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Alessandro Ceretto: credo nella biodinamica ma dico no alle battaglie ideologiche

Alessandro Ceretto (foto di Marina Spironetti - tratta la sito ufficiale Ceretto)
Alessandro Ceretto (foto di Marina Spironetti - tratta la sito ufficiale Ceretto) 
L'enologo dell'omonima cantina di Alba: "Non sono certificato perché non credo nelle certificazioni. Io però ho fiducia nel metodo e nella sua applicazione"
1 minuti di lettura

“Non sono certificato biodinamico e non faccio politica. Queste guerre ideologiche non mi appartengono, io voglio solo fare un vino sano e buono”. Alessandro Ceretto è l’enologo della famiglia Ceretto di Alba, ma soprattutto è colui che in pochi anni ha traghettato un’azienda da 170 ettari verso una scelta rivoluzionaria e radicale, convertendo ad agricoltura biologica tutti i vigneti di proprietà situati sulle colline di Langhe e Roero. Alessandro non ha mai fatto mistero del suo credo biodinamico, ma si tira fuori dalla battaglia ideologica andata in scena in questi giorni in Parlamento, che alla fine ha portato all’eliminazione della tutela dell’agricoltura biodinamica inizialmente inserita a palazzo Madama.

 

Per quale motivo?

“Perché non condivido affatto questa battaglia. Io faccio biodinamico perché credo nella biodinamica, ma non sono certificato perché non credo nelle certificazioni. Io credo nel metodo e nella sua applicazione, così come credo che un buon vino sia il frutto di tre elementi, origine, terroir e mano dell’uomo. Tutto il resto è marketing e comunicazione”.

 

E a chi vi contesta pratiche magiche come il famoso corno di vacca primipara da sotterrare in autunno e dissotterrare a Pasqua?

“Rispondo che sono d’accordo: non ha senso renderla una pratica riconosciuta dalla Stato, perché va oltre la scienza e non si può certificare. Ma dico anche che fa meno male dell’ennesima pastiglia che vorrà rifilarci qualche multinazionale chimica, spacciandola per naturale. Per questo mi tiro fuori dal dibattito e mi preoccupo solo di applicare un’agricoltura sostenibile, in grado di avere un maggiore rispetto del suolo, delle uve e dell'uomo”.

 

La certificazione biologica, però, l’avete ottenuta.

“Sì, perché è una pratica con parametri scientifici ben precisi e valutabili. Tutto il resto viaggia su un territorio troppo labile e personale, che aprirebbe mille contenziosi con gli stessi enti certificatori. Potremmo dire che io credo nella biodinamica, così come si crede nella religione. E non si va certo a messa per ottenere un certificato di buon credente. Esistono mille associazioni di vini bio, naturali, veri… noi non apparteniamo a nessuno di essi. Facciamo le nostre scelte ed evitiamo di renderle meri strumenti commerciali”.

 

Dunque, nessuna presa di posizione pro o contro?

“Ormai viviamo in una società tifosa, occorre sempre schierarsi a favore o contro qualcuno. Peggio: cerchiamo ogni appiglio per distruggere le idee degli altri, non per costruire. È una dinamica in cui non mi riconosco. Preferisco coltivare il dubbio, essere propositivo. E poi non è tutto così semplice: coltivare un ettaro di vigna è differente che condurne 10 oppure 100 ettari. E farlo in Piemonte è diverso che in Sicilia o in Sudafrica. Ma vai a spiegarlo a quelli che stanno seduti in Parlamento…”.