Da scienziato a manager, da manager a ministro, da ministro a playmaker dell'energia. La traiettoria che ha portato Roberto Cingolani dalla cattedra di professore di fisica all'Università di Lecce fino all'inner circle di Mario Draghi a Palazzo Chigi è fatta da una sequenza di accelerazioni, di scommesse accettate sempre al rialzo. Lo stesso ministro racconta a Green&Blue i suoi ultimi 15 mesi, da titolare della Transizione ecologica, come un susseguirsi di sfide. "Tutto è iniziato con un grande progetto tecnico, il Pnrr, per il quale poteva essere utile il profilo di uno scienziato con esperienza anche manageriale. Quando abbiamo cominciato a mettere giù il programma è scoppiata una guerra che nessuno avrebbe mai potuto prevedere. E quindi si è passati da una sfida gigantesca dal punto di vista della trasformazione dei nostri modelli economici e sociali ed energetici, a una emergenza che ha messo in pericolo tutti questi modelli. Adesso la vera sfida è superare questa emergenza senza assolutamente cambiare i grandi obiettivi che ci siamo posti con il Pnrr per la Transizione ecologica".
La carriera di scienziato-organizzatore inizia vent'anni fa, quando a Lecce, Cingolani fonda e dirige il Laboratorio nazionale di nanotecnologie. Nel 2005 viene chiamato a guidare il neonato Istituto italiano di tecnologia, con sede a Genova. Un incarico che durerà 14 anni, durante i quali Cingolani rivendicherà i successi di un centro di ricerca che spazia dalla robotica alle neuroscienze, a cominciare dalla capacità dell'Iit di attirare nel capoluogo ligure scienziati stranieri, una eccezione nel panorama accademico italiano. Il ruolo gli attira però non poche critiche: l'Iit, pur essendo un istituto statale, viene costituito come una fondazione di diritto privato, per poter operare attraverso una struttura simile a quella di una azienda. E dai critici il suo budget di 100 milioni l'anno è considerato sproporzionato, vista la carenza di risorse economiche che caratterizza la maggior parte della ricerca italiana.
Cingolani finisce al centro di una nuova polemica nel 2016, quando l'allora premier Matteo Renzi gli affida il progetto di trasformare la sede dell'Expo di Milano in una cittadella della scienza. Il direttore dell'Iit tira fuori dal cilindro l'idea dello Human Technopole, un centro specializzato nella medicina del futuro, fatta di supercomputer e laboratori di genomica. L'idea piace e sei anni dopo sta effettivamente prendendo forma, ma viene contestato il metodo: perché affidare a un singolo individuo un progetto del genere anziché consultare la comunità accademica che si occupa di quegli argomenti? Cingolani ha sempre replicato spiegando di considerarsi un civil servant che vuole essere giudicato dai risultati: la politica lo chiama per affidargli un progetto, lui lo porta a termine nel miglior modo possibile e poi torna a fare lo scienziato.
È andata così anche nel febbraio 2021 quando Mario Draghi lo ha voluto nel governo. C'era da scrivere il Piano nazionale di ripresa e resilienza e soprattutto il capitolo più robusto, quello relativo alla transizione ecologica. Cingolani, una volta insediato al Mite, è partito da ciò che aveva lasciato in eredità il governo Conte, avvertendo però in ogni intervista: "Fare il ministro non è il mio lavoro. Sono stato chiamato per scrivere il Pnrr. Appena finito, lascio".
Nel frattempo però il suo peso nell'esecutivo cresce, soprattutto perché al suo dicastero viene affidata la competenza sull'energia, prima appannaggio dello Sviluppo economico. Da lì la battaglia per snellire le procedure relative ai nuovi impianti eolici e fotovoltaici: in uno dei primi Consigli dei ministri Cingolani dice che in realtà servirebbe una transizione burocratica, per poi procedere con quella ecologica. Una schiettezza da fisico prestato alla politica che gli attira qualche critica, come quando sembra concedere una riapertura di credito al nucleare ("I referendum si rispettano, ma da scienziato dico che la ricerca andrebbe fatta"). In tempi più recenti, c'è chi lo accusa di puntare ancora troppo sui combustibili fossili (gas e carbone) per rendere l'Italia energicamente indipendente dalla Russia.
"Ma siamo in emergenza", ripete il ministro. "L'importante è superarla rispettando l'impegno preso con l'Europa: tagliare il 55% delle nostre emissioni di CO2 entro il 2030". Non sarà facile conciliare i compromessi della politica con i numeri della fisica.
DOVE E QUANDO
Lo stato della transizione ecologica
Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani interverrà al Festival di Green&Blue il 6 giugno, intervistato dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari