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Gianluca Gorini: “Così cucino l’Appennino: cervo, miele e bellezza”

Gianluca Gorini
Gianluca Gorini 
Lo stupore antico dello chef che gestisce l'omonimo ristorante a San Piero in Bagno (Forlì-Cesena) fra le montagne tosco-romagnole: “Qui tutto è verità,  rispetto e tradizione: sono i valori che riporto nei piatti”
2 minuti di lettura

"Inseguivo un tipo di cucina che avevo in mente, mi sono accorto che sentivo l’emergenza di entrare in profondità nella materia prima, di capirla in maniera viscerale, per tirare fuori la sua anima. Avevo bisogno di calarmi in un luogo dove circondarmi di purezza ed avere a disposizione materia prima di prossimità”, con questa spinta e questa motivazione lo chef Gianluca Gorini racconta di come è arrivato a San Piero in Bagno, un piccolo paese dell’Appennino toscoromagnolo lungo la strada che da Cesena conduce al passo del Verghereto. Siamo nel territorio delle Foreste Casentinesi, un’area boschiva che dal punto di vista naturalistico è tra le più pregiate d’Europa, ricca di flora e fauna selvatica. È qui che nel 2017 ha aperto il suo ristorante con l’insegna “Da Gorini” ed è da questo luogo che trae, oltre agli ingredienti per i suoi piatti, anche l’energia che arriva dal panorama, dalla cultura appenninica e dalla socialità di paese. 

 

“La montagna non è solo un paesaggio ma un luogo dove si custodiscono valori e verità che vivono nelle persone: quando incontri qualcuno per strada ti saluta anche se non ti conosce, se cammini la mattina presto senti il profumo del pane che esce dal forno”. Sono cose che fanno parte naturale della quotidianità del borgo e che confluiscono nella cucina di Gorini. Come? “Dal punto di vista della cucina, mi ha affascinato la semplicità con la quale lavorano la carne qua in Appennino. Una semplicità che è fatta principalmente di cura e rispetto. Io preparo, per esempio, una battuta di cervo al coltello con miele di castagne e riduzione di caffè e bergamotto. La carne viene battuta al momento del servizio e portata in tavola tiepida”.  Per lo chef una portata così semplice e autentica rappresenta il territorio che lo circonda e questo transfert è percepito chiaramente da chi assaggia il piatto e dice “wow”, travolto dalla potenza di questa energia.

 

“Qua è tutto talmente vero che riempie di verità ciò che faccio. Le persone che abitano il mio Appennino custodiscono grandi valori e a volte nemmeno se ne rendono conto; io li guardo con l’occhio esterno e noto tutta questa bellezza, verità e autenticità. Che riporto nel mio processo creativo e nei miei piatti”. Qui sono nati i Ravioli di scalogno liquido con primosale di capra e cicoria appassita; i tortelli ripieni di cacciagione con estratto di salvia e mela cotogna; il Maialino di Mora Romagnola arrosto o il Semifreddo al raviggiolo, amarene sciroppate, croccante alle noci e vermut rosso. Autenticità che si manifesta in cucina anche per l’uso della brace…” Lo splendore del fuoco / che nessun umano può guardare / senza uno stupore antico”, come scrive la poetessa cesenate Mariangela Gualtieri. E Gorini ha trovato in questo antico metodo di cottura – che usa specialmente per la carne – la chiave per restituire nel piatto l’essenza autentica del territorio. 

 

Gorini da qualche anno ha intrapreso un percorso di valorizzazione delle carni locali, sia quelle di allevamento che il selvatico cacciato in regime di selezione di cui l’Appennino è generoso sia in termini di quantità che – soprattutto – di qualità. “La carne fa parte della nostra cultura e della tradizione millenaria di questi luoghi, piuttosto che metterla al bando occorre imparare a mangiarla in modo più consapevole e soprattutto a riconoscere il valore di una carne di qualità”: 
Anche qui parliamo di rispetto, di autenticità e territorio. L’Appennino è un paesaggio geografico ma è esso stesso una materia prima “strepitosa”, come la definisce lo chef. 

 

“Io devo dare un valore aggiunto alla mia cucina: gli ospiti che vengono a San Piero, e si fanno anche 400 chilometri per arrivare da me, devono trovare qualcosa che non trovano altrove”. Il valore aggiunto si chiama Appennino. “Voglio fare in modo che i miei ospiti stiano bene, non solo quando sono seduti al ristorante, ma anche quando escono e si fanno una passeggiata nel borgo o nel bosco: fa tutto parte di un’esperienza unica”.

Gorini è un vero e proprio ambasciatore di questo spicchio di montagna: “Vorrei che la gente avesse la voglia di scoprire ciò che vedo io quando mi muovo qua intorno, e provasse quello che provo io. Il mio obiettivo è far conoscere il valore e l’unicità di questo territorio e la cucina è il mio mezzo per farlo”.