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L'intervista

"Il rapporto Ipcc descrive una situazione grave, ma c'è speranza"

"Il rapporto Ipcc descrive una situazione grave, ma c'è speranza"
Anna Pirani è a capo dell'Unità tecnica dell'international Panel on Climate Change: "Tagliando le emissioni possiamo limitare gli effetti del riscaldamento globale in misura significativa". L'aspetto umano del lavoro: "Ritmi massacranti, ma è un'esperienza unica"
2 minuti di lettura

Dietro le tante pagine con i dati scientifici e le raccomandazioni politiche del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6), pubblicato oggi, ci sono persone che da anni si dedicano con passione a un lavoro complesso di coordinamento, revisione, mediazione. Anna Pirani è tra queste: un PhD in oceanografia, la scienziata italiana è senior research del Centro Euromediterraneo sui cambiamenti climatici (Il CMCC svolge l'attività di Focal Point IPCC per l’Italia) e si divide tra Trieste, dove si dice "ospitata dal Centro di fisica internazionale Ictp" e Parigi, dove si riunisce l'unità tecnica dell'IPCC che dirige.

Le parole chiave del rapporto sono "gravità", "urgenza" "speranza". Ci spiega perché un quadro così fosco, delineato dalle prime due, lascia ancora spazio alla speranza?

"Possiamo raggiungere un mondo più sostenibile: ridurre rapidamente le nostre emissioni può limitare il riscaldamento globale. Questa è una buona notizia, perché sappiamo che le scelte che facciamo oggi determinano il futuro condiviso delle persone che abitano l’intero Pianeta. C'è però l'urgenza di agire subito, perché gli effetti del riscaldamento globale sul clima, con ripercussioni sugli ecosistemi e la società, sono evidenti a tutti e le risposte a questa emergenza non sono state fino a oggi chiare. La situazione è grave, non possiamo più usare termini diversi, perché il riscaldamento globale ha effetti in tutte le regioni, con alcuni ecosistemi e popolazioni maggiormente in pericolo, dove si stanno già superando i limiti di adattamento. Ma la considerazione generale non è deprimente, perché si possono limitare questi effetti in maniera significativa".

Nel suo ruolo è implicita la mediazione tra i resoconti fatti dagli scienziati e le elaborazioni fatte dai governi. C'è chi rema contro?

"Ho davvero visto ho visto tutti i governi preoccupati per la gravità della situazione quanto noi scienziati. Poi, certo, come vogliono rispondere a questa emergenza differisce e ha a che fare con la situazione di ogni singolo Paese. ma fin dall'inizio dei lavori i governi interagiscono accordandosi sul contenuto dei rapporti, per cui se si leggono termini come "gravità e urgenza" sono condivisi anche dai rappresentanti politici. Del resto, questi rapporti servono proprio a sviluppare le politiche e il dibattito durante l'approvazione serve a far sì che ci sia un messaggio chiaro, che parli ad ognuno di questi governi".i".

Quanto lavoro e quanta fatica ci sono dietro a ogni capitolo del Rapporto?

"È un lavoro molto intenso, senza tregua. In più c'è stata anche la pandemia e tradurre le nostre discussioni, i momenti di confronto soltanto online non è stato facile. Per noi le riunioni in presenza sono una chiave essenziale per arrivare a soluzioni condivise".

Intende che c'è un lato umano importante quanto i dati scientifici?

"Sì, si sta chiudendo un ciclo e stiamo riflettendo molto su questo tempo passato insieme, tutti coloro che ne hanno fatto parte, autori e delegati, parlano di un'esperienza umana molto importante. Ci si stanca, spesso i ritmi di lavoro sono massacranti, ci si scontra su posizioni estreme, ma nessuno abbandona e chi ha già lavorato alla stesura di un rapporto vuole tornare".