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Biodiversità

Nove i lupi morti sull'Appennino, l'appello per fermare la strage

Nella foto di Dara Brody i sacchi con le carcasse degli animali morti
Nella foto di Dara Brody i sacchi con le carcasse degli animali morti 
Rewilding Apennines e altre associazioni chiedono interventi per la sorveglianza e la promozione della cultura della convivenza con le specie selvatiche. "Le esche avvelenate un pericolo per tutti"
2 minuti di lettura

Il numero di animali uccisi con esche avvelenate nel territorio di Cocullo, vicino all'Aquila, cresce ancora. Sono infatti nove i lupi e cinque i grifoni, che probabilmente si sono cibati delle carcasse dei predatori, morti per avvelenamento nelle zone limitrofe del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Una perdita immensa di biodiversità che le indagini in corso, portate avanti dai carabinieri forestali, dal Servizio di Sorveglianza del Parco con le unità cinofile antiveleno e dagli esperti di Rewilding Apennines fanno attribuire a una precisa volontà di uccidere i grandi carnivori.

"Hanno sterminato un intero branco - dice infatti Angela Tavone di Rewilding Appenines - con esche messe ad hoc. La data di morte dei lupi è infatti la stessa, i grifoni e i corvi si sono poi cibati delle carcasse, avvelenandosi a loro volta. I nuovi ritrovamenti di animali morti si devono alle indagini in corso proprio per cercare eventuali altre esche e capire chi c'è dietro questi crimini. Il personale e i volontari di Rewilding Apennines e di Salviamo l’Orso, insieme ai Carabinieri Forestali e al Servizio di Sorveglianza del Pnalm sono costantemente impegnati in attività di monitoraggio e controllo per arginare la strage".

Il sospetto che quanto accade nel territorio di Cocullo fuori da aree protette, ma nell'importante corridoio ecologico che unisce il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e il Parco Naturale Regionale Sirente Velino, sia un atto deliberato contro i lupi, o gli orsi marsicani che frequentano l'area, nell'ennesimo inasprirsi del conflitto tra specie selvatiche e uomo, è ormai quasi certezza. Nella zona non è la prima volta che qualcuno sparge esche avvelenate, mettendo a rischio non soltanto la vita degli animali, ma anche quella delle persone e degli animali domestici: negli anni scorsi nella stessa area e nello stesso periodo sono avvenuti episodi analoghi, che in un caso hanno ucciso per avvelenamento anche due aquile reali.

Secondo Rewilding Apennines e altre associazioni ambientaliste (Salviamo l’Orso, Io Non Ho Paura Del Lupo, Stazione Ornitologica Abruzzese, Storia della Fauna, LIPU, Altura, Orso & Friends, Appennino ecosistema, Ente Nazionale Protezione Animali, FederTrek, Paliurus, Mountain Wilderness, Altrementi, Ambiente e/è Vita, Dalla parte dell’Orso, WWF Abruzzo, Pro Natura Abruzzo, CONALPA, CAI Abruzzo, Ecotur, Intramontes e Wildlife Adventures) la gravità della situazione impone di aumentare le attività di sorveglianza. "Per questo abbiamo scritto una lettera alle autorità nazionali, regionali e locali competenti in materia ambientale e di polizia giudiziaria - dice Tavone - per chiedere con forza incisive azioni di prevenzione del fenomeno degli avvelenamenti e il rafforzamento delle procedure di intervento e investigazione, per ridurre il più possibile questo gravissimo rischio per la biodiversità e per le comunità umane".

Le associazioni chiedono con urgenza un incontro, una sorta di vertice straordinario, perché straordinaria è l'emergenza. "Lo spargimento di bocconi avvelenati o carcasse con veleno sul territorio è una pratica criminale che deve essere combattuta e condannata e che rappresenta una minaccia per la sicurezza, non solo della fauna selvatica, ma anche dell'uomo e degli animali da compagnia. L'impatto di queste attività illegali è enorme e spesso difficile da verificare nella sua totalità, riflettendosi a cascata su tutti gli animali che di volta in volta si alimentano su queste fonti" osservano ancora da Rewilding Apennines.

"Ci rivolgiamo a ogni singolo cittadino,  - è la conclusione della lettera - affinché sia consapevole che questi crimini sono purtroppo ancora presenti e possa farsi portavoce di una cultura diversa, fatta di conoscenza e rispetto della natura, di attaccamento al luogo e di coesistenza con la fauna selvatica".