L’ultima rivoluzione americana nel mondo della birra si chiama “farmhouse brewery” ed è più di una semplice tendenza. La “birra della fattoria” o “farmhouse beer”, si ispira alla tradizione della Bière de Garde francese e della Saison belga, interpretandola in chiave strettamente territoriale e rigorosamente a stelle e strisce. Non è altro, infatti, che uno degli ultimi atti del movimento di rinascimento delle birre americane, iniziato in sordina alla fine degli anni Settanta con i birrifici casalinghi, poi esploso negli anni Novanta con le birre artigianali o craft beer.
Lasciati alle spalle gli anni delle lager americane, delle birre industriali a bassa fermentazione e dal gusto anonimo, è con le artigianali che l’America rivoluziona la tradizione brassicola sia nel metodo, con l'alta fermentazione, che nell’utilizzo di luppoli e malti americani, che hanno portato a birre decisamente aromatiche, corpose e dal sapore innovativo. Oggi il mercato delle birre artigianali, dalla costa della California a quella di New York, è più che consolidato mentre la nuova frontiera è quella delle farmhouse brewery.
Un concetto che racchiude una produzione brassicola che nasce e si sviluppa in campagna, dove hanno sede i nuovi birrifici. Si parte dagli ingredienti: luppoli e cereali per la maltazione vengono coltivati nei birrifici di campagna o acquistati dai contadini locali, così come le spezie e le erbe utilzzate per aromatizzare le birre e il lievito utilizzato nella fermentazione, anche questo naturale. “Quello che distingue una birra artigianale da una birra della fattoria- dice Marika Josephson, proprietaria della Scratch Brewing company insieme a Aaron Kleidon, è la capacità di produrre la birra con tutte le materie prime coltivate in loco o acquistate dai contadini locali. Il concetto è molto generico ma per delimitarlo servono diversi elementi-chiave, tra i quali quello di supportare e sostenere l’agricoltura locale e di produrre una birra che diventa espressione del terroir”.
Inizia nel 1932 con i bisnonni, l’anno prima del proibizionismo, l’avventura del birrificio Bale Breaker, nella valle di Yakima, stato di Washington, nella West coast americana. Quattro generazioni di coltivatori di luppolo che nel 2013 sono diventati produttori, grazie all’avventura imprenditoriale di Meghann, Smitty e Patrick Smith - nipoti dei fondatori - e di Kevin Quinn, il marito di Meghann. Da Bale Breaker si fa una birra contadina di vario stile, dalla classica Ipa alla Imperial, con luppoli e lieviti prodotti in house. “La nostra birra della fattoria rientra nella filosofia dal produttore al consumatore" dicono. "Dare continuità alla catena produttiva arrivando, senza spezzarla, al consumatore finale, è il nostro obiettivo. Fare una farmhouse beer, significa anche innovazione ed investimento, nel metodo e nei macchinari per la produzione, senza rinunciare all’importanza degli ingredienti, che sono prodotti da noi in maniera naturale”.
Non una tendenza quindi ma una filosofia che sta investendo gli Stati Uniti incluse le grandi città come New York. Siamo a Long Island city, la zona del Queens scelta da Amazon come suo secondo quartiere. Qui nasce la prima farm brewing dello Stato di New York, Big aLice Brewing, che produce Ipa solo con luppoli, frutta e lievito dei contadini dello stato di New York.
L’ultima rivoluzione americana brassicola ritorna quindi alle radici: quelle dei padri pellegrini venuti dall’Olanda e dall’Inghilterra prima, dall’Irlanda e dall’Europa dell’Est dopo, che nella East coast hanno cominciato a produrre birra in casa e poi in birrifici contadini. Da allora ad oggi la tradizione, dopo l’era della birra industriale, continua nel segno della filosofia "drink global, brew local".
La nuova rivoluzione della birra americana: "Fresca di fattoria"
Liliana Rosano
"Drink global, brew local": è il motto di un nuovo movimento Usa. Che torna alle radici della birra in questi territori e lavora solo con luppoli e ingredienti coltivati o in proprio o da contadini selezionati