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Le idee

Il 5 giugno a Roma, dove batte il cuore verde del Pianeta

Il Festival di Green&Blue celebra la Giornata mondiale dell'Ambiente tra Campidoglio e Tempio di Venere e Roma. Segui l'evento in streaming
3 minuti di lettura

Questa è una storia che parla della Luna, della prima foto della Terra (e anche della seconda in realtà), di un visionario che nel 1968 si era messo in testa di salvare il mondo; e del perché quest'anno, per la Giornata Mondiale dell'Ambiente, che come sempre, dal 1972, cade il 5 giugno, alcuni fra i più grandi scienziati e delle più importanti attiviste del clima si ritroveranno a Roma per mandare un messaggio urgente. Questo: abbiamo un piano per cambiare il mondo, e non vogliamo attuarlo (solo) perché il mondo forse sta finendo, ma perché in questo modo il mondo sarà migliore.


Queste cose le attiviste e gli scienziati le dicono da un po' in effetti, il piano di chiama Earth4All, "Una Terra per tutti", e c'è un libro che lo spiega per bene, e un sito web dove approfondire le varie cose da fare. Quello che stupisce semmai è perché questa cosa si fa proprio a Roma, la bellissima città che ci fa disperare per il suo traffico, quella con livelli di inquinamento dell'aria spesso fuorilegge, quella con i rifiuti che non spariscono mai, quella per la quale sui social è stato coniato l'hashtag #faschifo? Perché Roma sta per diventare per un giorno il posto dove batte il cuore verde del Pianeta?

Le risposte plausibili sono tante, come vedrete. E in fondo la più facile, e anche una delle più pertinenti è: perché a Roma c'è una delle voci più autorevoli del mondo quando si parla di contrasto al cambiamento climatico:  papa Francesco, che dalla Laudato Si' non ha mai smesso di far sentire la sua voce "per porre fine a questa insensata guerra al Creato", come ha detto ancora dopo l'alluvione in Romagna. Il Papa dunque, ma non solo.

 

L'altra risposta possibile, ed assolutamente pertinente, è che in fondo tutta questa storia del cambiamento climatico (che prima si chiamava riscaldamento globale, un termine che rende meglio l'idea) e della necessità di cambiare il nostro modello di sviluppo, nasce proprio a Roma. Nella primavera del 1968. Allora Aurelio Peccei, un economista torinese che aveva avuto ruoli importanti in grandi aziende come Fiat e Olivetti, invita a Roma un gruppo di scienziati.
 

Con lui c'è il direttore scientifico del'Ocse, lo scozzese Alexander King. Il luogo è il più prestigioso: l'Accademia dei Lincei a Trastevere. L'obiettivo, rispondere alla domanda: siamo sicuri che questo modello di sviluppo, che mette il denaro e i consumi davanti a tutto, sia sostenibile? Oggi lo sappiamo che non lo è, ma pensate ad allora, al boom economico che sembrava rendere ogni cosa possibile e abbondante. Al termine di quella riunione un gruppo di scienziati, non tutti, decide di dar vita ad un think tank e decidono di chiamarlo "Club di Roma". In quell'anno, la notte di Natale, gli astronauti della missione Apollo, ci regalano la prima foto a colori della Terra, il pianeta che sorge dietro la Luna. Quella foto la chiameranno "Earthrise" e secondo molti la nostra coscienza ambientale inizia a nascere in quel momento in cui vediamo, percepiamo la fragile bellezza del nostro pianeta.

Il Club di Roma inizia a lavorare, nel 1970 affida a un gruppo di giovani scienziati del MIT di Boston il compito di rispondere a quella domanda esistenziale, nel senso che dalla risposta dipende la nostra esistenza. Intanto, nel 1972, le Nazioni Unite stabiliscono la Giornata mondiale dell'ambiente (il 5 giugno, la prima a Stoccolma). E qualche mese prima esce il primo clamoroso rapporto del Club. Si chiama "Limits to Growth" e indaga, utilizzando per la prima volta modelli computerizzati, le diverse variabili del nostro abitare sul Pianeta, dalla popolazione al cibo alle risorse naturali, per concludere che esistono dei limiti allo sviluppo. Sempre in quell'anno, sempre a dicembre, un'altra missione Apollo ci regala la fotografia più famosa della Terra: non era la prima intera e non era la prima a colori, ma era forse la più bella che si fosse mai vista. La chiamano Big Blue Marble e diventa il simbolo dell'ambientalismo.
 

Sono passati cinquantuno anni, Aurelio Peccei è morto da un pezzo, il Club di Roma oggi è guidato per la prima volta da due grandi donne, ed ha da poco rilasciato un altro storico rapporto: Earth For All, una guida pratica per la sopravvivenza dell'umanità. Ecco perché il Festival di Green&Blue quest'anno si chiama "Una Terra per tutti" e si apre a Roma, nel luogo più iconico di Roma il Parco Archeologico del Colosseo, prima di spostarsi a Milano.
 

Ma c'è un'altra risposta alla domanda: perché a Roma? È una risposta più pratica e più attuale. Perché questa città ha deciso di puntare sulle comunità energetiche, energia rinnovabile e autoprodotta in ogni municipio; perché ha un piano della mobilità che ridurrà le auto e in particolare quelle più inquinanti, restituendoci aria pulita e spazi per camminare; perché sta portando i servizi e la cultura dove stanno i cittadini, in modo che in ogni quartiere ci sia tutto quello che ci serve a distanza di quindici minuti. Perché insomma anche la città eterna sta cambiando. Perché, come diceva Peccei, noi siamo il problema; ma anche la soluzione.