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Il caso

Inquinamento da plastica, perché la bozza del trattato globale delude

I Friday for Future in Darsena, a Milano, con una grande balena di plastica per sensibilizzare la cittadinanza sul cambiamento climatico
I Friday for Future in Darsena, a Milano, con una grande balena di plastica per sensibilizzare la cittadinanza sul cambiamento climatico (fotogramma)
La "zero draft" del testo che dovrebbe regolare una strategia contro l'inquinamento da plastica al livello globale non va nel dettaglio. Le critiche mosse dagli ambientalisti: "Non stabilisce standard minimi per i piani nazionali, né attribuisce poteri specifici al meccanismo"
3 minuti di lettura

Un primo passo nella lotta globale all'inquinamento da plastica. Che fa seguito all'accordo dello scorso marzo, sottoscritto da 175 Paesi del mondo che hanno formalmente aderito all'iter di un trattato giuridicamente vincolante, da perfezionare entro la fine del 2024. Arriva la bozza, la cosiddetta zero draft, del Trattato: un testo di partenza, e dunque ancora largamente rivedibile, pubblicato dall'Unep, il Programma dell'Onu per l'ambiente, alla vigilia dei negoziati internazionali sul tema, previsti a Nairobi, in Kenya, il prossimo novembre.


Il testo prende le mosse da quanto emerso nelle prime due sessioni del Comitato intergovernativo di negoziazione, avvenute a Parigi, sintetizzando di fatto il mandato della risoluzione 5/14 dell'assemblea delle Nazioni Unite per l'Ambiente.


Si articola in 51 pagine che partono dall'obiettivo condiviso, su linee ancora molto generali, di "porre fine all'inquinamento da plastica", con un approccio globale che affronti l'intero ciclo di vita della plastica, lavorando per una sua progressiva riduzione e per una eliminazione dei rifiuti plastici entro il 2040. Insomma, i Paesi si impegnano nel "raggiungimento di uno sviluppo sostenibile" con effetti significativi sugli ecosistemi dell''ambiente marino, il più colpito dalla cosiddetta marine litter, ma anche sulla protezione "della salute umana e dell'ambiente".

Una dichiarazione di intenti che viaggia tuttavia su linee molto generali: pur imponendo alle parti di "adottare le misure necessarie per prevenire e mitigare i potenziali impatti negativi derivanti dalla produzione di polimeri plastici primari" e indica l'esigenza di prodotti alternativi alla plastica, che "siano sicuri, rispettosi dell'ambiente e sostenibili", il documento non entra nel dettaglio delle strategie da adottare nei singoli paesi. E anche i riferimenti ai temi dell'economia circolare - a cominciare dall'ecodesign e dalle diverse modalità del riutilizzo, dall'esigenza di recuperare gli attrezzi da pesca abbandonati e dalle responsabilità estese dei produttori - restano molto in superficie.

A ciascuno dei Paesi firmatari, già coinvolti - nell'ambito degli Accordi di Parigi - nella missione di contenere la temperatura globale sotto i 2°C e preferibilmente sotto la soglia degli 1,5°C  è chiesto, insomma, di provvedere a un piano nazionale autonomo in grado di soddisfare gli obblighi che saranno legati al trattato globale. Già, ma con quali strategie e, soprattutto, con che tipo di controlli?

Le reazioni alla bozza del mondo ambientalista non sono, in effetti, particolarmente entusiastiche. Parla di "un primo passo importante" la ong californiana Climate Rights International, in prima linea nella lotta al climate change. Ma denuncia una mancanza "di chiarezza e ambizione sufficienti per affrontare pienamente le conseguenze della plastica sul clima, sulla salute e sull'ambiente", sottolineando come si tratti di un testo "vago e ambiguo sotto molti aspetti", che per esempio "non stabilisce standard minimi per i piani nazionali, né attribuisce poteri specifici al meccanismo".

Pur con un elogio generale della bozza, "che pone le basi per i prossimi negoziati", anche il WWF sottolinea "come vi siano anche elementi di debolezza". In particolare l'associazione evidenzia una certa "incertezza nel testo del trattato", circostanza che mostra "quante siano ancora le sfide da affrontare nei negoziati per raggiungere il nostro obiettivo di un pianeta libero dall'inquinamento da plastica". Anche per questo il WWF suggerirebbe "l'inclusione di divieti globali sui prodotti in plastica ad alto rischio, nonché sui polimeri e sugli additivi che destano preoccupazione".
"Se i paesi non riescono a stabilire forti misure comuni e sono tentati di optare per opzioni più volontarie - dice Eirik Lindebjerg, Global Plastics Policy Lead del WWF - non riusciremo ad arginare l'insostenibile inquinamento da plastica che il mondo sta già sperimentando".

"Siamo contenti di trovare nella bozza le nostre cinque priorità chiave e molte delle nostre raccomandazioni politiche - sottolinea invece Nicholas Mallos, vicepresidente per la conservazione di Ocean Conservancy - Ma se le Nazioni Unite e il mondo intendono seriamente affrontare la crisi dell'inquinamento da plastica, dobbiamo garantire che vengano adottate disposizioni più severe". Così Ocean Conservancy chiede che nel testo finale vengano fissati "obiettivi vincolanti a livello globale per ridurre la produzione di plastica".

Tra le richieste, la garanzia di "una transizione giusta, equa e inclusiva per il settore dei rifiuti" e "piani d'azione nazionali solidi e trasparenti che impongano di riferire come gli obiettivi siano perseguiti". "Questa - conclude Mallos - è un'opportunità irripetibile per noi per raddrizzare la nave nella quale viaggiamo, tutti insieme, e tracciare una rotta verso un futuro in cui non affogheremo nella plastica: la salute del nostro oceano e le nostre vite dipendono da questo".

E del resto lo stesso ultimo rapporto di Unep dal titolo emblematico (Chiudere il rubinetto: come il mondo può mettere fine all'inquinamento da plastica e creare un'economia circolare) indicava l'impatto di soluzioni immediate basate sulle 3R: il riuso (che garantirebbe un taglio del 30% dell'inquinamento nei prossimi 17 anni), il riciclo (20% in meno e fino al 50% eliminando i sussidi ai combustibili fossili e rafforzando le linee guida per migliorare la riciclabilità) e un riorientamento della produzione (il 17% in meno usando materiali alternativi). Con un risparmio di 1.270 miliardi di dollari legato al passaggio a un'economia circolare, ai quali andrebbero aggiunti 3.250 miliardi di dollari risparmiati da esternalità come salute, clima, inquinamento atmosferico e degrado dell'ecosistema marino.

Basterebbero questi dati per suggerire una svolta immediata, anche più di quanto non indichi la prima storica bozza del Trattato sull'inquinamento da plastica.