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Il progetto

Nelle università in cerca di startup che lottano contro il cambiamento climatico

Il Polihub di Milano
Il Polihub di Milano 
A Milano parte un acceleratore dedicato al climate change, a giugno si sbloccano 250 milioni di euro e intanto inizia la sfida per il Premio nazionale innovazione dedicato alle nuove aziende verdi
2 minuti di lettura

"È urgente. Più che importante per il futuro del Paese, è urgente". Enrico Deluchi è un ingegnere e manager di lungo corso. Da due anni guida Polihub, l'acceleratore di startup del Politecnico di Milano, con una missione: far crescere imprese innovative con tecnologie in grado di affrontare la transizione ecologica e energetica.


Urgente è un termine che usa più spesso per descrivere il suo compito e quello degli altri atenei che fanno parte di Tech4Planet, il polo per il trasferimento tecnologico di Cassa depositi e prestiti che vede coinvolti anche il Politecnico di Torino e quello di Bari. Per crearlo l'istituto si è impegnato con un investimento complessivo fino a 55 milioni stanziato da Cdp Venture Capital.


L'obiettivo è avviare un percorso che in tutta Italia aiuti la ricerca sulla sostenibilità ambientale a diventare impresa. Fare in modo che dai laboratori si passi alle startup, al mercato. "Qui a Polihub abbiamo un nostro metodo per accompagnare i ragazzi nel percorso che da ricercatori li porta a essere imprenditori. Non è facile, ma alla fine fare impresa è un po' come fare ricerca: si ha un problema, si cerca una soluzione. Appena questo principio viene assimilato succede come una magia. Si accende nei ricercatori un entusiasmo improvviso e da lì in poi non li ferma più nessuno", racconta Deluchi.


Polihub avvierà a luglio le iscrizioni per il lancio di un acceleratore di startup early stage (ovvero quando una startup è poco più che un'idea di impresa). Si chiamerà Encubator e il primo percorso di accelerazione partirà il prossimo gennaio. Offrirà un grant da 25 mila euro e 4 mesi di percorso di accelerazione. Senza chiedere nulla in cambio. Il focus è sempre quello: ambiente e energia. Due termini che insieme al digitale sono diventati centrali nell'agenda politica europea e che muovono buona parte dei finanziamenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.


Il governo ha assegnato 250 milioni di euro per il supporto di startup innovative e fondi di venture capital attivi nella transizione ecologica. Il decreto è in corso di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, mentre i fondi dovrebbero essere sbloccati il prossimo giugno.


Ma creare imprese che abbiano un cuore tecnologico così forte da affrontare temi così complessi come ambiente ed energia non è semplice. Non è come creare un'app. Non è come fare startup in un garage. Servono competenze. Servono conoscenze. Serve cioè quello che normalmente viene prodotto dalla ricerca degli atenei italiani.


Una miniera di idee ancora poco sfruttata. "Qui le chiamiamo startup deep-tech, un termine forse un po' nerd", scherza Deluchi. "In realtà si tratta di tecnologie, a volte molto complesse, che quasi sempre vengono dalla dedizione che i ricercatori mettono nella loro attività di laboratorio. Questo è il momento di mettere a frutto tutto ciò che queste ricerche producono. Ora abbiamo tutto ciò che serve", aggiunge.


Ogni anno le università italiane organizzano delle manifestazioni regionali alla ricerca delle migliori startup nate negli atenei. Si chiamano StartCup. Le più meritevoli prendono parte a al Premio nazionale innovazione, alla sua 20esima edizione, che vedrà la sua finale a dicembre a L'Aquila.  Quest'anno il Pni vede l'istituzione di una menzione speciale promossa da Green&Blue: un premio da 20.000 euro alla startup che avrà proposto la migliore tecnologia per contrastare il cambiamento climatico.


StartCup si terrà anche in Lombardia, a Milano, organizzata proprio da Polihub. Dal Pni sono nate startup che poi si sono affermate nei propri mercati di riferimento. Ora però, più che una questione di mercato, l'importanza delle startup e delle loro innovazioni tocca questioni cruciali per i settori strategici del Paese.


Per questo il governo ha cercato di accelerare il processo che porta dalle ricerche di laboratorio alle imprese con il decreto sui brevetti approvato a inizio aprile. "Fino a qualche settimana fa in Italia c'era una legge che attribuiva solo ai professori universitari la possibilità di decidere cosa fare della proprietà intellettuale delle ricerche svolte nei laboratori. Ora non è più così", spiega Deluchi. Solo un altro tassello nella strategia.


Ma quello più importante sono i ricercatori stessi che con i programmi di accelerazione universitari acquisiscono competenze per diventare manager delle loro scoperte. Ciò che sarà creato nei prossimi anni potrebbe contribuire a colmare il gap che finora ha diviso le startup italiane da quelle del resto d'Europa in termini di crescita, mercato e investimenti. Sarebbe un segnale importante se questo slancio arrivasse dal mondo della ricerca. Il momento è adesso.