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Settant'anni di gusto: il valzer della dolcezza dei wafer di Babbi

Settant'anni di gusto: il valzer della dolcezza dei wafer di Babbi
La fondazione della famosa azienda pasticcera è avvenuta lo stesso anno in cui la regina Elisabetta saliva al trono. A sette decenni di distanza i famosi biscotti sono prodotti ancora con la stessa ricetta 
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Nella prima metà del ‘900 la Romagna era già animata dallo spirito di operosa cooperazione che l'avrebbe caratterizzata nei decenni a venire. Rombava sulla sua motocicletta, giovane entusiasta e appassionato di articoli dolciari. "Nonno Attilio ha fondato l’azienda nel 1952, ma ne aveva già una dal ’36 che non si chiamava col nome di famiglia. La aveva rilevata in eredità dal suo vecchio responsabile che, senza eredi, voleva la mandasse avanti lui” racconta Gianni Babbi. Settanta anni dalla fondazione, avvenuta lo stesso anno in cui la regina Elisabetta saliva al trono. Attilio aveva trenta anni quando “ha iniziato l’attività commerciale autonoma di rappresentanza con prodotti dolciari all’epoca importanti, marchi come Alemagna ai tempi leader di mercato, la Suchard svizzera per il cioccolato, un’azienda di coni che poi nel ’45 venne bombardata a Roma (la Norge, ndr) e la prima azienda inglese a formulare caramelle dal cuore morbido.” Un portafoglio di rappresentanze pregevoli che gli permise di conoscere a fondo il mercato e le sue esigenze, tanto che a guerra finita l’operosità del romagnolo si accese.

 

Dopo i bombardamenti a Roma, “il nonno si ritrovò senza avere un prodotto chiave che stava inserendo nelle latterie che facevano i gelati, i coni. Da lì si è ingegnato, andando a cercare il vecchio direttore di quell’azienda di coni” per capire e carpire i dettagli di lavorazione. “Fu nel ’46 che iniziò a produrre coni in proprio, sempre continuando con le rappresentanze, poi a fine del 1951 venne emanato un decreto, attuativo del 2 gennaio, per il quale le società dovevano aere come oggetto sociale l’attività prevalente. Ormai quella prevalente stava diventando la lavorazione dei coni, quindi dovette costituire un’altra società. Nasce così il 2 gennaio 1952 la Babbi”, mentre la precedente Cildea (coloniali interazionali lavorazioni dolciarie e affini) continuò a vivere in parallelo fino al ’59. Sempre più impegnato nella produzione dei coni per il gelato, Attilio era affiancato dal figlio Giulio già da alcuni anni che si occupa della rappresentanza.

 

Nel 1955 i loro primi lavorati in pasta e polvere per la gelateria, “poi servirono due anni di studio insieme ad Agostino - pasticciere dell’Alemagna ormai in pensione - per formulare i waferini e i viennesi”, prodotti di punta ancora oggi per Babbi, emblemi dell’azienda cesenate. Non solo espansione aziendale, “serviva una linea di produzione per l’inverno, per non lascare a casa le maestranze a fine stagione estiva - quando la richiesta di coni e prodotti per la gelateria cessava -. Negli anni di grande sviluppo industriale il nonno iniziò a pensare qualcosa di invernale per garantire stabilità alle risorse umane”. Da sempre l’impegno dei Babbi è profuso verso il benessere e la tutela del personale: "Non abbiamo dipendenti, solo collaboratori, tutte persone di cui conosciamo il nome e con cui ci diamo tutti del tu” ci tiene a specificare Gianni Babbi che, insieme ai fratelli, rappresenta la terza generazione. Una storia di azienda che si dipana lungo la famiglia, intrecciandosi con i ricordi più teneri: “C’era anche quella che sarebbe diventata nostra madre, Valeria Medri. Venne assunta nel ’51 come prima ragioniera quando ancora non era fidanzata con papà: si erano conosciuti e innamorati a scuola e nostro padre fece di tutto per farla assumere da nonno Attilio".

 

In questi settanta anni non è cambiato molto, solo quello che serviva perché nulla cambiasse sostanzialmente: “Una volta si lavorava con macchine a mano: ogni tre minuti c’era la cottura di un piano di coni che poi venivano impilati a mano nelle casse in latta - oggi in cartone - Si è aggiunto un minuzioso controllo per verificare le temperature dei forni e i tempi di lavorazione che ottimizzano la cialda in termini di robustezza e croccantezza.” Gli impianti con il tempo si sono meccanizzati, ma il controllo umano non ha mai smesso di essere determinante, “l’impasto da un contenitore viene iniettato dalla macchina nella femmina - stampo concavo - prima dell’inserimento del maschio, poi entrano in un percorso di cottura al termine del quale la femmina si apre e il maschio viene richiamato per l’uscita dei coni.” Non molto diverso da come si faceva all’inizio, solo più veloce e non più tutto manuale, sistema che raggiunge volumi ben più ampi mantenendo inalterata la qualità del prodotto. Stesso principio per le paste per gelateria, “tostini a muro e macine in pietra per la frutta secca, adesso la tecnologia è avanzata. Tostatura, macinazione e raffinazione avvengono con impianti in linea. Abbiamo seguito lo sviluppo ma in molte fasi il controllo umano è ancora determinante: le testatrici sono tarate per tempi e temperatura, ma poi conta quello che dice il tostatore".


 

“Waferini e Viennesi sono prodotti come nel 1958 - anno in cui nacquero, stesso anno di Gianni come precisa lui stesso con morbido accento romagnolo -. Oggi abbiamo solo macchine con capacità più elevate, ma produzione e confezionamento avvengono con i sani principi del ’58”. Tre cialde tramezzate da crema spalmabile per i primi formano i panetti che messi a solidificare in frigoriferi positivi poi passano sotto sottilissime taglierine che formano i quadrati golosi. “Vengono confezionati a mano nelle scatole di latta, sembra di vedere tante formichine bravissime che maneggiano il prodotto con enorme rispetto per non rovinarlo”, perché sappiamo quanto siano fragili i wafer. “Per i Viennesi (wafer ricoperti da cioccolato) negli anni ’60/70 le macchine di copertura non erano così precise, formavano una superficie increspata. Al momento di ammodernare le attrezzature che oggi hanno un livello di precisione ben più elevato di allora, abbiamo chiesto ci fosse un soffio di vento capace di formare quelle increspature, altrimenti sarebbero stati lisci come una lastra di marmo.” Se la tecnologia è intervenuta per velocizzare il processo, ha aiutato anche nel mantenere un piccolo difetto del passato che è caratteristica del presente. 

 

La produzione non è il solo aspetto a essere immutato, così come Attilio anche il figlio Giulio alla soglia dei 94 anni “è ancora in azienda tutti i giorni dopo aver fatto il suo giro delle banche, la finanza e la gestione amministrativa che è la sua passione”, nonostante ci siano il direttore e i dirigenti a seguirne le fila, racconta il figlio Gianni. “Oltre alla sua lucidità, c’è il piacere della sua presenza per noi, per i nipoti e per tutti i collaboratori, a lui piace essere sempre aggiornato nel quotidiano.” Se la modernità è arrivata in questo dolce luogo di Romagna, a Bertinoro, non è riuscita a scalfire il senso di appartenenza e il valore dei rapporti umani, “ci sono fornitori con cui lavoriamo dagli anni ’50, oggi parliamo con i nipoti delle persone con cui trattava nostro nonno, come per esempio per le nocciole da Piemonte o per i pistacchi, i fornitori sono gli stessi". 

 

Oggi la terza generazione è rappresentata da Gianni, Carlo e Piero entrati in azienda fra i primi anni ’80 e la metà del ’96, affiancata da alcuni giovani della quarta: “Nonno ha vissuto fino al 2003 e fino ad allora ha mantenuto il comando, ognuno di noi si è partito dal basso, magazzino, produzione, consegne e si è ritagliato uno spazio che rispondeva alle proprie esigenze. Impianti e modernizzazione per stare al passo con i tempi e mantenere inalterato il valore della qualità che ha animato Attilio dai primi wafer, “a fine ’81 abbiamo realizzato la prima scuola di gelato in Italia, la ‘Attilio Babbi Academy’ che oggi conta cinque sedi nel mondo, oltre le due nello stabilimento. Un modo per tornare al passato con lo sguardo al futuro: “L’idea del nonno che aveva solo la terza elementare ma una grande visione era che più la gente si formasse e più poteva crescere.”


Cosa aspettarsi dal futuro, se non che questi wafer continuino a parlare romagnolo portando il nome Babbi nel mondo? “La novità per l’autunno è il Viennese al pistacchio, lanceremo questa novità assoluta per il mercato italiano per festeggiare i 70 anni e al Sigep i waferini Romagna come gusto gelateria, come ingrediente per riprodurre il sapore nel gelato: gli stessi wafer macinati e senza alcuna aggiunta di aromi.”