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L'intervista

Sabrina Speich, oceanografa italiana a Parigi: "Mari e oceani mai in pericolo come quest'anno"

Sabrina Speich, oceanografa fisica all'École normale supérieure di Parigi e membro del Pierre-Simon Laplace Climate Institute
Sabrina Speich, oceanografa fisica all'École normale supérieure di Parigi e membro del Pierre-Simon Laplace Climate Institute 
Sabrina Speich è oceanografa fisica all'École normale supérieure di Parigi e ha condotto diverse campagne di monitoraggio degli oceani. La cui "salute" si sta deteriorando sempre più
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Per gli antichi greci era Thalassa, una divinità così importante da essere addirittura antecedente agli dèi dell'Olimpo. Thalassa, cioè la personificazione del mare, la sorgente della vita sulla Terra, il guardiano del clima, il serbatoio di risorse ed energia, la casa di un enorme insieme di specie. Che però andrebbe rispettato di più, dato che la sua salute sta rapidamente degradando, principalmente a causa delle attività antropiche: gli ultimi otto anni, stando a due rapporti indipendenti pubblicati da Nasa-National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) e dal Copernicus Climate Change Service all'inizio del 2023, sono stati i più caldi mai registrati sul nostro pianeta, e il mare, allo stesso modo di quello che accadrebbe con una gigantesca spugna, ha assorbito circa il 90% del calore in eccesso (menomale: se così non fosse stato, la temperatura dell'atmosfera sarebbe oggi più calda di circa 33° C), il che ha fatto aumentare la temperatura delle acque, in media, di circa un decimo di grado per decennio.

Ma non solo: il mare, in virtù del fatto che assorbe gran parte dell'anidride carbonica rilasciata nell'atmosfera, sta diventando in media più acido e più salato; lo scioglimento dei ghiacciai ne sta provocando l'innalzamento al ritmo di tre millimetri l'anno. Insomma, niente di buono. Ne abbiamo parlato con Sabrina Speich, oceanografa fisica all'École normale supérieure di Parigi e membro del Pierre-Simon Laplace Climate Institute, che al Festival della Mente da poco concluso a Sarzana ha tenuto l'intervento "Meraviglioso, immenso mare" in cui ha raccontato le ricerche, i monitoraggi, le sfide e gli ultimi risultati della ricerca.

 

Professoressa Speich, com'è nata la sua passione per il mare?
"Il mare è meraviglioso, come dice esplicitamente il titolo del mio intervento [il tema del Festival della Mente di quest'anno è stato per l'appunto la meraviglia, ndr]. Lo vivo, lo osservo e lo studio praticamente da sempre. Mio nonno paterno era socio di un circolo velico e ha trasmesso a mio padre la passione per la vela. Sono salita per la prima volta in barca che non avevo neanche due mesi. Ho navigato molto con mio padre e ho apprezzato la meraviglia di vedere il mare dal mare, che è ancora più grande rispetto a quella che si ha stando sulla spiaggia. Allora ho deciso che il mare sarebbe stata la mia vita: al Liceo scientifico ho scoperto la fisica e poi, all'università, sono diventata oceanografa. Ho lavorato e vissuto più di vent'anni in Bretagna, a Brest, dove ha sede il più grande laboratorio oceanografico francese, e ho partecipato a svariate spedizioni di monitoraggio in tutti gli oceani del pianeta. Ora lavoro a Parigi e mi occupo attivamente di cambiamenti climatici e del loro impatto sul mare".

 

Come si studiano gli oceani oggi?
"Il primo metodo di osservazione è quello satellitare: con i satelliti siamo in grado di misurare variabili come la temperatura, il livello del mare, la salinità, la presenza di clorofilla - tutti indicatori dello stato di salute delle acque e dei suoi abitanti. Tuttavia gli oceani sono "opachi", nel senso che con i satelliti se ne può studiare solo la superficie. Per tutte le misurazioni in profondità bisogna andare in situ. Ed è quello che facciamo con le navi oceanografiche e i loro strumenti: abbiamo a disposizione dei robot che vengono immersi e prelevano campioni di acqua a profondità diverse, fino a 3-4mila metri. La prima grande campagna di campionamento è durata un decennio, dal 1990 al 2000, e ha fornito dati preziosissimi. Tuttavia, portare in mare una nave oceanografica è molto costoso: per questo abbiamo sviluppato altri metodi di campionamento, tra cui una serie di boe che vengono lasciate in mare e sono in grado di immergersi fino a 2mila metri, degli alianti marini, dei droni, perfino dei dispositivi posti sul dorso dei mammiferi che vivono nel mare. Grazie a questi strumenti, oggi conosciamo praticamente a perfezione i dati dei primi 2mila metri di profondità di tutto l'oceano".

 

Cosa dicono questi dati? Cosa sta cambiando?
"Se guardiamo alla storia del nostro pianeta su scale temporali geologiche ci rendiamo conto che il clima è sempre cambiato. Ma ora sta succedendo qualcosa di molto diverso: i cambiamenti avvengono su scale temporali molto più rapide. Il riscaldamento è legato a un aumento dell'energia interna del sistema Terra, e la maggior parte di questa energia - il 90% circa - è assorbita dal mare. In questo senso il mare sta 'tamponando' gli effetti del cambiamento climatico, assorbendo energia e anidride carbonica dall'atmosfera. Gran parte di questo calore resta in profondità, dove può 'rimanerci' per decenni o addirittura secoli; alcune regioni, invece, tra cui per esempio quelle tropicali, rilasciano il calore assorbito piuttosto rapidamente, nell'arco di due o tre anni. Quello che abbiamo osservato è in linea con quello che prevedono i principali modelli climatici: l'oceano si sta riscaldando e il livello del mare sta salendo in media di tre millimetri e mezzo ogni anno; tutto questo sta succedendo molto più rapidamente rispetto ai cicli 'naturali'. Le regioni più salate lo sono diventate ancora di più, perché è aumentata l'evaporazione. I dati di quest'ultimo anno sono impressionanti, allarmanti: le ultime osservazioni di Copernicus hanno mostrato che a luglio la temperatura media del mare è stata superiore di mezzo grado rispetto alla media del periodo 1991-2020. Mezzo grado può sembrare poco, ma è in realtà tantissimo se si pensa a quanta energia è necessaria per scaldare l'acqua di tutto l'oceano. È un dato impressionante, il culmine di un trend iniziato nell'aprile scorso e che non sembra seguire alcun ciclo stagionale".

 

Cosa dovremmo fare, a parte allarmarci?
"Il cambiamento climatico è un problema complesso, che deve essere preso in mano dai governi e dagli enti intergovernativi. In questo le azioni dei singoli, purtroppo, non contano molto, anche se è importante continuare a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema. Per avere risposte e intraprendere azioni concrete è necessario che tutti i paesi si siedano attorno a un tavolo, dati alla mano, e pongano dei limiti a quello che si può o non si può fare. Quello che cercano di fare, per esempio, istituzioni come la Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. C'è bisogno di agire, e subito."