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Il commento

Facciamo in modo che l'Overshoot Day l'anno prossimo non cada ancora prima

Facciamo in modo che l'Overshoot Day l'anno prossimo non cada ancora prima
Il consumo di risorse naturali ci destabilizza e ci proietta nell’era dell’insicurezza climatica, uno stato di crisi e incertezza diffusa. Eppure dopo cinque mesi abbiamo già finito il nostro "budget" annuale
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Lunedì 15 maggio, data da segnare sul calendario. Per noi italiani è l’Overshoot day, il giorno in cui abbiamo raggiunto il limite. In questi primi 135 giorni dell’anno, abbiamo esaurito virtualmente le risorse naturali a nostra disposizione, e d’ora in poi andiamo a debito. Significa che sfruttiamo la natura più in fretta di quanto essa possa rigenerarsi. Immaginate di avere una dote annuale di denaro, da spendere in 12 mesi: ecco, la bruciate in soli cinque mesi e mezzo. I rimanenti mesi dell’anno proseguite in perdita. Una perdita che si aggiunge ai debiti degli anni precedenti.

 

La nostra dote sono le risorse del Pianeta: biodiversità, capacità di assorbire i gas serra generati dalle attività dell’uomo, risorse idriche. Se tutti si comportassero come noi italiani, la Terra inizierebbe già da metà maggio a essere sfruttata oltre le sue capacità di auto-rigenerarsi. Per essere considerati sostenibili ci servirebbero quasi tre pianeti. L’Overshoot day viene calcolato dall’ente Global Footprint Network sulla base dei consumi dei singoli Paesi e sull’impatto ambientale delle nostre attività. Ogni Paese ha la sua data, e ogni anno la data viene aggiornata.

Il Qatar ha il 10 febbraio (i peggiori); gli Stati Uniti hanno il 13 marzo; la Giamaica il 20 dicembre, risultando così il Paese più virtuoso di questa strana classifica. Anche la media globale cambia di anno in anno. Nel 1972 l’Overshoot day cadeva il 10 dicembre: sforavamo di pochi giorni il budget. Nel 2002 il 18 settembre. La data è stata anticipata quasi ogni anno, tranne in poche e straordinarie occasioni. Per esempio nel 2021, anno successivo all’inizio della pandemia Covid, è slittato di qualche giorno. Quest’anno potrebbe arrivare intorno il 26 luglio o 27 luglio, lo scopriremo il 5 giugno quando lo annunceranno ufficialmente. In questa condizione, avremmo bisogno di 1,75 pianeti. La situazione è degenerata in fretta: l’homo sapiens è comparso almeno 300.000 anni fa, ma solo negli ultimi settanta ha iniziato a provocare danni irrimediabili all’ambiente.

 

Non tutta la comunità scientifica è convinta che il calcolo dell’Overshoot day sia accurato. Per alcuni è una sottostima, per altri semplifica troppo una questione ben più complessa. Rimane però uno strumento fondamentale per capire quanto pesiamo sulle risorse del Pianeta. Una cartina al tornasole per capire se gli scenari stanno migliorando o peggiorando. Non è l’unico indicatore a nostra disposizione. Due anni fa gli scienziati dell’Istituto israeliano Weinzmann hanno annunciato su Nature che le nostre creazioni artificiali ha superato, in termini di peso, tutte le biomasse naturali. Il nostro cemento, il nostro vetro, la plastica, tutto ciò che fabbrichiamo pesa di più dell’insieme di alberi, animali, funghi del Pianeta. Abbiamo, insomma, superato il punto di non ritorno. 

 

Il nostro impatto non si ripercuote solo sulla natura, ma anche contro noi stessi. Le ferite ambientali e il collasso climatico colpiscono i fragili equilibri geopolitici, esacerbano conflitti, aumentano le diseguaglianze. Un circolo vizioso che si propaga senza sosta di fronte alla nostra mancanza di coraggio. Il consumo di risorse e in particolare di risorse non rinnovabili, come il carbone, il gas e il petrolio, sembra offrire una strada verso il progresso, in realtà aumenta la nostra dipendenza da Paesi poco affidabili o poco democratici. Ci destabilizza e ci proietta nell’era dell’insicurezza climatica, uno stato di crisi e incertezza diffusa. Il 15 maggio finiamo il nostro budget, ancora una volta. Il nostro unico obiettivo è fare in modo che il prossimo anno l’Overshoot day non cada ancora prima.