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Aziende sostenibili

Fincantieri, in crociera a zero emissioni

L'amministratore delegato Pierroberto Folgiero spiega la road map per il net zero dell'azienda. "Siamo avanti: nel 2027 presenteremo la prima nave a idrogeno"
2 minuti di lettura

Il percorso è tracciato, con il nome obbligato di "Road map to net zero". La parte più interessante è però dove porta quella strada: perché a zero emissioni nel 2035 non sarà un'auto o un camion ma un mezzo di trasporto decisamente più grande, una nave da crociera. Pierroberto Folgiero, ad di Fincantieri, si è presentato agli investitori con questo obiettivo e un piano fatto di passi intermedi, tra i quali nel 2024 la prima nave ad alimentazione duale diesel e gas naturale liquefatto - la Sun Princess del gruppo Carnival - e nel 2027 la prima capace di muoversi con batterie a idrogeno, le fuel cells. "In questo percorso Fincantieri è molto più avanti di quanto si immagini perché da 15 anni, in collaborazione con Siemens, ha introdotto questa tecnologia sui sottomarini, ottenendo importanti risultati", spiega.

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Ce li racconta?
"Non potendo sviluppare il nucleare, Fincantieri ha puntato sull'idrogeno. Oggi i nostri sottomarini navigano sott'acqua con le batterie a idrogeno con un'autonomia di sei giorni. Ovviamente il passaggio a navi di dimensioni molto più grandi come quelle da crociera dev'essere graduale. Nel 2027 la utilizzeremo per le manovre in porto in abbinamento con un motore a gas liquefatto, nel 2030 saremo in grado di associarla a un motore a metanolo, con un abbattimento del 61% delle emissioni".

 

Con quali tecnologie nel 2035 le navi a emissioni zero?
"Dipenderà dalle infrastrutture disponibili sulle banchine. Le studiamo tutte, poi arriveremo alle scelte definitive".

 

Le fuel cells sono un esempio di contaminazione fra industria militare e civile?
"Non è l'unico. Essere nei sottomarini sta diventando sempre  più importante in altri campi, soprattutto nelle infrastrutture marine. Oggi siamo il principale costruttore al mondo di imbarcazioni dedicate alla realizzazione di campi eolici offshore, un settore che entro il 2030 vedrà la capacità installata salire da 59,2 a 269 Gigawatt. È un'industria dove si stanno creando nuove esigenze. La prima è la sicurezza delle infrastrutture, in parte grazie anche alle tecnologie sottomarine. La seconda è lo sviluppo di campi eolici galleggianti".

 

Perché?
"Le pale sono issate sopra strutture semi-subacquee di forma triangolare, con lati lunghi fino a 100 metri, che possono essere ormeggiate nei punti più battuti dal vento. Noi li chiamiamo "triangoloni" e, per farli galleggiare, sono necessarie competenze di ingegneria del mare - gli esperti di Archimede, come li chiamo - che noi abbiamo. Rispetto alle pale fisse sono più difficili da progettare ma semplificano moltissimo la messa in opera, che presenta grandi incognite quando vai a perforare i fondali marini".

 

L'Italia sta già studiando progetti di questo genere?
"Le ipotesi non mancano. Dal punto di vista dei venti, l'arco del maestrale tra la Sicilia occidentale e la Sardegna orientale è certamente il più promettente. Ma la cosa importante è che un progetto di questo genere potrebbe dare vita a una filiera interamente italiana destinata al mercato energetico, per la quale Fincantieri potrebbe lavorare in Italia circa 150mila tonnellate di acciaio. Nascerà quindi una nautica dell'acciaio per costruire questi oggetti e siccome andranno messi in opera ovviamente dovranno essere assemblati alla minore distanza possibile, perché non possono essere trasportati dall'Asia fino a qui".