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Agricoltura

Il cambiamento climatico manda in crisi la produzione di olio in Europa

Un uliveto in Spagna
Un uliveto in Spagna (reuters)
Le stime si avranno a fine raccolto ma le previsioni sono negative. La siccità e le alte temperature, dalla Spagna alla Grecia e all'Italia, rischiano di far abbassare la raccolta di olive di un terzo rispetto agli anni passati con un conseguente aumento dei prezzi
2 minuti di lettura

Con l'autunno alle porte, gli agricoltori si preparano per la tradizionale raccolta delle olive, a mano o con l'ausilio di macchinari. Convogliate nelle reti, le drupe finiscono poi nelle ceste o nei sacchi di iuta, iniziando così il loro viaggio verso il frantoio. Quest'anno, però, a causa del caldo estremo e della siccità provocati dai cambiamenti climatici, in Europa la realizzazione di olio è a rischio. In particolare, nonostante l'entità del danno non sarà nota fino al termine del raccolto, gli esperti sostengono che la produzione europea potrebbe diminuire di 700mila tonnellate, un calo di oltre il 30% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.


I problemi dell'Andalusia

La nazione più colpita è la Spagna, il maggiore fornitore mondiale di olio di oliva. Qui le ondate di calore sono cominciate ad aprile e si sono susseguite per tutta l'estate, con picchi superiori ai 40 gradi. La situazione era tale che, a maggio, il vescovo Sebastián Chico Martínez della città di Jaén, in Andalusia, ha guidato una processione religiosa durante la quale i fedeli hanno invocato la pioggia per gli uliveti. "Senza acqua non c'è ulivo e, senza ulivi, la nostra provincia soffre", disse allora il presule. Fatto sta che il prossimo raccolto non promette nulla di buono. "Il clima resta sfavorevole", considera Kyle Holland, analista di Mintec, azienda di ricerche di mercato. "Pertanto si prevede che la resa sarà di nuovo molto scarsa, ancora una volta al di sotto della media storica".


Da Creta alla Tracia

Anche in Grecia i produttori sono scoraggiati. "L'aumento termico ha favorito sia la diffusione della mosca dell'olivo, sia la scarsa fruttificazione", lamenta Ioannis Kampouris, produttore della regione della Corinzia, nel Peloponneso. Secondo le stime, durante la prossima stagione verranno probabilmente prodotte circa 200mila tonnellate di olio, a fronte delle oltre 300mila dello scorso anno. Nel frattempo, a Creta, gli agricoltori attendono uno dei peggiori raccolti mai registrati sull'isola. "Consiglio ai consumatori di risparmiare l'olio di quest'anno per usarlo anche l'anno prossimo", suggerisce l'agronomo Manolis Gelasakis. Problemi riscontrati anche a Lesbo, dove gli ultimi tre inverni sono stati particolarmente caldi. "La fioritura degli ulivi è ridotta. Anzi, peggio, non tutti i fiori si sono trasformati in frutti", constata il produttore Stratis Sloumatis. Non va meglio in Tracia, dove scarseggiano le olive Makri, una varietà autoctona che produce l'omonimo olio, certificato con la Denominazione di origine protetta.


Precarietà in Italia

Rispetto a Spagna e Grecia, nel nostro Paese la situazione è meno critica. "Ancora non disponiamo di proiezioni esatte", spiega Nicola Di Noia, direttore generale del Consorzio olivicolo italiano Unaprol, amministratore delegato di Fondazione Evoo School e presidente del Centro assistenza agricola Coldiretti. "Se prossimamente pioverà la produzione sarà in linea con le aspettative e le annate precedenti. Se, invece, non pioverà avremo difficoltà. Anche se la realtà italiana è a macchia di leopardo, con rilevanti differenze tra le varie regioni e province. Tuttavia, visti i cambiamenti del clima, è ormai indispensabile contrastare l'andamento altalenante e l'incertezza della produzione con politiche più attente all'impiego dell'acqua. Da anni la nostra associazione chiede di mettere in atto procedure finalizzate a raccogliere e conservare l'acqua piovana, per poterla utilizzare nei momenti di criticità. Per fare ciò servono investimenti, attrezzature, infrastrutture, che speriamo vengano implementati grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)".


Il "nodo" dei prezzi

Carenze e incertezza avranno effetti sul mercato, facendo probabilmente lievitare i prezzi. Gli analisti si chiedono se, a questo punto, i consumatori continueranno ad acquistare l'olio d'oliva o preferiranno optare per altri oli. "In proposito ci vuole una politica culturale che promuova i prodotti di qualità presso gli acquirenti", sostiene Di Noia, "perché certamente l'olio extravergine costa di più rispetto alle miscele di oli, ma è un insostituibile alleato del gusto e della salute". Non per niente è considerato il re della dieta mediterranea, che - portafoglio permettendo - non dovrebbe mai mancare sulla nostra tavola.