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Dry January, ecco perché da 10 anni nel mondo si celebra il gennaio senza alcol

Dry January, ecco perché da 10 anni nel mondo si celebra il gennaio senza alcol
L'iniziativa è nata nel 2012 grazie a Emily Robinson, impiegata di un'associazione no-profit britannica contro il consumo eccessivo di alcolici. Tra mocktail e bar alcol free, la tendenza è sempre più diffusa
2 minuti di lettura

NEW YORK. Dopo aver celebrato le feste e l’arrivo del nuovo anno, magari concedendosi qualche stravizio di troppo, sempre più persone in tutto il mondo scelgono di rinunciare, almeno per un po’, a birra, vino e cocktail. La pratica, che ha conquistato anche gli Usa, si chiama Dry January, e letteralmente significa “gennaio asciutto”, ossia un mese senza alcolici. Si parte all’inizio dell’anno allorquando si matura la convinzione che, dopo pranzi, veglioni e brindisi, sia necessario un periodo di detox e di abitudini alimentari piu’ sane.

Ma quando si è iniziato a parlare di Dry January? La pratica è nata nel 2012 grazie a Emily Robinson, un'impiegata di un'associazione no-profit britannica contro il consumo eccessivo di alcolici, che decise di correre la sua prima maratona e quindi di rinunciare all'alcol per un mese, a gennaio. Una scelta che ha iniziato a suscitare domande e curiosità, tanto che ne fu realizzata una campagna di marketing (dal nome appunto Dry January), lanciata nel 2013 dall'associazione per sensibilizzare gli inglesi a ripensare al loro consumo di bevande alcoliche. 

Da quel momento in poi l’interesse è cresciuto di anno in anno, tanto che dai 4.000 partecipanti alla prima iniziativa, nel 2020 quelli ufficiali sono diventati 130 mila, ma ce ne sono tantissimi altri che lo fanno senza dichiararlo. E negli Usa, un sondaggio di Morning Consult ha rilevato che quest’anno ha previsto di partecipare il 19% degli adulti, contro il 13% del 2021.

Secondo Ashley Jones, infermiera specializzata in pianificazione alimentare presso il Wexner Medical Center della Ohio State University, uno dei motivi della popolarità del Dry January è che sembra meno complicato eliminare un'abitudine come quella di bere alcolici piuttosto che iniziarne una nuova da zero, come ad esempio fare più esercizio fisico o impegnarsi a ridurre il consumo di carne. Questi due casi, infatti, richiederebbero il dover acquistare ad esempio un nuovo abbonamento in palestra, oppure cucinare di più a casa, rendendo il proposito ancora più oneroso o complicato da realizzare, specie per quelle che sono le abitudini degli americani.

Oltre ad avere benefici immediati, secondo il dottor Joseph Volpicelli, il cui centro a Plymouth Meeting, Pennsylvania, è specializzato nel trattamento delle dipendenze, il Dry January può aiutare le persone a valutare la propria relazione con l'alcol e come influisce sulla mente e sul corpo. “Quello che si impara può portare a cambiare, o ad eliminare del tutto, le cattive abitudini sul bere in futuro”, ha spiegato.

L’iniziativa, peraltro, ha preso piede soprattutto tra i giovani, tanto che molte aziende hanno lanciato versioni analcoliche delle loro bevande per rispondere alla domanda, i cosiddetti mocktail. Mentre a Londra, nel 2020 ha aperto il primo pub analcolico del mondo su iniziativa del colosso della birra scozzese Brewdog. Come spiega Wired, a differenza di un altro locale simile a Dublino, all’AF Bar (dove AF sta appunto per alcol free) non ci sono surrogati della birra o altre bevande analcoliche: è un pub a tutti gli effetti, con la differenza che l’intera offerta di birra ha un contenuto alcolico inferiore allo 0,5%, e quindi nel paese è considerata analcolica. 

Per diversi osservatori anche il vino analcolico sarà una delle tendenze del futuro: l’Ue lo scorso luglio ha dato il via libera - tra molte polemiche - alla sua produzione, affermando che si chiamerà vino e rientrerà anche nelle denominazioni d’ordine (una sconfitta per l’Italia che aveva chiesto di non chiamarlo vino). Un nuovo rapporto di IWSR, società di analisi del mercato delle bevande, ha esaminato i dati di Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sud Africa, Spagna, Regno Unito e Usa, rilevando che le vendite delle versioni analcoliche di birra, sidro, vino, liquori sono aumentate del 6% in quei Paesi nel 2021 e ora occupano una quota del 3,5% del settore, arrivando a un giro d’affari di 10 miliardi di dollari nell’anno passato, rispetto ai 7,8 miliardi del 2018.