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Economia circolare

Slow Fiber: una filiera per la moda più durevole, pulita e giusta

(Pixabay)
(Pixabay) 
Nasce una rete d'imprese che vuole dimostrare che il tessile può essere durevole e sano, fondata da Dario Casalini. "Capi che sono sani per chi li indossa, puliti a livello ambientale e giusti in quanto chi li ha prodotti è stato correttamente remunerato"
3 minuti di lettura

Dopo Slow Food, associazione internazionale nata nel 1986 da un'idea vincente di Carlo Petrini per promuovere un cibo "buono, pulito e giusto", è arrivato il momento di Slow Fiber, una rete d'imprese che vuole dimostrare che il tessile può essere durevole e sano, fondata da Dario Casalini.


Alcune delle problematiche della fast fashion sono sempre più evidenti: ogni anno nell'Unione Europea vengono scartati 5,8 milioni di tonnellate di prodotti tessili e solo l'1% dei capi in tutto il mondo viene riciclato in nuovi indumenti. Nei primi mesi del 2023, la Commissione Europea ha lanciato la campagna ReSet The trend per promuovere una moda più circolare e sostenibile.

Contrapporsi agli sprechi di questo settore è anche l'obiettivo di Slow Fiber. "L'idea- racconta Dario Casalini - è quella di creare un modo di produrre e di consumare differente dalla fast fashion in termini di durata dei beni che produciamo e di contenuto valoriale che la filiera riflette sia in termini ambientali sia sociali. Quel modello è fondato sulla quantità, velocità, standardizzazione e anche sfruttamento, il nostro, invece, sulla lentezza e qualità che dura nel tempo. Capi che sono sani per chi li indossa, puliti a livello ambientale e giusti in quanto chi li ha prodotti è stato correttamente remunerato."

Criteri della rete Slow Fiber

"Ogni parolina chiave - sostiene il fondatore - l'abbiamo declinata in una serie di requisiti che sono in tutto un'ottantina. Alcuni sono obbligatori mentre per altri ci impegniamo tutti insieme a migliorare nel tempo. Se, per esempio, un'impresa autoproduce una certa parte di energia rinnovabile promette in futuro di fare di più. Ma è importante che si rifletta sull'intera filiera."

 

I KPI sono declinati per parola chiave, all'aggettivo "buono", per esempio, corrispondono: la garanzia di tracciabilità e trasparenza della filiera, il legame e radicamento nel territorio di origine e una mission aziendale che includa esplicitamente la sostenibilità (redazione di rendiconti e report periodici, compreso il bilancio).

Per "sano", invece, s'intende la conformità al Regolamento UE "REACH" o al protocollo "ZDHC" e audit chimici periodici anche sui propri fornitori. Alcuni dei criteri relativi al "pulito" sono: redazione di una politica ambientale in cui si specificano gli impegni, gli obiettivi e le azioni, ma anche conformità alle normative sulla disciplina e gestione degli scarichi idrici, delle emissioni atmosferiche e dei rifiuti. L'uso di energia da fonti rinnovabili, l'implementazione di criteri di eco-design e di progetti di economia circolare, upcycling, etc. e l'utilizzo di fibre di origine naturale certificate (es. FSC) o di fibre sintetiche derivanti da riciclo sono altri aspetti che la rete vuole mettere in risalto.

L'aggettivo "giusto", invece, deve essere caratterizzato per esempio da: l'osservanza del CCNL applicabile, sostegno dei diritti ad una retribuzione dignitosa e al bilanciamento vita-lavoro; rispetto degli standard di sicurezza e salubrità del luogo di lavoro; mappatura della filiera e identificazione dei fornitori a rischio, per impedire qualsiasi forma di sfruttamento del lavoro minorile o infantile.


Quali sono, invece, i criteri relativi al termine "durevole" per Slow Fiber? Si mette in risalto la presenza di un sistema di gestione della qualità; la misurazione LCA o PEF sui propri prodotti, l'attivazione di servizi post-vendita per limitare l'impatto dei capi a fine vita o prolungarne l'utilizzo; e attività di formazione e divulgazione di pratiche per la corretta manutenzione.


"In Oscalito- racconta il fondatore- per esempio, utilizziamo solo materie prime di origine naturale e ci alimentiamo solo con energia verde, le catene di forniture sono filiere vicine (italiane ed europee) e il nostro rapporto con i partner è di lungo corso con condizioni eque che fanno crescere entrambi. Le imprese che sono nel gruppo sono certificate ZDHC, uno standard molto alto, e si impegnano ad un consumo di acqua sempre minore. Molte aziende che fanno parte della rete sono certificate GOTS o Ecotex. Noi ci poniamo, rispetto alla normativa italiana, degli standard volontari ancora maggiori ma progressivi."
 

Le aziende e gli obiettivi per una moda più sostenibile
 

Le imprese che fanno parte di Slow Fiber rappresentano un po' tutta la filiera: a partire dalla fibra fino al prodotto finito. Attualmente sono queste le aziende della rete: Pettinatura di Verrone, Lanecardate, Italfil, Olcese Ferrari, Tintoria Felli, Finissaggio2000, Maglificio Maggia, Vitale Barberis Canonico, Oscalito, Remmert, Pattern e Holding Moda (raggruppano aziende che nascono come familiari e fanno produzioni virtuose e di nicchia e lavorano per i grandi gruppi del lusso), Quagliotti, L'Opificio e Dinole.


Casalini sostiene che "lavoriamo su due percorsi paralleli: da un lato vorremmo che tutte le aziende come noi aderissero al progetto così da proteggere, promuovere la filiera tessile italiana e proseguire nel cammino della sostenibilità. Dall'altra puntiamo sulla comunicazione ed educazione del consumatore per modificare le sue abitudini di acquisto in modo da comprare meglio, meno e guardando i valori di filiera che quel capo riveste.

Sappiamo molto del food ma poco del tessile. La sostenibilità per noi è un cammino, un percorso da fare, non si può esserlo al 100% perché tutto quello che facciamo ha un impatto. Ogni giorno, però, bisogna impegnarsi per fare un pezzettino in più."