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Biodiversità

Il poligono del Giappone, la pianta infestante che cresce lungo l'Arno

Il poligono del Giappone, la pianta infestante che cresce lungo l'Arno
Le colonie di questa pianta sono ancora nuclei isolati ma sono presenti ormai su una cinquantina di chilometri del fiume divisi tra l'Alto Valdarno e il Pistoiese. La sua diffusione limita la biodversità e secca gli argini
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Una delle cento specie più invasive del mondo ha iniziato a colonizzare l'Arno. Il poligono del Giappone è una pianta infestante che cresce in molte regioni italiane monopolizzando le sponde dei corsi d'acqua e accelerandone l'erosione. In Toscana ha preso di mira prima gli affluenti minori e da qualche tempo è sbarcato anche sugli argini dell'Arno. Le colonie di questa pianta sono ancora nuclei isolati ma sono presenti ormai su una cinquantina di chilometri del fiume divisi tra l'Alto Valdarno e il Pistoiese come ha specificato Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue).

Il poligono del Giappone non è una specie socievole. Forma cespugli così fitti da impedire alla flora autoctona di svilupparsi impoverendo la biodiversità di questi ambienti. Ma non solo: per eliminare ogni eventuale concorrente rilascia nel terreno una sostanza tossica simile a un diserbante.

Questa pianta che ama fare terra bruciata attorno a sé è una vecchia conoscenza. Originaria dell'Asia orientale viene introdotta nei vivai olandesi nell'Ottocento per il mercato europeo dei giardini e come erba per il foraggio. Il poligono giapponese ha spiccate capacità riproduttive ed evadere dalle mura della cattività è un gioco da ragazzi. A distanza di poco più di cinquant'anni dalle prime coltivazioni, il poligono si è già naturalizzato in mezza Europa. Si adatta con facilità e cresce a ritmi di trenta centimetri a settimana anche perché ha trovato la strada spianata. Da noi non ha antagonisti mentre nelle zone di provenienza ci sono una quarantina tra insetti e funghi che ne limitano l'espansione incontrollata.


In natura il poligono del Giappone (Reynoutria japonica) è una pianta perenne e dioica, ovvero divisa in maschi e femmine come gli animali. Ma alle nostre latitudini ci sono quasi solo cloni di esemplari femminili o ibridi tra specie diverse. Malgrado questo rompicapo demografico il poligono si può riprodurre anche in assenza della controparte maschile. Come? Disperdendo nell'ambiente frammenti di pochi grammi del rizoma, la parte sotterranea del fusto che in questa specie può arrivare fino a una profondità di quattro metri. Alterando l'equilibrio degli ecosistemi fluviali la pianta ne indebolisce anche la stabilità idraulica. In inverno, durante la fase di riposo vegetativo, il poligono secca privando gli argini della stabilità assicurata da rizomi e radici. Le sponde, in altre parole, rimangono a corto di protezioni naturali contro il fenomeno dell'erosione.

 

Il poligono del Giappone ricade sia nella lista delle IUCN (Unione della Conservazione della Natura) delle cento peggiori specie alloctone sia nell'elenco delle piante aliene dell'Organizzazione Europea e Mediterranea per la Protezione delle Piante (Eppo). Nel Regno Unito, così come negli Stati Uniti, piantarlo in giardino per inselvatichirne il paesaggio è un reato. Nonostante la pessima reputazione questa pianta non è ancora stata inserita nelle specie invasive comunitarie che includono il giacinto d'acqua e le nutrie.

Come spesso accade anche le piante invasive hanno qualche beneficio. Come nel caso della buddleia (Buddleja davidi), un'altra specie infestante di origine asiatica che dai giardini ha colonizzato le sponde di molti fiumi italiani, anche i fiori del poligono del Giappone sono una calamita per gli insetti impollinatori e in passato ne sono state celebrate le virtù per la produzione di miele. I consorzi fluviali. Per limitare l'invasione di questa pianta ci sono interventi specifici che dovrebbero essere eseguiti con la supervisione di un esperto. Ma la strategia più semplice ed efficace rimane non coltivarla in giardino.