una multinazionale del petrolio, poi in Germania occidentale lo sgombero (che è stato completato oggi) di Lutzerath, villaggio dove ora inizierà l'espansione di una miniera di carbone dopo giorni di protesta (in cui anche Greta è stata allontanata dalla polizia). L'attenzione si sposta dunque adesso in Svizzera per fare pressione sui leader del mondo (attesi 50 capi di stato) e su quegli stessi potenti che, lo scorso anno a Davos, con i loro jet privati hanno quadruplicato le emissioni legate al traffico aereo, secondo una ricerca di Greenpeace.

 

Le quattro paladine dell'ambiente, per richiedere alle aziende un reale passo avanti nella decarbonizzazione e uno indietro legato alla possibile apertura di nuovi impianti, tenteranno quindi di  consegnare di persona ad alcuni degli amministratori dell'oil and gas presenti al WEF (fra cui ad esempio BP, Chevron, Saudi Aramco), le firme raccolte finora.

 

Rivolgendosi direttamente ai Ceo, le attiviste chiedono di "interrompere immediatamente l'apertura di nuovi siti di estrazione di petrolio, gas o carbone e di smettere di bloccare la transizione verso l'energia pulita di cui tutti abbiamo così urgente bisogno". Implicito, per esempio, è il riferimento proprio a Lutzerath dove la Germania punta all'estrazione del carbone fino al 2030 giustificando questa esigenza all'interno del mix energetico necessario per andare avanti dopo la crisi del gas russo.


 


Inoltre le attiviste  ricordano come le aziende di oil and gas sapevano "da decenni che i combustibili fossili causano cambiamenti climatici catastrofici" scrivono facendo riferimento in particolare allo studio apparso su Science in cui si afferma che Exxon Mobile era a conoscenza già dagli anni Settanta della produzione di emissioni legate al petrolio e il conseguente surriscaldamento globale che ne è poi derivato.

 


 
Sempre nella missiva, sostengono infine come la scienza continui a dirci da anni che "è sbagliato bruciare combustibili fossili" ma nonostante questo la politica ci ha "ingannati". Dunque, ribadiscono le attiviste ai Ceo, è tempo di "porre fine a queste attività in quanto violano direttamente il nostro diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile" e sostengono che "se non agirete immediatamente tenete presente che i cittadini di tutto il mondo prenderanno in considerazione l'idea di intraprendere qualsiasi azione legale per ritenervi responsabili". Nel frattempo, in attesa della consegna della petizione, a inizio Forum ci sono state già delle proteste di un centinaio di attivisti che chiedono ai leader globali di porre fine all'inazione legata alla crisi del clima.


 
In un WEF con pochi leader del G7 presenti e meno nomi altisonanti rispetto al passato,  la speranza è che la questione climatica venga quest'anno realmente affrontata: il Global Risk Report 2023 spiega che senza un forte impegno dei vari Paesi, pandemia, guerra e disinformazione rischiano anche nel 2023 di "minacciare gli sforzi per affrontare i rischi di lungo termine, in particolare quelli legati al cambiamento climatico e alla biodiversità". Infine, una ricerca di Boston Consulting Group ricorda anche come la necessità di affrontare la crisi del clima sia ormai un bisogno economico: gli eventi avversi dovuti al climate change nel 2022 hanno generato costi per almeno 227 miliardi di dollari e le proiezioni ci dicono che senza un freno alle emissioni entro il 2050 si rischia di incorrere in danni per un valore compreso tra  1,1 e 1,8 trilioni di dollari.