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Startup

Wsense, i nodi sottomarini per scoprire i segreti del mare

Il dispiegamento dei sensori di Wsense in mare in Norvegia
Il dispiegamento dei sensori di Wsense in mare in Norvegia 
"Con la nostra tecnologia possiamo avere informazioni sulla CO2, la temperatura, la salinità. E possiamo tenere sotto controllo le correnti e il moto ondoso"
2 minuti di lettura

Internet of Underwater Things (Iut), ovvero l'Internet delle cose sottomarine. La romana Wsense opera in questo settore. Anzi, ad esser precisi lo sta di fatto costruendo. Nata nel 2017 come costola dell'Università La Sapienza di Roma, è specializzata in comunicazioni subacquee senza fili. Con tecnologie brevettate, sviluppa sistemi che utilizzano le onde acustiche, simili a quelle sfruttate dai delfini, e tecnologie ottiche per la trasmissione di informazioni. L'incarnazione concreta sono una serie di "nodi" sottomarini che possono dialogare fra loro anche a ottocento metri di distanza e ai quali è possibile collegare una pluralità di sensori, di ogni tipo o marca, capaci di raccogliere dati di qualsiasi genere.


"Potrà forse sembrare strano, ma noi di informazioni sul mondo sottomarino ne abbiamo davvero poche, a differenza di quel che succede sulla terraferma. Perfino quelle sulla superficie degli oceani sono sporadiche e poco accurate", racconta Chiara Petrioli, a capo di Wsense. Cinquant'anni, romana, un passato come ricercatrice e insegnante alla Boston University, l'idea le venne quando stava conducendo degli studi con il MIT. Una volta rientrata in Italia, ha deciso di metterla in pratica fondando questa "startup" che ha già raccolto quattro milioni di euro e che a breve dovrebbe ottenerne altri sei.

"Grazie alla nostra tecnologia si possono usare sensori per il monitoraggio in profondità per avere in tempo reale la variazione della temperatura ad esempio,  cosa che con la crisi climatica diventa fondamentale. Ma anche l'ossigeno disciolto, il pH, la salinità, i livelli di CO2, ammonio, fosfato... e poi tenere sotto controllo correnti e moto ondoso, analizzare i rumori di ambiente che possono dire molto sulla biodiversità e sull'eventuale inquinamento acustico. Insomma, parliamo dei primi osservatori wireless sott'acqua, posizionabili  fino a tremila metri di profondità". 

In superficie i nodi sono collegati ad una porta di accesso piazzata su una boa e alimentata da pannelli solari, oppure messa direttamente a terra se la costa non è distante. Il punto di accesso a sua volta dialoga con il cloud con tecnologie tradizionali permettendo di accedere ai nodi sottomarini e non solo ottenere i dati ma eventualmente cambiare i parametri della raccolta di informazioni.


Attenzione però: parliamo di Internet delle cose sottomarine, non di wi-fi sottomarino. Per quello bisognerà aspettare. Ciò significa che la larghezza di banda delle tecnologie Wsense, come delle altre che sono in fase di sviluppo, è pensata per connessioni stabili ai sensori. L'obiettivo è  la trasmissione di quel che percepiscono, ma certo non si arriva ai video in streaming in alta risoluzione.

"Stiamo lavorando ad aumentare la banda - prosegue Chiara Petrioli - con il prossimo passo apriremo le porte alla gestione di sistemi robotici e sarà possibile anche la trasmissione di brevi sequenze video". Già così i campi di applicazione sono tanti: fra gli altri il controllo della qualità ambientale, monitoraggio dell'acquacoltura, di porti e infrastrutture critiche, tra cui quelle energetiche come gasdotti e oleodotti, piattaforme di estrazione. Un mercato, quello della comunicazione wireless subacquea, che sta muovendo i primi passi e che vale per ora circa 3,5 miliardi di dollari, con previsioni di crescita del 22 per cento da qui al 2027. Stime, per carità, che però potrebbero anche dimostrarsi in difetto visti i possibili campi di applicazione futuri.


Intanto Wsense, che spesso sperimenta le sue soluzioni in Norvegia, continua ad ingrandirsi e ad allargare le operazioni. Ha uffici in Italia, Norvegia e Regno Unito, oltre a clienti che sono raddoppiati nell'ultimo periodo e che comprendono nomi del calibro del nostro ministero della Difesa e aziende come Leonardo, Leroy, Saipem, Eni, Terna, Enea, Ingv e il National Oceanography Centre. Raccoglie anche consensi in quantità notevole: a gennaio il World Economic Forum l'ha premiata con il riconoscimento Ocean Data Challenge, nell'ambito della sessione The Earth Data Revolution. Si è aggiunto a quello ottenuto nel 2022 nella Digital Challenge dello European Institute of Innovation and Technology (Eit) e ai due Blueinvest awards della Commissione europea.

"Noi siamo un'azienda deep tech, sviluppiamo tecnologie che non è facile da replicare. Richiedono molti investimenti e molta ricerca", conclude Petrioli. Soprattutto sono arrivati per primi. Le altre soluzioni non solo non sono compatibili con i sensori altrui, ma hanno bisogno del 90% di energia in più per funzionare rispetto alle tecnologie di trasmissione di Wsense. Non è un vantaggio da poco ed è futto di questa "startup" romana che sembra già essere diventata grande.